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Donne in emergenza, ma ora non più sole: a Monte Urano c'è Casa Sandra. Suor Rita: "Rispondiamo alle emergenze di tutti i comuni"

28 Gennaio 2023

di Raffaele Vitali

MONTE URANO – “Ci prendiamo cura della persona sotto ogni aspetto”. Il telefono può squillare a ogni ora, perché ci sarà sempre qualcuno che risponde. Si sono aperte le porte di ‘Casa Sandra’, un luogo speciale con 14 posti letto nel cuore di Monte Urano, uno dei paesi che più investe nel sociale. Una casa di prima accoglienza per donne adulte, anche con figli minorenni.

“Chi arriva qui è perché segnalato dai Servizi sociali o dalle forze dell’ordine, sono persone che hanno bisogno di un aiuto immediato. E noi lo daremo”. A parlare è suor Rita, ai più conosciuta perché negli anni della massima emergenza migratoria, con la provincia coinvolta nell’accoglienza, gestiva il centro che era stato creato all’interno del seminario.

Al suo fianco ci sono suor Paola, l’instancabile don Vinicio Albanesi, la sindaca Moira Canigola, che in realtà rappresenta tuti i sindaci del territorio visto che la casa è provinciale. Sono stati tutti invitati, ma si sono presentati solo Palmucci di Monte Giberto, Cesetti di Magliano di Tenna e Greci per Sant’Elpidio a Mare, oltre all’ex consigliere regionale Giacinti. Gli altri erano impegnati e poi c’è chi ha trovato più interessante la discussione ‘politica’ sulla metrotramvia che in contemporanea ha attirato anche tutti i politici regionali fermani. Si sa, il sociale fa meno rumore di un mattone.

Ma non importa, la casa è realtà. E questo conta. “Una giornata emozionante. Tante difficoltà, ma carattere e determinazione di suor Rita, insieme con suor Paola e don Vinicio, hanno permesso di avviare l’accoglienza di donne sole o con minore” sottolinea la sindaca Canigola affiancata da tutta la sua Giunta, assessora ai servizi sociali Morelli in testa.

Una struttura riempita di gioia di vivere, come conferma il grande albero colorato scelto per la sala. “Il progetto mi è piaciuto molto, subito, quello di aiutare le donne in difficoltà e credo che tutto questo rappresenti una grande risorsa e opportunità per la comunità. Noi, come istituzioni, abbiamo come compito quello di essere al fianco di chi ha bisogno, dei più fragili. La comunità si arricchirà di questa esperienza. E voglio che sia una cosa aperta, che interagisca con le nostre comunità”.

Per questo l’amministrazione monturanese ha pianificato una serie di incontri, partendo dall’Alveare, con le varie associazioni. “Questa casa deve essere un arricchimento per ogni persona”.

Suor Rita si alza, è emozionata. Per lei, suora delle missioni impossibili, un’altra sfida vinta. “Casa Sandra nasce da un sogno di tanti anni, maturato grazie all’esperienza del convento di Bevagna, dove venimmo buttate sul campo senza formazione. Una esperienza che ci ha fatto desiderare una casa che rispondesse a tutte le emergenze con la E maiuscola, che vengono intercettate dai servizi sociali, dalle forze dell’ordine o da privati. Emergenze che hanno bisogno di una risposta duplice. C’è quella programmabile, ma c’è quella del venerdì sera”.

Che servisse è evidente, ieri sera l’ultima chiamata per una donna che aveva bisogno di un luogo sicuro dopo essere andata via da casa dal compagno violento. “Non è una cosa protetta, ma può essere anche il passaggio prima di arrivare al luogo isolato e sicuro”.

Perché Sandra? “Potevamo scegliere tanti nomi, ma ci ricorda una persona che è stata socia della nostra onlus. Aveva 48 anni quando se ne è andata e ci ha insegnato come affrontare il dolore, la sofferenza, il lutto.  Può essere un esempio per le donne che hanno bisogno di sentirsi dire ‘si può uscire dal momento difilale’ trovando forza e positività. C’è poi un simbolo, che è l’orchidea, il suo fiore preferito. Richiama la femminilità e la bellezza. Nel tratto femminile c’è il bello dobbiamo sempre ricordarlo”.

Ci sono voluti mesi e mesi di lavoro, un plauso alle maestranze. Ma ora casa Sandra è pronta. Alle pareti ci sono gli elenchi coni turni e una grande lavagna con le iniziative. “Tenere impegnate le ospiti è fondamentale, anche per evitare tensioni che potrebbero nascere. Una volta entrate, si lavora insieme sul progetto educativo individuale con l’obiettivo finale di reinserirle anche nel mondo del lavoro”.

Sono convinte che la ricetta giusta ci sia: “Noi vogliamo far vivere l’accoglienza, il luogo bello e caldo, con momenti di confronto e dialogo a chi quella vita normale non l’ha potuta sperimentare. L’anima della casa sono le ospiti che la vivono e il loro personale. Questo deve essere chiaro”.

Un posto che mancava e che dà lavoro a nove operatrici e operatori. “Non facile sostenerla, lo sappiamo. Le spese vengono gestite con i comuni di residenza delle donne che ospitiamo. Poi – prosegue don Rita che ha il supporto della dirigente dell’Ambito XX Pamela Malvestiti – speriamo sempre nelle donazioni dei privati. Ne abbiamo davvero bisogno”.

Don Vinicio ha ascoltato tutti, poi ha concluso: “Qui arrivano donne in sofferenza. Un progetto che ha colpito anche il cardinal Zuppi presidente della Cei. Questa casa ha avuto un percorso complesso ma grazie a queste suore buone quanto irrequiete, che hanno saputo prima lavorare con la Caritas, poi con i profughi, ce l’abbiamo fatta. Una casa di prima accoglienza che è un vero aiuto per i Comuni. In base a come si lavorerà sulle singole storie il tempo di permanenza potrà essere breve o lungo. Ora manca solo una cosa, una casa per suor Rita e suor Paola, speriamo venga trovata al più presto. E che Dio ci protegga”.

La benedizione chiude l’inaugurazione, le ospiti tornano nelle loro stanze, tutte luminose con un paio di letti ognuna. Sorridono, non tutte, ma per questo c’è tempo, che deve tornare a essere il più possibile della serenità.

@raffaelevitali

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