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Tallei, il giornalista marchigiano che racconta il mondo: ecco cosa accade tra Russia, elezioni Usa, Europee, Palestina, trattori e tanto altro

12 Febbraio 2024

di Raffaele Vitali

TOLENTINO – “Parlare di geopolitica all’orario dell’aperitivo è un bella sfida”. Roberto Tallei, vicecaporedattore di SkyTg24 e conduttore del programma Mondo in onda ogni giorno alle 19, marchigiano doc, è tornato nella sua Tolentino per parlare, nella splendida sala del Politeama, dell’Europa tra elezioni, guerre, crisi e opportunità.

“Lavoro da 20 anni a Sky, un luogo in cui non c’è la pressione politica, avendo un editore americano che fa tutt’altro. Non prendiamo posizioni politiche, mentre ci esponiamo nelle campagne sociali, come l’ultima contro i femminicidi, dove ci piace dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Cerchiamo di fare i giornalisti e non gli opinionisti”. Per un’ora e mezza si è raccontato durante l’incontro organizzato dal Rotary moderato dal giornalista Luca Romagnoli.

Tallei, si vota a giugno, cosa aspettarsi?

“In Italia vengono viste come un voto nazionale ed è un grande errore. Ma il sistema elettorale non aiuta. Questo è l’unico voto rimasto con il proporzionale, ogni partito gareggia contro gli altri, inclusi i propri alleati. E quindi c’è una forte competizione interna”.

Un peccato perché?

“Le decisioni si prendono a Bruxelles e Strasburgo, bisognerebbe arrivare in Europa con le persone giuste mentre noi siamo soliti mandare personaggi famosi o figure ingombranti per i partiti. Invece, qui abbiamo collegi enormi, pensiamo alle Marche che sono con Lazio, Umbria e Toscana e infatti eleggiamo pochi eurodeputati, una decina per l’Italia centrale. E ovviamente le regioni più popolose rischiano di prendersi tutto”.

Scegliamo i candidati sbagliati?

“Spesso di punta ai giornalisti famosi o ai volti dello spettacolo, quando dovremmo andare dei tecnici. Quello europeo è l’unico voto in cui avrebbe senso mettere la lista bloccata con persone che conoscono i dossiere e le lingue. L’Europa è un condominio di cui facciamo parte in cui le decisioni si prendono a maggioranza. Poi ci sono il monolocale e l’attico, ma resta un condominio rissoso in cui ognuno cerca il miglior provvedimento”.

Elezioni partecipate?

“Di solito non molto, cinque anni fa ha votato il 50% e fu un grande risultato”.

Il voto elettronico può aiutare?

“Il rischio è che poi tutto venga manipolato con dolo o ci siano errori clamorosi. Il pezzo di carta garantisce il riconteggio. Servirebbe il voto dei fuori sede, questo eviterebbe di perdere tanti giovani che magari no possono rientrare”.

Nell’immaginario, l’Europa è un luogo lontano che ci bacchetta, è così?

“Questa è la narrazione che fa la politica nazionale. I meriti a Roma, le colpe a Bruxelles. È comodo, anche perché Bruxelles non ama rispondere. Non è facile raccontare l’Europa, anche per le procedure. Ma di certo noi italiani dobbiamo dire grazie all’euro, che ci ha salvato dalla bancarotta, e anche alla gestione oggi di una fase di grandi conflitti. In un mondo che ha perso ogni barriera, andare da soli sarebbe un suicidio. La sfida è far sentire la propria voce: l’Europa non è la fata turchina, è il luogo in cui ognuno non vuole che le risorse si sprechino”.

Next Generation Eu?

“Un progetto lungimirante, è la prima vota che si usa la carota per premiare riforme e investimenti”.

Cosa pensa di Gentiloni, l’italiano doc a Bruxelles?

“Il suo portafoglio di commissario non risolve tutto, è sotto un vicepresidente molto potente come Dombrovskis. E poi ricordiamo che il commissario, una volta che diventa tale, non ha più la bandiera nazionale sulle spalle. In Commissione si lavora davvero per i 27 che fanno parte dell’EU. La politica nazionale è dentro il Consiglio Europeo. Gentiloni è molto stimato, come altri che in Europa che lavorano molto bene. Abbiamo una classe politica e di funzionari italiani di cui andare orgogliosi”.

Scenari politici?

“A giugno non succederà molto più di quello che sappiamo. Salvini e Schlein sono da tenere d’occhio. Il primo cerca di non essere schiacciato da Fratelli d’Italia. Questo potrebbe minare gli equilibri politici della maggioranza a Roma. La segretaria si gioca il posto, deve prendere almeno il 19%, altrimenti proveranno a farla fuori, magari lasciando il posto proprio a Gentiloni”.

La Meloni?

“Mi stupirebbe se non si candidasse. Anche se trovo un inganno candidarsi per non andare in Europa. Ma l’hanno fatto in tanti prima di lei. Invece servirebbe far capire quanto conta l’Europa candidando davvero i migliori”.

