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Come salvare i calzaturieri? Le Marche alzano la voce al Micam: taglio dell'Iva, cassa integrazione e moratorie. Il viceministro: "Tuteliamo il lavoro"

13 Marzo 2022

di Raffaele Vitali

MILANO – “Noi delle Marche ci siamo sempre e a prescindere”. Si apre così il Micam #strongertogher con i suoi 820 brand calzaturieri, che diventano 1400 con le altre fiere, e il taglio del nastro affidato alla ministra Gelmini. “Non siamo ancora al 2019, ma l’andamento è positivo” sottolinea Siro Badon, che da presidente di Assocalzaturifici deve guardare anche al positivo. Ma la realtà si chiama guerra.

LE RICHIESTE DI ASSOCALZATURIFICI

“Abbiamo firmato con Smi e sindacati un protocollo da consegnare al ministro Orlando per discutere della situazione in Ucraina. Abbiamo chiesto due cose principali: la prima è la cassa integrazione a zero costi, come quella Covid. Perché siamo tornati come a marzo 2020, con una aggravante umanitaria di bombe e morti. L’economia è devastata: merci spedite, merci in produzione, merci in magazzino: nessuno sa che fine faranno. Diceva bene Marino Fabiani, le scarpe dopo qualche mese fanno la fine del pesce. E poi – prosegue Badon - abbiamo chiesto ristori, vorremmo a fondo perduto”. L’importante è muoversi insieme, come ricorda il presidente Gabrielli di Assopellettieri: “Troveremo soluzioni in tempi brevi, gli aiuti visti per la pandemia non possono mancare di fronte a una guerra”.

Se nella piazza centrale del Micam si parla di Marche è per Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio. È lui che per il secondo anno ha superato ogni barriera mettendo la regione più manifatturiera d’Italia al centro della fiera più importante del mondo. “Presidente Ferro da te ci aspettiamo molto. L’Ice ha un ruolo fondamentale” ribadisce il presidente che è arrivato al Micam dopo tanti incontri con i calzaturieri: “Ci chiedevano di essere qui per presentare le richieste del settore. interventi di breve, medio e lungo periodo se vogliamo tornare a vendere le calzature”.

Ma quali sono le azioni necessarie? Andrea Prete, come Unioncamere, va sul macro dopo aver ascoltato le richieste: “Rivediamo il Pnrr, eravamo proiettati in tempi stretti per transizioni digitali e ambientali, qualcosa va rivista. Diluiamo i tempi e alcune risorse usiamole per sostenere le imprese”. Il presidente Gino Sabatini, invece, snocciola quelle più vicine alle imprese.

TAGLIO DELL’IVA

“Per vendere i Italia serve ridurre l’Iva sulle scarpe. Se riusciamo ad abbassare questa accise nella produzione delle calzature made in Italy” sottolinea Sabatini. Immediata la risposta del viceministro Gilberto Pichetto Fratin, ospite del talk moderato dal direttore del Corriere Adriatico: “Può essere un meccanismo interno. Mi preoccupa di più l’inflazione. Inutile che togliere un 17% sula parte finale, ma poi non ho il potere di acquisto da parte del cittadino (Iva vale 200miliardi). Di certo se uno ha il 70% del suo business nelle zone di guerra va aiutato”. Aggiunge il governatore Francesco Acquaroli: “Concordo col viceministro che sia complicato, ma uno studio lo farei. Perché aumentando le vendite e la capacità di produzione, si ridurrebbero le politiche di sostegno e crescerebbero gli introiti dello Stato”.

CASSA INTEGRAZIONE

Seconda questione per Sabatini: “Casa integrazione in deroga per salvare la manodopera, ma a costo zero per le aziende”. Concorda Pichetto Fratin: “A livello di Unione europea si valuta un nuovo Sure, con fondi da destinare alla cassa fondamentale per le imprese. Ipotesi sul tavolo, ci sta lavorando il ministro Orlando”.

CREDITO E MORATORIE

La terza richiesta è invece sui crediti: “Serve una moratoria, creditizia e tributaria. Noi come Camera faremo la nostra parte, aiutando le imprese a livello di credito stanziando 1,5milioni a cui la Regione aggiungerà altre risorse. Così come sosterremo ancora di più le aziende nell’internazionalizzazione aumentando il voucher fiere da 2500 a 4mila euro, grazie al sostegno della regione con l’assessore Carloni”.

