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Stati Uniti, mercato di scarpe da 70 miliardi. Ma non per tutti. Gli esperti: "Almeno un sito adeguato". Svem e Regione: ecco cosa serve, noi vi aiutiamo

8 Giugno 2023

di Raffaele VItali

FERMO – Andare ‘Oltre frontiera’. Una sfida per il distretto calzaturiero fermano-maceratese. Che da sempre sogna l’America.

“Un progetto fortemente voluto dall’assessore regionale Andrea Maria Antonini dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Un’immediata reazione per trovare un percorso di ingresso in un mercato interessante. Come Svem – introduce il presidente Andrea Santori – abbiamo collaborato per il primo passo che porterà poi a investimenti da parte di impresse e istituzioni”.

Promuovere il ‘made in Marche’ è l’obiettivo di Antonini. “Manca poco al decreto legge sul made in Italy, che rivoluzionerà il sistema imprenditoriale nell’ingresso nel mondo, dobbiamo per questo valorizzare sempre più la nostra regione. Come responsabile della cabina degli assessori allo Sviluppo economico delle regioni ho la fortuna di un canale diretto con il ministro e questo ci ha permesso di incidere sugli incentivi economici”.

Svem e uffici regionali hanno lavorato per capire i benefici legati agli investimenti e non sprecare le risorse. “Rafforzare le posizioni in alcuni mercati è determinante, sappiamo quanto gli Usa siano utili per nuovi orizzonti imprenditoriali”. Per questo la Regione ha stanziato 220mila euro, coinvolgendo Ice Usa e Svem, seguendo una serie di passaggi.

“Siamo partiti da un webinar in cui è emerso che siamo il quarto paese per export moda negli Usa; che il 90% delle calzature che girano negli Stati uniti sono d’importazione, bisogna quindi esserci. Cercano qualità e prodotto, cosa che caratterizza il nostro distretto. Ma servono informazioni e accompagno” prosegue Antonini.

L’America non è per tutti. Lo fanno capire molto bene i due professionisti a cui è stato affidato lo studio che ha coinvolto 26 aziende, interessate a un mercato che vale 75miliardi di dollari e che per il 90% vive di importazione. Quindi, c’è spazio soprattutto per chi produce scarpe da donna, “valgono il 49% del fatturato calzaturiero americano”, o le calzature sportive da abito che piacciono a un quarto dei compratori.

Tra gli step c’è la partecipazione a una fiera di Las Vegas e una politica di incoming con una serie di influencer che visiteranno le Marche. “Noi vogliamo sostenere ogni settore. Il calzaturiero è al centro delle nostre attività, non a caso il prossimo bando per l’innovazione avrà un’attenzione particolare. E con due corsi mirati siamo andati incontro ai problemi legati alla formazione di figure necessarie” riprende Santori.

Che le politiche sul mercato americano siano solo una delle tante misure lo chiarisce Antonini: “In uscita c’è anche il nuovo bando per l’internazionalizzazione, ci occuperemo anche del supporto all’immagine delle imprese, dai cataloghi ai siti online, ma non va neppure dimenticata la riapertura dei bandi per l’area di crisi complessa con 7 milioni di plafond”.

È Santori, prima degli avvocati Tupponi e Lenoci, a entrare nel dettaglio: “Vogliamo essere un incubatore, una specie di start up. Come Svem dobbiamo pensare a ogni settore, se funziona questo modello lo replicheremo”. Del resto Antonini e Santori, insieme con il presidente camerale Gino Sabatini, hanno voluto cambiare l’approccio: non più prendere e partire, per tornare insoddisfatti dalla missione, ma studiare il mercato e il potenziale del singolo partecipante prima di indirizzarlo verso gli Usa. "La filiera istituzionale funziona ed è determinante. Questo ci permette di guardare lontano dalle Marche senza mai fermare l'investimento interno in formazione e supporto al made in Marche" sottolinea Sabatini.

E così, prima sono state ricercate le imprese idonee, poi è stata creata la struttura gestionale. Ice ha realizzato una serie di webinar pe far conoscere il mercato americano e per definire la partecipazione alle prime fiere. Svem ha segmentato il mercato attraverso uno studio mirato. Prossimo step, la missione di influencer e operatori Usa per far conoscere i prodotti e il territorio, che è il fattore X della produzione.

“Parteciperemo a fiere, ma soprattutto valuteremo la competitività dei prodotti e studieremo iniziative strategiche successive” spiega subito Tupponi, romagnolo con 12 anni di insegnamento all’Università di Macerata. Il suo compito è riuscire a portare delle Pmi dentro gli Usa. “Un Paese infinito con 51 Stati, quindi bisogna capire come ‘piazzare’ il prodotto di alta gamma marchigiano e dove”.

Sapendo che già c’è un problema: “Su 26 imprese solo 6 hanno un sito internet adeguato, almeno dieci meglio non guardale per le altre c’è molto da lavorare”. Si capisce l’importanza dell’azione decisa da Antonini di destinare risorse al marketing e all’immagine delle aziende. “Poi c’è l’organizzazione: puntare su distribuzione o agenti? La Pmi vuole vendere, ma dimentica la strategia giuridica di un paese che ha all’interno enormi diversità che possono impattare sia sui pagamenti sia sul movimento delle produzioni”.

Far spiccare il volo alle piccole realtà è la speranza. “Ma bisogna fidarsi delle istituzioni anche solo per superare le 51 normative legate agli agenti di commercio”. Fidarsi significa che se sei una impresa passata da 5 milioni a uno di fatturato, forse gli Sati Uniti non sono la sua strada. “Ma questo non significa non poter capire il proprio potenziale e non dover conoscere un nuovo ricco mercato. Il lavoro che facciamo per Svem e Regione vuole proprio aiutare le imprese nelle scelte. Partendo dal fatto che no esiste il mercato che sostituisce quello in cui si faceva il proprio fatturato” aggiunge Tupponi.

“Per questo – ribadiscono i vertici politici – se non sono gli Stati Uniti il luogo, accompagneremo le aziende in altri mercati. Serve un accompagnamento dopo lo screening e la Regione lavora peer questo”.

Tornando agli Usa, ci sono cose che vanno fatte: adeguarsi al mercato per colori e calzata; avere agente o showroom negli Usa; consegne puntuali; prezzi landed in dollari; digitalizzazione, incluso l’uso dei marketplace; sito web anche in inglese con web chat; e-commerce; brand awarness.

“L’America non è un mercato toccata e fuga, servono piani almeno triennali. Un conto è ‘mi piace’ la tua scarpa, un altro il ‘si vende’. Bisogna investire in aziende pubblicitarie. Non basta il prodotto eccezionale. In tutti i settori Usa, servono influencer che costano tanto e spesso ignorano il prodotto. Ma se lo pubblicizzano favoriscono gli ordini. E per questo ne portiamo alcun di importanti nelle Marche e a conoscere le aziende” conclude Santori ringraziando Gino Sabatini, presidente della Camera di commercio delle Marche, per il supporto.

@raffaelevitali

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