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Un vescovo che guarda le stelle: ordinato don Andrea. Papa Francesco: “Ricorriamo a te”. Pennacchio: “Hai il giogo come simbolo, condividine il peso” (foto)

18 Giugno 2023

di Raffaele Vitali

Le parole di Papa Francesco, quelle di indirizzo e sostegno di monsignor Rocco Pennacchio, la presenza del cardinal Bassetti: don Andrea Andreozzi inizia il suo percorso da Vescovo nella cattedrale di fermo per poi concluderlo il 9 luglio con l’ingresso nel duomo di Fano. Una lunga e bella cerimonia iniziata, come si conviene con l’ex parroco di Porto Sant’Elpidio, con il sorriso.

 Quando esce dalla sagrestia e passa dietro l’altare per raggiungere la piccola cappella sul lato della navata principale, parte spontaneo l’applauso. È gremito il duomo di Fermo. In tenuta porpora il neo vescovo Andrea Andreozzi si gira per un secondo, sorride, è il silenzioso grazie all’incoraggiamento poco prima dell’inizio della celebrazione che l’ordinerà. E poi riprende il suo cammino. Ad accoglierlo, un altro applauso, questa volta dei tanti prelati che in processione lo accompagnano nella sua nuova vita.

Pass e inviti, in chiesa l’ingresso è ordinato vigilano il custode e don Michele Rogante, rettore del duomo. L’ordinazione episcopale di don Andrea Andreozzi “ci fa dire ancora una volta grazie a Papa Francesco che ha volto il suo sguardo sul nostro presbitero” esordisce l’arcivescovo Rocco Pennacchio.

Sono arrivati preti da tutte le Marche e dall’Umbria, presente anche il cardinale Gualtiero Bassetti. La diocesi che guiderà è quella di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola, prima guidata “dal caro monsignor Trasarti”. Un saluto lo riserva a fratelli e sorelle di Andrea, “i tuoi genitori ci guardano dal cielo” prosegue. Si muovono all’unisono i preti, mai così tanti dentro il duomo di Fermo.

Il cerimoniale è ligio. Incenso e ceri accompagnano ogni spostamento. Il vangelo è cantato. Il silenzio, in chiesa, quasi irreale. Chi è qui, ha un solo obiettivo: accompagnare don Andrea nel suo cammino.

Alle 1733, si siedono tutti tranne Andreozzi e i due vicari di Fermo e Ascoli, è il momento della lettura del mandato del Papa, datato 3 maggio: ‘Salute e benedizione. Con la volontà di sostenere il ministero con la massima diligenza (…) noi ora rivolgiamo la nostra sollecitudine ala sede di Fano in cui si avverte la mancanza del pastore. Senza esitazione ricorriamo a te, diletto figlio, di cui ben consociamo le specchiate virtù, la cura che riservi ai fedeli e l’attenzione rivolta ai seminaristi. Pertanto, accogliendo il parere del dicastero dei vescovi, ti nominiamo vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola, unitamente alla concessione di tuti i diritti e imposizione di tutti i doveri che spettano a te e alla tua condizione” scrive Papa Francesco.

“Sostenuto dall’aiuto divino e con l’assistenza della beata vergine Maria ti impegnerai” conclude il Papa. È il momento di Pennacchio che prelude all’imposizione delle mani: “Molti si chiedono, ma tu come trascorri le tue giornate, che fai? Il vescovo è chiamato a predicare il vangelo con perseveranza. Don Andrea si impegnerà a pregare incessantemente per il popolo. Multiforme è perciò il ministero del vescovo, che ha nel legame con il popolo di Dio il punto chiave. Il vescovo esercita il ministero di riconciliazione innanzitutto ai suoi presbiteri, avendo attenzione per i preti stanchi, sofferenti, soli, bisognosi di ascolto e amore. ‘Coraggio’ dovremmo dirgli ogni giorno, lasciatevi amare e incontrare, è meglio dell’isolamento” prosegue nella sua omelia Pennacchio, ricordando al vescovo “che è responsabile delle mani del prete che accetta di stringere nelle sue”.