Su questo punto, il viceministro è conciliante: “La cosa immediata è prorogare dal 30 giugno al 31 dicembre la moratoria per le imprese, gli imprenditori come prima cosa vogliono salvare i dipendenti e i fornitori. Un approccio così va aiutato”. Acquaroli promette il massimo sostegno: “La pandemia ci ha fiaccato, la crescita era arrivata, ma ora la guerra in Ucraina genera un problema energetico e di costo dei materiali. Ma per noi è anche un problema di mercato e di produzione. Sul credito da dare a chi ha commesse aperte per fronteggiare, sono d’accordo. Non dobbiamo favorire problemi strutturali. Ci aspettiamo che alle sanzioni segua una strategia di sostegno alle imprese che non si basi sull’indebitamento. Il nostro tessuto va difeso da responsabilità non proprie”.

Credito, nelle Marche, significa confidi Unico. A Milano è arrivato il direttore Paolo Mariani: “Non di solo debito vivono le imprese. Lo choc di liquidità va risolto. Come?  trasformando il credito commerciale non incassabile, ma con un anticipo, in finanziamento a medio-lungo termine con un contributo in conto interessi. Daremo così liquidità alla società. Ma loro al contempo devono crescere con mezzi propri, capitalizzando”.

Solo chele banche ad ascoltare non c’erano. E così ecco la stoccata dell’assessore al Bilancio Guido Castelli: "Le banche sono pieni di liquidità. Serve un tavolo permanente sul credito. Le nostre imprese erano già affaticate, il + del Pil era la speranza per incassare. Il tempo del debito va allungato. Dico al mondo del credito ‘se ci sei batti un colpo’, le banche devono fare il loro mestiere”. Senza dimenticare, come ha ribadito l'assessore, va ottenuta la decontribuzione prevista per l'Abruzzo e mai data alle Marche.

NUOVI MERCATI

Azioni nel breve e azioni nel medio termine, come l’apertura di nuovi mercati: “Da un punto di vista geopolitico accadrà, ma viene dopo. Oggi energia e ordini sono i fattori che compromettono il futuro. L’expertise della nostra regione, deve essere una partita nazionale” ribadisce convinto Acquaroli mandando un messaggio chiaro a Ice, Unioncamere e politica.

Carlo Ferro riceve l’assist e rilancia: “L’export della moda per il 2,6% va verso Russia, Bielorussia e Ucraina, per le calzature è un 3%, per le Marche è un 10%. Ma le medie non fanno mai giustizia agli imprenditori, vanno tutelati tutti. come intervenire. Nel breve periodo pensare rapidamente a mercati di sbocco delle produzioni, alcune già in magazzino, altre previste per la Russia. Dove e come accompagnarle? Ci sono le risorse per iniziative promozionali aggiuntive per aiutare chi è in fiera ad entrare in un altro Paese. Di certo se si tornerà a un mondo diviso per blocchi, la strategia dell’export andrà ridisegnata completamente. Dovremo guardare di più anche a mercati nuovi come America Latina, Asia e Africa”.

DIGITALE ED ECOLOGICO

Ci sono i problemi, ma c’è anche il futuro. Quello a cui con pragmatismo guarda Francesca Orlandi, presidente di Linea, l’azienda speciale per la moda della Camera di Commercio delle Marche: “Magazzini pieni significano ristori e cassa integrazione. Ma non sono soluzioni. Servono nuovi mercati di sbocco. Difficile compensare il mercato russo, che ha grande capacitò di acquisto dei prodotti marchigiani e che era in ripresa, come dimostrano le 49 imprese che si erano segnate per l’Obuv di fine marzo. L’America nell’ultima stagione si è mostrata più propensa ad accogliere le nostre produzioni. Ci sono piccoli che hanno venduto e hanno confermato contratti senza intermediari. Come Linea aumenteremo le esposizioni in Europa. Serve un processo più ampio e strutturato per rinforzare la filiera”. Di certo, la Orlandi non intende abbandonare il camino verso l’irrinunciabile: “Transizione digital e tecnologica, economa circolare e sostenibilità: su questo dobbiamo lavorare, come stiamo facendo con l'Università di Camerino, e aiutare le imprese”.

@raffaelevitali

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