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Scarpe vendute, merce consegnata e milioni di euro bloccati in Russia. Venanzi: "Giuste le sanzioni, ma quei soldi sono nostri"

20 Aprile 2022

MONTEGRANARO – “Siamo tutti contro la guerra, sappiamo che va fermata l’avanzata della Russia. Ma è evidente che non si può per incapacità di applicazione delle sanzioni finire per far fallire decine e decine di aziende, che poi significa lasciare senza posto di lavoro migliaia di persone.

Intaseremo così il sistema sociale e di sussistenza di Comuni e Stato, quando basterebbe agevolare un commercio che non ha nulla di indegno. Continuiamo a comprare il gas russo, ma non possiamo riscuotere i pagamenti di scarpe e borse, è ora di dire basta”.

Arturo Venanzi, presidente reggente di Confindustria Fermo, lancia l’allarme, ma soprattutto pone unaa questione fondamentale: “Il problema più importante, al momento, è il mancato pagamento di ordini e merce consegnata. E questo perché le banche italiane non lavorano più con la Russia dopo l’espulsione dal sistema Swift e anche per scelta”.

Si parla di almeno 40 milioni di euro che al momento mancano dai conti dei calzaturieri fermani. “La Russia, è bene ricordarlo, per il settore Moda è un mercato fondamentale. È vero che a livello regionale la percentuale di export sembra marginale (3-5%), ma per la provincia di Fermo arriva al 40%. Un volume di affari garantito per il 90% da calzaturiero e accessori, dalle borse alla componentistica. Tra l’altro, questi dati non tengono conto delle triangolazioni che riguardano altri Paesi dove passa merce poi diretta in Russia” riprende Venanzi.

La guerra, che tutti immaginavano rapida, sta per raggiungere i due mesi. “Un conflitto che porta dolore e morte. La nostra risposta, come Occidente, sono state le sanzioni. Abbiamo scelto di colpire economicamente la Russia. Però dobbiamo fare attenzione, perché ogni norma se non ben scritta può causare danni imprevedibili”.

Nel settore calzaturiero ci sono aziende che hanno l’80 del fatturato legato al mercato russo e ucraino. Le sanzioni decise dall’Unione Europea, tecnicamente, colpiscono i prodotti di lusso, ma il parametro scelto, 300 euro, ferma anche una grande fetta del made in Italy, confondendo l’artigianalità di un capo o una scarpa con il lusso. “Tutto andrebbe parametrato: è lusso un abito da 350 euro o forse lo è una bottiglia di champagne francese da 250? Certe scelte, prese senza differenziare la tipologia di merce, stanno creando un danno enorme. Aggiungendoci la difficoltà dei pagamenti si comprende come il nostro settore sia a rischio di sopravvivenza”.

Quello che i calzaturieri chiedono alla politica, sono stati coinvolti tutti i parlamentari, è che si intervenga sull’interpretazione delle sanzioni. “Ci devono essere i margini per far arrivare i pagamenti. Ma per riuscirci serve l’intervento del Governo. La possibilità, stando ai nostri esponenti politici, ci sono, la volontà? Bisogna capire che bloccando i pagamenti di prodotti di moda e manifatturieri non si danneggia il russo, ma l’imprenditore che ha lavorato. Tecnicamente – ribadisce Venanzi – si stanno fermando soldi nostri”.

Se non si troverà una soluzione, 50 aziende già iscritte all’Obuv di Mosca, in programma a fine aprile, che ci vanno a fare se poi non possono essere pagate? Forse è il caso che anche Assocalzaturifici, con il presidente Siro Badon, prenda posizione.

@raffaelevitali

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