Non è una promozione questo momento, ribadisce Rocco Pennacchio: “Non bisogna pensare che dipenda tutto da noi, altrimenti il peso del giogo che hai scelto nello stemma sarebbe insostenibile. Devi sapere restituire gratuitamente ciò che gratuitamente hai ricevuto. Per come ti abbiamo conosciuto, indole e storia, sappiamo che farai bene per tutta la vita. Vieni inviato per questo compito, sei pastore in mezzo alle pecore per portarli nei pascoli erbosi, verso acque tranquille, per farle riposare sulle orme del pastore”.

don Andrea
e don Sandro

L’arcivescovo usa poi parole amichevoli: “Caro Andrea, la consapevolezza di essere offerta viva sarà il suo sostegno, molto diversa alla sontuosità in questa liturgia. Rimane vero che il vescovo è un uomo come tutti, con le fragilità momenti di sofferenza ribellioni e solitudini. Quanto bene fa sentirsi dire ‘come stai?’, ‘posso venire a trovarti per pregare?’. Non cerchiamo gratificazioni, ma le consolazioni non mancheranno”.

Quando Pennacchio fu ordinato, per lui citarono fon Tonino Bello e il suo ‘ricordati di indossare non solo anello, mitra e pastorale ma anche catino e asciugatoio per lavare i piedi a chi incontri’. “Con l’olio del sacro crisma sul capo, sarai l’unto di Dio che si offre per gli uomini, per i tanti battezzati che sono chiesa ma non si sentono a casa, no la sentono madre e non la sento così importante. Che il profumo del crisma arrivi a tutti”.

Un compito non facile, ma don Andrea non è uno che si fa fermare della difficoltà, è abituato a soffrire, non a caso è un calciatore mancato, un milanista vero. “Vieni ordinato nella nostra bella cattedrale, dove veneriamo le reliquie di santi e bati e dove riposano i vescovi defunti. Una diocesi che ha lo sguardo aperto e generosa nell’inviare i suoi figli quando le necessità della chiesa lo richiedono. Tre anni fa non esitai, ma un po’ in verità, a dire sì al tuo incarico come rettore del seminario di Assisi. Ma poi ricordi che nessuno si impoverisce quando dona”.

Conclude citando San Paolo VI: “Sii fratello”. È il momento dei ‘sì, lo voglio’ di don Andrea che alle 18 si stende di fronte all’altare mentre tutti i sacerdoti pregano per lui. Pennacchio gli consegna vangelo, anello, mitra e pastorale.

Emozionato, con la mitra sul capo, si presenta al suo popolo e dopo l’abbraccio pieno di stima con Pennacchio, saluta tutti i vescovi arrivati a Fermo per sostenerlo, incluso il ‘nuovo’ vicino, che è poi il vecchio, monsignor Sandro Salvucci. Da Montegranaro e Porto Sant’’Elpidio si ritrovano a Pesaro e Fano. Una carriera gemella per due sacerdoti fuori dal comune per quanto fatto vedere nelle parrocchie.

Prima del saluto finale, scende tra la gente, benedice tutti, ogni passo è accompagnato dall’applauso dei fedeli, che poi tornano silenti per ascoltare don Andrea Andreozzi, anzi il vescovo Andreozzi che come motto ha scelto ‘omnes docibiles dei'. Che cosa c’entra tutto questo con le stelle” gli ripeteva don Giancarlo, mio professore di religione, oggi vescovo emerito.

“Con questa frase – racconta nel suo saluto il vescovo Andreozzi - ho recuperato il cielo, la luce migliore che ognuno di noi può riflettere davanti a Dio. Le stelle sono la nostra proiezione verso il cielo, sono la sete d’infinito. Grazie a dio ci sono le stelle che ci aiutano a ricordare tutti. Chi giace in fondo al mare senza vita, chi soffre. Ci fanno sentire parte del cielo di Dio, tutti".

La nostra vita si gioca nello scarto tra noi e il cielo, ribadisce. "In questo scarto si giocano le nostre vite, cercando di ridurre le distanze, cercando di costruire il regno tutti insieme. Sotto il cielo ci siamo tutti e le nostre stelle possono stare insieme. Ho cercato di contarle, di ricordare tutti, alcuni li ho trascurati. Il cielo fa giustizia a ciascuno e il cielo restituisce la voglia e il gusto di fare luce, di esprimere la parte migliore di noi stessi. E nel cielo c’è posto per tutti. Per fortuna che ci sono le stelle, il nostro cuore si allarga e trova orizzonti infiniti, orizzonti sempre nuovi” conclude il vescovo prima di lasciare il duomo, salutando i tanti sindaci presenti incluso Seri da Fano, e andare a San Domenico a salutare i fedeli che hanno pregato seguendo su un maxi schermo.

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