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Moira Canigola si racconta: "La mia Provincia, cinque anni di battaglie. Il crollo del tetto del Montani mi ha segnato"

16 Dicembre 2021

di Raffaele Vitali

FERMO – Sabato i consiglieri comunali dei 40 comuni della Provincia di Fermo sono chiamati a eleggere il nuovo presidente della Provincia di Fermo. Sarà un uomo, in lizza Mauro Ferranti e Michele Ortenzi, dopo cinque anni al femminile. Un periodo lungo, complesso guidato con silente piglio della sindaca di Monte Urano.

Moira Canigola, presidente della Provincia di Fermo, quale è la sensazione a pochi giorni dalla fine?

“Ho il calendario con le spunte dei giorni a casa”.

Canigola con Castrogiovanni

Presidente dal 18 dicembre 2016 al 18 dicembre 2021. Cinque anni segnati dal sisma?

“La seconda scossa è stata a ottobre, poi le scosse di gennaio con la nevicata e pochi mesi dopo l’alluvione con strade chiuse per mesi. Ricordo ancora che ho iniziato il mandato cercando di raggiungere Montottone con la jeep, la Protezione civile e il prefetto, ma non ci riuscimmo per quanta neve ci fosse. A tutto questo aggiungiamo la pandemia”.

Quale è stata la principale difficoltà all’inizio?

“Non c’è stato un momento in cui ho potuto prendere contatto con l’ente gradatamente. Sono stata subito catapultata in pima linea per le emergenze. Subito comitati per l’ordine la sicurezza, l’apertura della Soi.  Ho staccato solo il giorno di Natale”.

L’esperienza da sindaco è stata un valore aggiunto?

“Aiuta, ma il ruolo di presidente di Provincia è molto diverso. Si conoscono procedimenti, ma poi la provincia è altro, non è solo questione di dimensione, ma di complessità e visione diversa”.

Responsabilità enormi, rischi e per anni a titolo gratuito.

“Uno dei primi ricordi che ho è Rigopiano. Venimmo convocati come presidenti a Pescara per fare un primo direttivo Upi e andammo in conferenza stampa per sostenere il presidente della provincia abruzzese. Tutti impauriti, perché era la fotografia della carenza delle risorse per le Province dopo la riforma Del Rio. Ci sentivamo tutti spalle al muro. L’allora direttore dell’Upi mi guardò e disse ‘il suo grado di follia è alto per aver accettato la carica’: fu il primo brivido”.

Cosa è cambiato nel corso degli anni?

“C’è stata qualche apertura in termini di risorse. Quando sono stata eletta avevamo la possibilità di fare solo il bilancio annuale, non c’era programmazione. Nel 2017 ricordo che approvammo il bilancio di previsione a ottobre dello stesso anno, a riprova del ‘giorno per giorno’. Oggi, invece possiamo programmare su tre anni. I fondi restano carenti, ma è migliorato il quadro”.

Cosa pensa dell’ipotesi ritorno di elezioni e del ritorno degli assessori?

“Mi fa ben sperare, soprattutto perché il primo anno abbiamo fatto insieme a tutti i presidenti tanti incontri, abbiamo lottato e alzato la voce verso Roma. Ma nulla, per anni ci siamo incontrati tra di noi per cercare di trovare criteri di divisione delle poche risorse, una solidarietà tra province. Ora ci stiamo arrivando”.

Il crollo del tetto del Montani è stato il momento più difficile?

“Senza dubbio. Da un punto di vista psicologico e tecnico. Personalmente non lo auguro a nessun amministratore, ti senti addosso tutta la responsabilità e il peso di quello che si fa. E ancora di più c’era la frustrazione, perché sapevamo di non poter fare di più. L’impotenza è stata per fortuna accompagnata dall’assenza di feriti. Un peso che mi porterò sempre dentro”.

Strascichi giudiziari pendenti?

“Le figure politiche e gli amministratori coinvolti, tutti i presidenti inclusi quelli di Ascoli Piceno perché non era una questione di mesi, sono stati archiviati. Prosegue invece per i tecnici”.

Cosa ha cambiato quel crollo?

“Tutti abbiamo lavorato per trovare sempre più risorse possibili, per evitare che qualcosa potesse capitare di nuovo. Ogni energia è stata messa nei controlli, oltre a quelli post sisma, e nelle azioni. Ho girato con il ‘cappello in mano’, anche dal capo della Protezione civile nazionale, per recuperare quelle risorse che stiamo mettendo a terra per rendere ogni scuola ancora più sicura”.

La burocrazia è stata la grande avversaria del suo mandato?

“Tempi biblici per tanti aspetti. Chi arriverà si troverà le procedure in alcuni casi completate, in altri avviate. Per cui potrà partire celermente con la realizzazione dei progetti, di quelli che erano sogni che con tanto lavoro mi ero, anzi ci eravamo preposti. L’unica scuola veramente completata è lo Scientifico”.

Si aspettava la conferma?

