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Marco Ciarpella si racconta: da Montegranaro con Pilla a vice in serie A. "Allenare è la mia vita. Scafati ha creduto in me"

24 Ottobre 2023

di Raffaele Vitali

MONTEGRANARO – Marco Ciarpella ha 29 anni. È cresciuto a pane e basket a Montegranaro. In campo, lato panchina, è sceso già a 15 anni. E oggi si presenta alla sua prima vera stagione da vice allenatore in serie A, con la maglia di Scafati. Con cui ha espugnato il palasport di Pesaro, davanti alla sua famiglia e a tanti veregrensi arrivati ad abbracciarlo. Una aprtita dura, in cui il giovane già grande haa saputo incidere, confrontandosi spesso con il coach sacripaanti nei momenit chiave.

Ciarpella, lei è giovane ma sembra allenare da sempre. Quando ha iniziato?

“Ho iniziato al ritorno di Pillastrini, estate 2010, conoscevo Stefano dagli anni della promozione in serie A. Mi ero avvicinato con passione, dalle statistiche ad altro. E lui vide qualcosa che andava oltre. Mi ha avvicinato allo staff. Ho iniziato con il lavoro sporco che mi ha aperto le porte della Sutor”.

Inizio nell’ombra?

“ A 15 anni cosa potevo pretendere? Intanto studiare e ascoltare. Poi sono iniziate le giovanili della Sutor e della Poderosa. Nell’estate del 2014 la chiamata della Triade per il nuovo progetto dopo la retrocessione di Cremona, partendo dalla Promozione. Pian piano siamo tornati in B. Il secondo anno siamo retrocessi e lì è finita la mia storia con Montegranaro”.

Era il momento giusto di andarsene?

“Ho capito che il senso di appartenenza e l’essere utile ai colori poteva diventare un lavoro. Quindi in quell’estate ho preso un agente e tramite lui ho potuto prima andare a Fabriano come vice e diventare poi a febbraio capo allenatore. Una stagione difficile, con la retrocessione finale e un accordo sul tavolo che non è stato rispettato. Ho passato l’estate a studiare e formarmi”.

Come è rientrato nel giro?

“Volevo fortemente crescere e ho avuto il coraggio di mettermi in macchina per due mesi. Ho visitato tante squadre di A2, di A e anche di Eurolega tra Monaco e Berlino. Durante un allenamento di Milano ho conosciuto Attilio Caja, che era libero. Poco dopo firmò per Scafati, voleva potenziare lo staff, gli ero piaciuto e mi ha chiamato. Non ho esitato un attimo”.

Caja è così duro?

“Un’esperienza di grande formazione tecnica e di attitudine al lavoro. Una precisione quasi maniacale. Un carattere che lo spinge ad andare sempre oltre, a pretendere il massimo da tutti. Quando se ne è andato è arrivato Pino Sacripanti”.

Che l’ha confermata?

“Lui voleva prima conoscermi, quindi ha usato il resto della stagione per capire il mio valore. Ero arrivato da secondo assistente, mi sono ritrovato vice”.

Che allenatore è Pino Sacripanti?

“Un altro allenatore di grandissimo livello, ha una forte empatia e ricerca il dettaglio. Prepara al meglio le partite, sa esattamente come ruotare i suoi uomini. Uno che ama le sfide e Scafati lo era”.

Ha temuto di non essere confermato?

“Sacripanti aveva una opzione di rinnovo con salvezza. Ci siamo parlati, mi ha ospitato a casa sua, abbiamo seguito tutti i play off di A2 per capire il mercato degli italiani, che è fondamentale in serie A per squadre del nostro livello. Noi lavoravamo, poi la società ha deciso ed eccomi qua”.

Lei di cosa si occupa?

“La parte principale è l’analisi degli avversari. La preparazione dei video che diamo al coach a inizio settimana. Forniamo un montaggio su squadra e giocatori. A questo si unisce il cartaceo. Le analisi delle situazioni più pericolose.  E poi con il coach si valuta il piano partita”.

I primi giorni della settimana quindi sono quelli decisivi?

