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Resilienza e innovazione, il piano di rilancio delle Marche: borghi digitali, infrastrutture e filiere aziendali

12 Aprile 2021

FERMO – Le Marche? La forza economica per il 30% arriva dalla manifatturiera, una media superiore al resto dell’Italia. Regione quarta in Italia per agricoltura biologica, con un valore più alto della media nazionale. Rating industriale e ricchezza paesaggistica. Terza per numero di distretti. Criticità non mancano: il nanismo delle imprese, insufficiente digitalizzazione, difficoltà ad attrarre capitale umano. Ad appesantire l’economia il terremoto del centro Italia che ha colpito il 40% della regione. Poi la crisi del sistema bancario locale e la pandemia che ha impattato tagliando il Pil di due punti in più rispetto all’Italia.

Questa la fotografia scattata dal Corriere della Sera durante ‘Resilienza e innovazione, il modello Marche’, il focus dedicato alla piccola regione produttiva. Una regione di eccellenze che usando i fondi europei potrà fare da traino anche agli altri. “Noi stiamo cercando di gestire al meglio la pandemia, con misure di mitigazione mirate e misure cercando di far lavorare il possibile le attività che con i protocolli di sicurezza sono apribili. Di certo - spiega il presidente Francesco Acquaroli – la pandemia ha impattato su alcuni settori in maniera particolare”.

Uno dei pallini del governatore è creare delle filiere che partono dalle imprese principali “in modo da agevolare accesso al credito e all’internazionalizzazione”. Far cooperare le imprese che funzionano è una sfida.

Marche come microcosmo italiano, con un difetto in più: la carenza infrastrutturale e il fatto di non saper spendere i fondi europei, stando ai dati del Corriere della Sera. “Dobbiamo accelerare sulla Fano-Grosseto, con una incompiuta ventennale. Poi dobbiamo completare le opere che consentono una maggiore fruibilità dei territori di confine. Poi c’è la Quadrilatero che collega al meglio Perugia e Ancona. A sud la Salaria è una priorità. Stiamo anche spingendo molto con altre regioni della dorsale per la realizzazione del corridoio Adriatico, altrimenti turismo e imprese resteranno sempre penalizzate”. A questo si aggiungono i fondi del Recovery Plan: “Dobbiamo migliorare la nostra capacità di spesa. Noi siamo da sei mesi in regione e al lavoro sulla semplificazione della burocrazia”.

Da affrontare anche il gap tra entroterra e costa. “La ricostruzione lentissima pregiudica anche solo l’immaginazione di un investimento imprenditoriale nell’interno. Che si parli di turismo o commercio, il cratere va chiuso quanto prima. Per questo la Pedemontana, da Fabriano a Muccia è uno strumento non più rinunciabile”. Chiaro che poi va allungata almeno fino al piceno per non lasciare escluse due province”.

In attesa di questo si investe nel Turismo: “Stiamo creando un’Agenzia sul turismo e l’internazionalizzazione. Noi siamo l’unica regione italiana al plurale, per questo servono sinergie tra comuni e attività. Abbiamo approvato la nuova legge sull’albergo diffuso nei borghi, che vogliamo rendere centrali per farli uscire dall’abbandono. Puntando su tradizioni, paesaggio, gastronomia, un mercato attrattivo che deve aiutarci nella destagionalizzazione. E poi c’è il piano triennale per la promozione del brand Marche all’estero, cominciando dal nord ed est Europa che sono da sempre le aree a noi più vicine”.

Certo, manca il grande attrattore come Roma o Venezia, ma dando la possibilità di vedere tante cose, passando da Rossini a Raffaello, dalla madonna di Loreto a Leopardi attraverso colline e mare invidiabili. “In questo rientra il piano dei borghi digitali, se vogliamo anche intercettare il turismo di lavoro”.

Un focus importante, seguito poi da un confronto con gli imprenditori marchigiani, “perché dalle Marche dipende anche la ripartenza dell’Italia” conclude il giornalista del Sole 24 Ore.

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