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Marche gialle, riaperti 10mila tra bar e ristoranti. Acquaroli: "Attenzione, rispettiamo le regole o il Natale è a rischio"

6 Dicembre 2020

FERMO – Gialli, ma non per diritto divino ma risultati conseguiti. Per cui, il primo compito di ogni cittadino è rispettare le norme per non tornare indietro e rivedere l’arancione davanti agli occhi con tutte le limitazioni che comporta.

“Raccomando la massima attenzione, perché ciò che faremo da oggi fino al prossimo sabato sarà quello su cui saremo valutati e che stabilirà se, in base alle regole del vigente Dpcm la settimana di Natale saremo gialli, arancioni o rossi” spiega il presidente della regione Marche, Francesco Acquaroli.

I numeri di oggi son più o meno stabili, poco meno di un tampone su 5 è positivo: nelle ultime 24ore sono stati testati 3.792 tamponi, 2.424 nel percorso nuove diagnosi (di cui 706 nello screening con percorso Antigenico) e 1.368 nel percorso guariti. I positivi sono 443 nel percorso nuove diagnosi (82 in provincia di Macerata, 115 in provincia di Ancona, 92 in provincia di Pesaro Urbino, 63 in provincia di Fermo, 57 in provincia di Ascoli Piceno e 34 da fuori regione).

Essere gialli ha un impatto enorme sul settore della ristorazione, in modo particolare. Nelle cinque regioni, tra cui le Marche, che hanno cambiato colore hanno riaperto 72.000 tra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi. Lo indica un'analisi della Coldiretti. Sono comunque ancora circa la metà (47%) gli esercizi commerciali di questo tipo chiusi in Italia, nelle zone rosse e arancioni, per un totale di circa 170.000 locali.

“Le riaperture più recenti – spiega la Coldiretti - sono avvenute soprattutto in Emilia Romagna (quasi 27.000), seguita da e Puglia (oltre 21.000), Marche (quasi 10.000), Friuli Venezia Giulia (quasi 8.000) e Umbria (oltre 6.000)”.

La situazione resta drammatica: “A pesare è anche la decisione di blindare gli italiani in questi giorni nel proprio Comune, che mette ko soprattutto le oltre 24.000 strutture agrituristiche nazionali”.

Il taglio delle spese di fine anno a tavola, inoltre, “rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani fuori casa, che nel 2020 scendono al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea”.

E se la gente non mangia al ristorante, il ristoratore non compra e il produttore non vende: “Le limitazioni alle attività di impresa devono prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l'economia e l'occupazione, con un piano strategico nazionale per salvare le imprese e garantire la sovranità alimentare del Paese”.

@raffaelevitali

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