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Re Giorgio si racconta. Montanini sale sul palco dell'Aquila. "Nella mia Fermo, con il mio teatro, sempre con la schiena dritta"

15 Aprile 2023

di Chiara Fermani

FERMO - Ha sdoganato la stand up comedy in Italia, la tv è ormai una porta chiusa, ma il cinema è il portone che si è spalancato dopo. Ora Giorgio Montanini, il re fermano della stand up comedy italiana, torna sul palco con “Lo Spettacolo Nuovo”.

Il suo ambiente naturale, il teatro, da dove è partito nel 2004 con l'Edipo Re di Sofocle, per la regia di Franco Branciaroli, “sembro un cazzone, ma ho studiato tantissimo” ci confesserà nell'intervista. Oggi, ormai consacrato come il maggior esponente della satira Made in Italy, ancora senza eredi, torna nella sua Fermo, per far ridere, ma soprattutto incazzare, il pubblico del Teatro dell'Aquila, domani (domenica 16) alle ore 21:00.

Montanini, è tornato nel tuo ambiente naturale, il teatro con “Lo Spettacolo Nuovo”. Niente nel titolo che anticipi qualcosa sullo spettacolo, come mai questa scelta?

“Più o meno faccio uno spettacolo l'anno e puntualmente mi chiedono “ma è lo spettacolo nuovo?”, ecco questo è un titolo per evitare di rispondere, non ci sono fraintendimenti, è “Lo Spettacolo Nuovo”. Nessuno me lo ha più chiesto infatti”.

Da quanto non tornava a Fermo, sul palco intendo? E com'è stare su un palco di casa, dove tutti la conoscono, non solo artisticamente?

“In tutta la mia carriera ho fatto un solo spettacolo al Teatro dell'Aquila, mi fa piacere, è casa mia, sarebbe assurdo non esibirmici. Non so se ci saranno molti fermani, per me non fa differenza, lunedì ci daremo risposta”.

Com'è Giorgio Montanini in questo “Spettacolo Nuovo”?

“Più consapevole, la parola giusta è questa. Il Covid mi ha fatto molto male ma mi ha anche fatto molto bene da un punto di vista di sensibilità e apertura mentale. Lo spettacolo viene fuori da questo, anche se non parla mai di Covid. E' una sorta di compendio dell'essere umano, frutto di tanti pensieri. Dal particolare all'universale si parlerà di molte cose, tutte collegate da un fil-rouge, si tratta di tutte trappole disseminate sul nostro percorso per farci cambiare strada e farci perdere di vista l'essere umano”.

Lei, nonostante tutto, non ha cambiato strada.

“Assolutamente no, direzione ostinata e contraria ancora”.

Con la tv ha avuto una breve relazione, poi è arrivato il cinema. In cosa teatro e cinema sono compatibili? La differenza è un po' quella tra l'essere dipendente e libero professionista, no?

“Hai fatto un ottimo esempio, il libero professionista è il teatro, arrivo quando voglio, sul palco decido io. Nel cinema fai parte di un ingranaggio, devi abbassare la cresta e perdere l'egocentrismo, sei uno strumento, si tratta di più arti che si fondono e che devono viaggiare all'unisono. Inizialmente è stata dura, ma ora posso affermare che è stata ed è un'esperienza molto positiva, mi piace molto”.

In nessun film ha recitato nel ruolo di artista comico. Crede che questo possa modificare la percezione che il pubblico ha di lei?

“Mai. Nel cinema secondo me il massimo riconoscimento per un attore comico è non essere riconosciuto come tale. L'importante è non snaturarsi e io ho le idee molto chiare in questo momento della mia vita”.

Come si forma un artista come lei? Stand up comedian si nasce o si può diventare?

“Onestà intellettuale e sincerità, solo questo. Salire sul palco da solo, solo con un microfono e il tuo nome e cognome per dire il falso è la cosa più sbagliata che si possa fare. Oggi i comici stanno cadendo come mosche, hanno sei mesi di successo e poi scompaiono. Sincerità e coerenza, questo serve”.

Anche un po' di cattiveria no? Talvolta la cosa più divertente da dire è anche la più cattiva.

“Quello se uno vuole, io ho questo stile, per me la massima espressione della comicità parte dalla tragedia, tanti preferiscono ridere in maniera più leggera. Se devo far ridere mia nonna di settant'anni e contemporaneamente mio nipote di cinque è ovvio che devo abbassare il livello culturale. Ognuno fa una scelta, io porto ciò che sono, faccio molta scrematura, diciamo che prediligo il pubblico dai sedici ai cinquant'anni”.

La satira deve avere dei limiti o deve esserci libertà assoluta?

“La satira nasce proprio per rompere i limiti, sta poi alla sensibilità del comico decidere cosa è volgare e cosa è artistico. Il mio spettacolo non lo considero volgare nella sua accezione negativa”.

Le dà più soddisfazione la risata del pubblico o la reazione stizzita?

“Se non ci fossero quelli che si incazzano io non farei questo lavoro e per fortuna ci sono ad ogni spettacolo”.

Quando ha iniziato a fare teatro voleva essere più popolare o più famoso? O nessuna delle due?

“Non ho mai pensato al successo, non ho mai venduto la mia capacità di far ridere per motivi beceri, volevo fare questo lavoro e basta. La miserabile popolarità, se c'è, è sempre una conseguenza, solo ed esclusivamente una conseguenza”.

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