Forza Italia?

“Tajani sta lavorando molto bene, anche inaspettato. Sta dando respiro a una maggioranza che altrimenti sarebbe di destra. Ed è il politico che l’Europa la conosce meglio e in cui è stimato. È il ponte verso il PPE che sarà l’azionista di maggioranza”.

Il ritorno di Draghi?

“Se ne parla tantissimo ed ha chance per il ruolo di presidente del Consiglio Europeo. Ma magari lui ambisce alla commissione, ma il secondo mandato della Von der Leyen, a meno che non vada alla Nato dove però l’olandese Rutte è in pole. Il ruolo che quindi ricoprirebbe è quello di mediatore tra i 27 capi di governo, che però spetterebbe ai Socialisti. A oggi c’è Michel, uno abituato a mediare. Vedremo se Draghi sarà scelto, di certo sposterebbe molto il potere nelle istituzioni all’interno delle istituzioni europee, dando forza al consiglio rispetto alla Commissione. Di certo lui è interessato”.

Tutto questo mentre avanzano le guerre. Partiamo dall’Ucraina?

“Siamo a un passo dal secondo anno, per una guerra che Putin pensava di chiudere in una settimana. Siamo alla guerra di posizione, in cui è però chiaro chi è l’aggressore. Il costo è molto alto, la comunità occidentale non lo considera più così prioritario. Quindi è complicato prevedere cosa accadrà, di certo le elezioni americane segneranno gli equilibri. Anche l’Ucraina si sta chiedendo cosa fare, nato che Zelensky ha cambiato il generale che aveva criticato la scelta del premier di volersi riprendere tutto il territorio, Crimea inclusa che da dieci anni è sotto il controllo russo. Nel mentre Putin fa dichiarazioni irreali. Di certo questo quadro deve spaventarci, considerando che Putin potrebbe restare al potere fino al 2036”.

Cosa accadrà secondo lei?

“Un rapporto dell’intelligence tedesca parla di invasione dei paesi baltici entro un anno e mezzo. Se fosse, si scatenerebbe una guerra con la Nato da cui l’Europa dipende”.

Rischiamo una nuova crisi energetica?

“La crisi energetica l’abbiamo risolta in meno di due anni, togliendoci dalle mani della Russia. Una operazione complessa e vincente. Non abbiamo più problemi di approvvigionamento, per il governo Draghi è stato uno dei fiori all’occhiello, ha saputo creare forniture parallele”.

Israele e Palestina?

“Ogni parola può essere fraintesa e criticata, anche a ragione. Quanto accaduto negli ultimi tre mesi mi fa dire che una pace a breve non ci sarà, la soluzione a due Stati si allontana enormemente. Difficile dare le colpe: da un lato il peggior attentato ai danni di Israele dall’Olocausto a oggi con centinaia di ostaggi, bambini e donne stuprate quotidianamente, i racconti dei liberati sono terrificanti. Dall’altro c’è una operazione di guerra che provoca una mattanza civile, condannata anche dall’Onu. Il rischio è che tutto peggiori, perché Israele sta pensando di attaccare Rafah, la parte sud in cui si è ammassata la popolazione civile. Cosa succederà a centinaia di migliaia di civili? Non possiamo cercare la colpa originaria, una violenza segue un’altra violenza, l’Occidente deve impegnarsi di più”.

Ma l’attentato del 7 ottobre non era possibile prevederlo?

“Gli allarmi erano arrivati da tempo. Un attentato organizzato in tempi lunghi. Ma c’è stata una enorme sottovalutazione. All’inizio pure da parte dell’informazione, ci sono volute ore per capire la vera entità. È stato davvero l’11 settembre di Israele”.

America, Biden e Trump?
“Il momento chiave. Si vota in 70 Paesi del mondo, ma gli unici due che contano sono Europa e Usa. Sono due anziani, ma non è detto che resteranno loro. Dal lato Dem ci si chiede se ha senso farlo arrivare a 90 anni da presidente, dall’altra un Trump che potrebbe arrivarci da condannato. Biden, sostengono gli esperti, è l’unico che potrebbe vincere, Trump va fortissimo tra i suoi, non ha rivali tra i Repubblicani. Ma al momento non si allarga”.

Perché ci interessano così tanto?

“In primis per la difesa. Trump ieri ha ribadito che ‘se l’Europa viene attaccata, io non intervengo’. Non avendo noi una difesa organizza, strutturata e ricca, avremmo un grosso problema. E poi per l’aspetto economico, Trump è un protezionista, già lo fece per acciaio e alluminio. Potrebbe scatenare un ciclo di crisi economica”.

E la Cina?

“Dopo anni di crescita impressionante, arranca. Cerca nuovi mercati e prodotti da venderci, a cominciare dall’auto elettrica. Un mercato in cui domina. E per fortuna che la Meloni è uscita dalla via della seta. Eravamo l’unico grande paese del G7 che ha fatto questa scelta, eravamo quello che guida contromano e dà degli scemi agli altri”.

Come stanno gli altri Paesi europei?