Esita, riflette, un sorriso amaro. “Mi avrebbe fatto piacere tagliare più nastri. Non per edonismo, ma per concludere obiettivi di percorso. Non è un ‘sì’ così chiaro, ma siccome sarebbe stato un secondo mandato a termine, nel 2024 finisco come sindaco, si poteva fare”.

Cosa è mancato per la sua conferma?

“Non va chiesto a me, ci sono altri che hanno deciso. Dai sindaci al mio partito sono gli attori di questa lunga kermesse. Il contesto è cambiato da cinque anni fa. Venni eletta con oltre il 70% dei voti, la Provincia era all’angolo e non allettante”.

Ora che l’ente funziona meglio lo deve lasciare, che effetto fa?

“È tornata al centro della politica. L’Ente ha ripreso quota. L’ho presa nel punto più basso e ora ha una sua dignità. Sono contenta di aver contribuito in questo percorso. Con il Pnrr alle porte c’è una maggior appetibilità a riscoprire questo incarico ed è cresciuta la concorrenza”.

Quale giudizio dai sindaci?

“Il rapporto mi verrebbe da dire ottimo. Domani firmerò gli ultimi decreti. Ma ho fermato la programmazione, perché è giusto che la nuova amministrazione guidi il futuro. Anche in questi giorni ho dialogato, ho sempre parlato a tutti i sindaci senza distinzione per appartenenza politica o territoriale. Domani con il sindaco di Montegiorgio firmerò una convenzione per le scuole. Attestati di stima sono continui. Poi è evidente non con tutti, se no sarei ancora lì. Anche se è evidente che non ce l’hanno con me, ma con l’area politica che rappresento. Il cambiamento è stato palese, Montegranaro ce lo ha detto in maniera chiara”.

Obiettivo raggiunto è il tavolo per la competitività e lo sviluppo.?

“Mi auguro che chiunque vincerà continui con il Tavolo e lo faccia crescere. Un gioiellino che sento mio. È unico, non c’è in nessun territorio. Funziona, ha funzionato e funzionerà: tutto quello che è stato raggiunto è propedeutico per ulteriori azioni. L’Area di crisi complessa è una pietra miliare su cui si può costruire tanto altro. E ce n’è bisogno. L’ultimo documento non a casa non parlava solo di economia, ma anche di salute, di infrastrutture, di sviluppo generale”.

Infrastrutture, poteva essere la presidente delle grandi opere, penso alla Lungotenna. E invece…

“E mi dispiace. Non è solo questione di procedure, c’è una carenza atavica di personale. Questo rende ancora tutto più lungo. Dopo la riforma c’è stata una emorragia di personale, ovviamente si riflette su tutte le attività. Abbiamo settori chiave con pochissimi dipendenti, con un dirigente e altre tre figure cardine. Su questo la politica deve intervenire, io più che stabilizzare 5 giovani preparati entrati a tempo determinato per il sisma non ho potuto fare”.

Presidente, si promuove?

“Ho affrontato 5 anni a mani nude, oggi lascio una piccozza, i guanti e una tavola bianca su cui il nuovo presidente potrà incidere il suo percorso. Verrà nominato il nuovo segretario, un nuovo dirigente ai servizi finanziari. Figure chiave, per fortuna io ho avuto persone come il dottor Annibali che hanno fatto la differenza. Ma è tutto il personale della Provincia che ha dato di più di quanto previsto, coprendo carenze e vuoti, senza guardare all’orario. Chi arriverà potrà fare il vero presidente della Provincia. io con passo lento ho raggiunto gli obiettivi che volevo”.

La Canigola con i componenti del Tavolo per lo Sviluppo

Lei è stata una presidente poco mediatica, umile e lavoratrice. Un limite per il sistema?

“Non credo sia questo il problema. Neppure il fatto che sono una donna. La verità è che la Provincia è diventata il luogo dove tutti vogliono stare e dove non doveva starci qualcuno del Pd”.

Canigola, si poteva fare di più?

“Me lo aspetto da chi arriverà, perché ha davvero tutto il nuovo presidente per fare bene. Io ho ereditato scuole che crollavano, lascio cantieri, soldi e progetti sul tavolo”.

Presidente, lei non è stata solo strade e scuole.

“In questi anni sono cresciuti gioielli come GenerYaction, la commissione pari opportunità, la rete dei Dsa, il tavolo della legalità, relazioni sindacali partite con i dipendenti che non si presentano per il saluto di Natale nel 2016 e oggi possono dirsi soddisfatti. In cinque anni 800 decreti del presidente, 140 come consiglio provinciale. Abbiamo stanziato 30milioni per le strade, 8 per i ponti, 40miioni per le scuole, altri 30 sono arrivati con il Tavolo dello Sviluppo, negli ultimi tre anni abbiamo investito 1,5milioni all’anno per la manutenzione straordinaria delle strade. Non sono una che si vanta, ma è la realtà”.

@raffaelevitali

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