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Elezioni provinciali, l'abominio democratico

7 Novembre 2021

*Il 18 dicembre 2021 si voterà per le elezioni provinciali, ma già entro il 28 novembre i giochi saranno fatti con la presentazione delle liste di candidati a consigliere e delle candidature a presidente.

L’Italia mette in palio 1.133 poltrone provinciali, oggi occupate da pochissimi sotto i 40 anni di età, solo il 17,8%, e da pochi con la laurea pure che breve, il 44,6%.

I giorni corrono ma niente confronti, niente programmi, niente schieramenti per valori, ma accordi di questo con quello alle spalle di quell’altro, cui seguiranno ordini di scuderia e infine la conta, solitamente priva di sorprese se non per il primo dei non eletti.

È la politica dei caminetti, degli incontri di pochi, delle combinazioni e degli scambi segreti, quanto di più lontano dall’esercizio del potere da parte del popolo, la democrazia.

Infatti dalla riforma Del Rio, legge 7 aprile 2014, n. 56, il consigliere e il presidente della provincia non sono eletti dai cittadini, ma dai consiglieri e dai sindaci dei comuni, i quali soli hanno diritto di elettorato attivo e passivo e pertanto se la cantano e se la suonano.

Si dirà che trattasi comunque di democrazia perché di secondo livello ossia da elezione indiretta per il tramite di rappresentanti comunali comunque direttamente eletti, ma attenzione.

Quando ho votato alle comunali, non è detto il mio candidato sia stato eletto, comunque anche prendendo per mia la rappresentanza popolare uscita vincente dalle urne, mai ho sentito un candidato in corsa per il governo cittadino anticipare le proprie intenzioni per la provincia e su queste chiedere fiducia.

A questa delega in bianco si accompagna l’amara constatazione che i cittadini della provincia non sono tutti uguali in quanto uno non vale uno.

L’abitante di Monte Rinaldo vale nulla rispetto all’abitante di Fermo in quanto è il numero degli abitanti del comune a determinare il peso del voto dei rappresentanti comunali.

Al riguardo si parla di indice di ponderazione, che stando alle elezioni provinciali scorse nel fermano vede i comuni sotto i 3.000 abitanti a 72, sotto i 5.000 a 191, sotto i 10.000 a 419, sotto i 30.000 a 514, sotto i 100.000 a 739.

Se pensiamo che la Provincia di Fermo è costituita da 40 comuni dove uno solo supera i 30.000 abitanti ed è il capoluogo di provincia, Fermo, che ha 32 consiglieri comunali, mentre 29 sono i comuni sotto i 3.000 abitanti dove ognuno di essi ha 10 consiglieri comunali, i conti sono presto fatti: tutti i consiglieri di Monte Rinaldo non valgono un consigliere di Fermo.

Nonostante tanta ponderazione, rimane il fiato corto dell’azione politica di un presidente in carica quattro anni mentre i consiglieri si rinnovano ogni due, con ciò determinando un continuo rimescolamento negli equilibri di gestione della cosa pubblica.

E qui il nodo si fa ancor più spesso.

Tra le funzioni della Provincia, sconosciute ai più, il Covid 19 ne ha poste due in estrema evidenza a tutti, i trasporti e la scuola. Chi poi segue la politica sa che il PNRR, piano nazionale di ripresa e resilienza, vede 3 miliardi destinati all’edilizia scolastica, 1,15 miliardi a ponti e viadotti, 300 milioni alle strade interne.

L’esito di queste elezioni provinciali è dunque più importante che in altri tempi, ne va della sicurezza nostra e dei nostri cari, eppure i cittadini non hanno voce ed anzi rischiano discriminazioni a seconda della comunità di appartenenza.

Se questa è democrazia, siamo all’abominio.

*Avvocato Andrea Agostini

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