“Noi in realtà noi siamo almeno una partita in anticipo. Poi personalmente seguo il post partita”.

Il famoso debriefing?

“Fondamentale anche a livello individuale, anche perché abbiamo dei rookie oltre che giocatori esperti”.

Dalla scrivania al campo?

“Come staff seguiamo il lavoro individuale e soprattutto io mi occupo della difesa. In particolare a inizio settimana lavoro molto con il gruppo, in media la prima parte dell’allenamento. E considerando come stiamo difendendo posso fare meglio (sorride, ndr)”.

C’è rispetto anche se lei è più giovane di molti suoi giocatori?

“Iniziare una stagione è diverso dal subentrare. Il rapporto è già chiaro, la fiducia si crea giorno dopo giorno. Ed è una fiducia che si guadagna in campo con quello che fai. Mi rapporto tutt’ora con un mondo che ritengo sia a un livello superiore dal mio. Ma siccome lo so, imparo e do il massimo. Il che significa anche correggere giocatori di grande storia, imparando ad ascoltare”.

Il coach le dà retta?

“Pino è uno che ascolta. Ha fame di informazioni, ci cerca per conferme ma anche novità. È molto fisico in partita, non si ferma mai. I ragionamenti si fanno nell’intervallo. Maa i flash sono fondamentali”:

se vede qualcosa che non va, può dirlo?

“Se pensi qualcosa, lo devi dire. Poi magari ti scaccia. Capire anche il momento in cui dire qualcosa è fondamentale”.

In squadra ha Logan, il professore. Le ricorda Childress?

“Due grandissimi giocatori, due trascinatori. Chiaramente Randy a Montegranaro aveva un ruolo diverso. Lui osservava, poi sapeva diventare un realizzatore importante se necessario. David vede il canestro con facilità incredibile. Anche in giornate in cui magari ha difficoltà, essendo pressato costantemente in difesa e attaccato dall’altro lato, può cambiare in qualsiasi momento il match. È un leader silenzioso. Randy parlava di più”.

Il ruolo di vice è un tappa della sua crescita?

“Il mio obiettivo è restare a questo livello e alzarlo. Come lo vedrò passo passo. Per ora mi sto specializzando in questo ruolo, che è diverso da quello fatto per tanti anni. Arrivare in serie A, in un mercato sempre aperto, in cui arrivano giocatori in tutto il mondo, mi permette di conoscere ogni aspetto”.

Come si studia?

“I due mesi che ho fatto, girando da palazzetti, sono stati fondamentali. Ci vuole anche faccia tosta a chiedere. Poi aggiornarsi non è semplice durante il campionato. Ma studiare è anche guardare gli altri: campionato,  Eurolega, Nba. E soprattutto porsi sempre domande”.

È cambiato il lavoro negli ultimi anni?

“Il Covid ha modificato alcuni rapporti, la tecnologia facilita. I clinic online, YouTube, magari manca un po’ di relazione”.

Montegranaro le manca un po’?

“Casa è sempre casa, è famiglia, amici, un tetto sicuro. È la mia comfort zone. Ma fare questo mestiere ad alto livello significa muoversi e mettersi in gioco. Scafati dopo un anno sta diventando una seconda famiglia, un popolo molto accogliente e caloroso. La distanza si sente meno. Poi approfitto delle occasioni”:

e poi i colori non cambiano…

“Un valore aggiunto. Pensate che Scafati e Sutor arrivarono in A insieme, deve essere un segno”.

Come lo vede questo campionato?

“Un po’presto per analizzarlo. A parte Milano e Bologna, che saranno segnate dal doppio turno di Eurolega, c’è una buona fascia. Penso a Venezia, squadra con grande fisicità. Poi ci sono i colpi improvvisi, come quelli di Napoli. Credo che ci sarà poca differenza tra play off e salvezza. Squadra sorpresa? Sono convinto che Reggio-Emilia farà una grande stagione”.

L’obiettivo di Scafati? “Salvarsi più tranquillamente, senza smettere di guardare in alto”.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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