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L'accisa della discordia

15 Gennaio 2023

*Come si esibisce la ricchezza? In tanti modi, si dirà, ma certamente un riferimento cui pensare è dato dall’automobile, dimmi che auto hai e ti dirò chi sei!

Falso, un cliché superato dalla storia recente dove ciò che conta non è l’auto che hai, ma i chilometri che percorri.

Se poi sei capace di lunghe percorrenze autostradali con rifornimento di diesel servito, il fascino è assicurato.

Il metro di ricchezza è dunque nel consumo di carburante, anzi nella capacità di ogni automobilista di contribuire alla politica nazionale.

Il carburante in Italia costa meno che altrove, salvo poi esplodere per il ricarico statale. Sul prezzo del petrolio e sul cambio euro/dollaro, il Governo non può nulla, ma oltre il 55% del costo carburante è dato da tributi indiretti.

Iniziò Mussolini quando nel 1935 introdusse l’accise sulla benzina per finanziare la guerra di Abissinia, 1 lira e 90 centesimi, pari a un rincaro di 2,19 euro di oggi, quando le auto erano pochissime perché beni di gran lusso e il salasso colpì solo i più ricchi.

Seguirono poi finanziamenti vari: la crisi di Suez del 1956, la tragedia del Vaiont del 1963, le alluvioni di Venezia e Firenze del 1966, i terremoti del Belice del 1968, del Friuli del 1976, dell’Irpinia del 1980, gli interventi in Libano del 1983 e in Bosnia del 1996 ecc.

Tutte misure per interventi ad hoc, con un inizio e mai una fine di finanziamento, eccetto quella della missione in Bosnia, l’unica per la quale il termine era stato individuato espressamente nel 31 dicembre 1996, quando all’approssimarsi della scadenza si verifica una magia.

Testo Unico delle imposte sulla produzione e sui consumi, decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, Governo Dini e tutte le accise, ben 18, si trasformano in una, che tutte le assorbe, non più misura temporanea e di scopo, ma stabile nel finanziare il bilancio statale nel suo complesso.

Taglio delle accise carburanti significa meno entrate per le casse dello Stato, manovra praticata dal Governo Draghi a far data dal 22 marzo 2022 poi prorogata dallo stesso, quindi anche dal Governo Meloni, fino all’interruzione al 31 dicembre scorso.

Tra continuare con il taglio delle accise o ripristinarle per destinare risorse altrove, il Governo scegliendo quest’ultima soluzione ha assistito all’inevitabile aumento del prezzo del carburante per i consumatori e alla conseguente critica.

In verità l’esigenza di abbattere le accise oggi non è sentita come all’epoca del taglio, in quanto oggi, il prezzo è più basso di allora.

Il 21 marzo 2022, giorno prima dell’intervento Draghi, il prezzo medio di benzina e diesel era di euro 2,13 e 2,12, quando invece il 9 gennaio 2023 era di euro 1,81 e 1,86.

Pertanto l’attualità dell’esigenza di abbassare il costo del carburante, se non altro per i toni con cui viene affrontato, sembra più una questione politica, che di realtà.

In verità tutto era già scritto il 5 dicembre scorso, nella relazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, in sede di audizione conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato.

In estrema sintesi si legge che lo sconto sulle accise dei carburanti, costato 9,1 miliardi di euro nel 2022, non sarebbe stato rinnovato nel primo trimestre del 2023, trattandosi di misura generale che nella sua linearità di taglio ha avvantaggio i redditi più alti per il 68% dello sconto a dispetto dei più bassi per il restante 32%.

Sinistra unita all’attacco, destra con qualche imbarazzante smarcamento, come se la Finanziaria 2023 l’avesse votata qualcun altro, lor signori appaiono solo oggi caduti dal pero, come è possibile?

Forse a causa dell’avvicinarsi delle elezioni regionali di Lombardia e Lazio del 12 e 13 febbraio prossimi?

Comunque sia, non è mia intenzione gettare benzina sul fuoco, che con quello che costa …

*Avvocato Andrea Agostini

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