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Nuovo direttore e porte aperte al mondo. Badon disegna il futuro del Micam: "600 espositori ci bastano? Ecco cosa fare per tornare a mille"

15 Marzo 2022

di Raffaele Vitali

MILANO – Si è chiuso il Micam e con lui le fiere ‘amiche, di Mipel, Homi e The One. Il bilancio è di 29.468 presenze equamente ripartite tra Italia ed estero.

Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici, si è chiuso un Micam complicato. Quali sensazioni?

“Ne parlavo con il presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini e il direttore di Confindustria Fermo Tosi, valutando la base di partenza, qualcosa si è anche lavorato. Durante l’ultimo consiglio di presidenza, che è in prima linea per ottenere dal Governo aiuti per le aziende più esposte, oggi in Toscana e Marche, tutti hanno ribadito che si è lavorato. Il quantificare non spetta però a noi”.

Badon, in prospettiva su cosa pensa di investire per migliorare la più importante fiera mondiale?

“Intanto il lancio del Vcs, la certificazione di sostenibilità. La green zone è importante, anche epr come è nata. Abbiamo fatto una indagine su chi aveva progetti sostenibili e a chi era pronto abbia dato una vetrina, abbinandoli ad Acdc, che idealizza e produce articoli sostenibili per le griffe. Il bello del Micam è che si parla sì di buyer ed espositori ma anche di futuro”.

Hanno ancora senso le divisioni per fascia, considerando la forza dei padiglioni 2 e 4? Si potrebbe riorganizzare, unire, concentrare?

“Ai tempi di Aromatici, io espositore, avevo sempre esposto all’1 e volevo spostarmi. Lui mi disse ‘noi organizziamo fiere, non facciamo il mercato’. Questo lo devono ricordare tutti: esiste un’entità che fa articolo, prezzo e modo di vendere ed è il mercato. Ragioniamo sul prodotto e prezzo, perché non è quasi mai una questione di posizione”.

Un Micam molto internazionale, ma servono i brand italiani che hanno scelto altre vie di business. Riuscirà a riportarli in fiera per lavorare e non solo come vetrina?

“Mi sto battendo e sto cercando di mettere sul tavolo un percorso. Il 29 di marzo ho convocato un ulteriore consiglio generale e parlerò solo di Micam e chiederò ai consiglieri, dopo le mie valutazioni, cosa hanno intenzione di fare della fiera. Cosa vogliamo che sia da qui a 5 anni. Pensiamo che il Micam sia arrivato a 600 espositori per casualità e quindi in via passeggera o che questa sia la sua dimensione? Se vogliamo tornare a mille, vi spiego cosa serve, perché nel frattempo ho studiato e valutato chi organizza le fiere e lo staff che ha a disposizione. E quindi prenderemo decisioni, tipo internazionalizzare il Micam, ho dei progetti. Ma non si può pensare che ci sia qualcuno che all’aiuto formale, poi fa seguire i colpi alle spalle. Poi, anche io vorrei riprendere alcuni brand importanti, ma l’offerta deve crescere”.

Ucraina distrutta per anni, Russia da valutare. Davvero Turchia o Finlandia possono diventare la Svizzera degli incontri tra clienti e produttori?

“Turchia ha libertà, ma è un competitor. Non va mai dimenticato. L’esperienza l’abbiamo vissuta l’anno scorso. Ma siamo a disposizione degli associati”.

Uno dei temi da affrontare è quello della formazione, delle imprese e del personale. Assocalzaturifici su questo può fare di più?

“Dobbiamo riuscirci. È in atto una mini rivoluzione dentro Confindustria Moda. Questo è uno degli argomenti, con digitalizzazione e sostenibilità. Va gestita in maniera unitaria. Ognuno che va per sé e pensa al suo spazio, poi si accorge che non ci sono i soldi. Cercheremo di fare progetti di aggregazione. Anzi, abbiamo già iniziato”.

Assocalzaturifici e Vcs, progetto ambizioso. Ma le imprese lo capiranno?

“Il mercato lo chiederà. Ci accorgiamo di cosa serve una cosa, quando non ce l’abbiamo ed è necessaria. Noi diamo lo strumento, siamo in società con persone capaci. Siamo convinti di avere fatto una gran cosa, ora vedremo. Le grandi aziende lo capiscono subito, lo spiegheremo al meglio alle tante piccole associate”.

Ultimo Micam del direttore Tommaso Cancellara, che se ne andrà in America. Due questioni: quali meriti riconosce al direttore e se ha un identikit di chi vorrebbe al suo posto: più esperto, più legato alla moda, più marketing o più manager, per esempio.

“Tommaso, per me che sono stato abituato ai direttori delle Confindustrie, è anomalo. Non c’è una etichetta per un direttore come lui. Pieno di idee, ogni settimana. Lui ha nel commerciale la sua forza e infatti il Cimac è stato rilanciato, oggi fattura e dà utili. Ma non è perfetto. Sul nuovo ci siamo fatti una idea, stiamo cercando. Ma un altro Cancellara non esiste. Ci siamo affidati a società di head hunting. Ma c’è il nodo del Micam, quello che vogliamo fare. La fiera deve rendersi disponibile a un percorso di crescita. Anche internazionale, per poterci permettere la squadra migliore”.

@raffaelevitali

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