“La Francia è molto simile a noi. Germania e Inghilterra sono interessanti. La Germania è in recessione, anche se non durerà molto, ma in questa fase investe poco e l’economia frena. E poi politicamente è irrilevante, rispetto ai tempi della Merkel che era la preside che interviene e dice come si fa una cosa a tutti gli altri. Oggi solo Draghi le assomiglierebbe. Il regno Unito ha fatto l’errore madornale di pensare di tornare a essere un piccolo impero, non avendo capito che da soli si va poco lontano. È un paese diviso sul piano sociale, ha problemi di immigrazione, cresce solo quella clandestina, e di risorse spese, che sono peggiorate rispetto al periodo europeo soprattutto nella sanità, dove continuano a pagare bene ma tutto è bloccato”.

Cosa pensa della questione trattori?

“Ogni paese ha delle sue motivazioni. Sono partiti i tedeschi con il taglio dei sussidi al gasolio. Poi la Francia con altri motivi economici. Poi l’est Europa che ha protestato contro l’ingresso dei prodotti ucraini. In Spagna si protesta perché il cambiamento climatico lo sta uccidendo. Da noi c’è la questione Irpef per i redditi agricoli. Poi c’è l’Europa del green deal, una rivoluzione con costi forse sopravvalutati. La Pac è passata dal 39 al 32 per cento e si prevede in diminuzione. Leggi votate da tutti i partiti italiani. Poi ci sono le politiche ambientaliste per una cultura più sostenibile, a cominciare dagli sversamenti degli allevamenti che in Lombardia hanno inquinato enormi terreni”.

Tallei, noi parliamo spesso di destra. ma in giro per l’Europa sono tornate le svastiche, è preoccupato?

“In Italia è un fenomeno molto di nicchia. In Germania c’è un partito molto più estremista di quelli che noi consideriamo tali in Italia. E cresce tanto, è il secondo a livello nazionale, il primo in alcune aree della Germania dell’est, la parte più povera. Dei rischi ci sono, tanto che la società civile tedesca si sta mobilitando, il timore dei corsi e ricorsi storici”.

Mar rosso, una crisi che preoccupa gli economisti. Si risolverà?

“Bisogna preoccuparsi. Capire cosa farà l’Iran, che è il burattinaio degli houthi, ma non sono totalmente dipendenti da Teheran. Situazione complessa, ora parte la missione con guida tattica dell’Italia. I costi di goni cosa aumenteranno, le compagnie di navigazione cambieranno percorso con tempi lunghi e problemi”.

Il Made in Italy ne risentirà ma nel mondo è una vera risorsa?

“Mancanza di manodopera tra stipendi non alti e inverno demografico sono i due aspetti che i questo momento sono legati al made in Italy. Sembra tutto bello, ma no si trovano lavoratori, come è emerso anche durante l’assemblea di Confindustria Fermo un paio di mesi fa che ho moderato. Ci sono settori in cui dominiamo, penso ai farmaci, ma che no valorizziamo. Stiamo perdendo il treno nelle tecnologie, sull’automotive green. Ma abbiamo un sistema industriale che se fa rete resiste”.

Inevitabile una domanda sull’Argentina, cosa pensa di Milei?

“Un personaggio particolare, economista ultraliberale, figura molto televisivo che ha fatto enormi promesse con tagli draconiani. Forse è l’unica vera soluzione, ma sarebbe una macelleria sociale in un Paese che ha l’inflazione al 150% con i prezzi che cambiano ogni giorno. È presidente, ma senza maggioranza. Vedremo”.

Erdogan è sempre fondamentale?

“La Turchia è un Paese Nato, ma non occidentale. Posizione geografica tattica. Unico capo di paese Nato che ha rapporti con Putin, quindi può essere una testa di ponte. Ha forti interessi nel Medioriente, ma è uno da cui stare attenti. Perché fa i suoi interessi. L’abbiamo riempito di soldi per i migranti, ha il rubinetto che apre e chiude come crede. Quindi ci potrebbe ricattare subito”.

Intelligenza artificiale, cosa ne pensa?

“C’è preoccupazione, non si conoscono gli sviluppi. L’Europa ha creato l’Ai Act che pone alcuni limiti. Forse ci tagliamo le gambe nell’innovazione, ma in questo momento c’è poca trasparenza e i rischi sono superiori. Pensiamo alle telefonate che stanno facendo in America con le voci di Biden e Trump per destabilizzare il voto. Tutti diventano responsabili, incluse le piattaforme che permettono la condivisione. Noi giornalisti cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro, quindi attenzione a dove leggete e studiate”.

Tallei, ultima domanda, la Meloni in Europa che reputazione ha?

“Presentata come un belzebù, in Europa si muove bene. Non fa parte dell’inner circle, ma avendo scelto una linea atlantista e anti russa, non facendo danni nei conti economici, ha guadagnato rispetto. E poi, tutti sanno che i voti di FdI saranno utili per rieleggere la presidente attuale, da qui la sintonia”.

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