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Joe Blair e la società che non si fida dell'altro

26 Luglio 2022

*Viviamo in un ‘epoca di commissioni pari opportunità, lotte di genere, campagne Lgbt, ma poi piombiamo nei soliti problemi. Basterebbe citare la campagna elettorale in corso in cui si torna a parlare di immigrati, sbarchi, clandestini, delinquenti e addio alla parola accoglienza.

Joe Blair, per i non addetti, è stato un grande pivot di pallacanestro. Ex giocatore degli Harlem Globetrotter, approdò in Italia facendo innamorare i tifosi di Pesaro, oltre che Biella e Milano. Istrionico, semplicemente geniale, con i suoi ricci riempiva da solo il palasport.

A Pesaro è di casa, a tal punto che ci passa vacanze e va pure a vedere le partite del torneo più importante delle Marche, il Cristo Re Playground dedicato a ‘Bacco’, un giovane che se ne è andato troppo presto.

Blair, come tanti, in vacanza gira in infradito e maglietta e come lui i figli. A unirli, il colore della pelle, scuro di per sé, anche se con tonalità diverse. Tutto questo come premessa a quanto accaduto, che non ha il sapore del razzismo, ma di quel pregiudizio lombrosiano che ci portiamo tutti dietro.

Si trovava a Pesaro seduto fuori da una lavanderia a gettoni, quando è arrivata una Volante. ‘Documenti prego’. Un controllo rapido, più o meno, che ha portato Blair a una riflessione-denuncia via social. “Ma se non fossimo stati neri, ci avrebbero controllato?”. Una domanda retorica, evidente. E sappiamo tutti che è così. Perché, in fondo, quello che hanno fatto i poliziotti l’uomo comune lo pensa ogni giorno.

Siamo una società ancora ingessata su modelli tradizionali. La famiglia classica, il bianco che cammina per strada. L’integrazione è anche questo, non accorgersi più della differenza di colore. A Londra è normalità, a Parigi i meticci sono la maggioranza, in America non ne parliamo, anche se poi negli Usa i controlli sono spesso molto meno eleganti che in Italia.

Da noi, se ti imbatti in tre neri per strada non pensi mai ‘saranno dei giocatori o persone in vacanza o semplicemente i vicini di casa’ ma ti interroghi ‘su cosa stanno pensando’.

Joe Blair, oggi coach nella Nba, non ha parlato di razzismo ma di sensazione negativa, di amara consapevolezza che ancora avere il colore diverso suscita dubbi sulla onestà.

Non è questione di Pesaro o Roma o Milano, dove un altro caso ha visto nei giorni scorsi coinvolto un giocatore di calcio. Può avvenire ovunque tutto questo, con i neri, con i rom, perfino con chi ha un accebto diverso, magari del sud e non lo conosciamo.

Questi siamo noi, non è questione di percentuali e prima ce ne rendiamo conto prima miglioreremo, questo è quello che Blair vuole cambiare. E per una volta un post sui social aiuterà a riflettere senza etichette inutili, perché poi un controllo in più rende tutti più sicuri.

*direttore www.laprovinciadifermo.com

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