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"Londra ama il made in Italy, ma non è facile". Ecco come fare: Rossodisera come hub logistico, Tipicità e Camera di commercio per i servizi

30 Gennaio 2023

di Raffaele VItali

LONDRA – Alessandro Belluzzo, presidente della Camera di Commercio italiana, che ha 500 soci, a Londra apre le porte agli imprenditori marchigiani accompagnati da Tipicità. “Tramite il segretario generale della Camera di Commercio a Dubai, ci ha meso in contatto con il presidente Belluzzo. Questo fa Tipicità” spiega Alberto Monachesi che ha guidato con Angelo Serri una corposa delegazione di imprenditori, e istituzioni con il sindaco di Fermo Calcinaro in testa, a Londra usando come hub il ristorante marchigiano Rossodisera.

“Il nostro compito è favorire il business in un Paese sempre aperto. Dopo la Brexit le opportunità non mancano. Se uno crede al mercato, deve investirci di più, le barriere ci sono. Quello che spiego è che UK serve per il mercato interno, ma soprattutto per entrare in un hub internazionale. Ma bisogna voler investire” esordisce Belluzzo.

Ci sono tre motivi per cui investire: “È il più vicino dei grandi Paesi, è già conosciuto e ha relazioni con l’Italia ancora migliori dopo la Brexit. Abbiamo relazioni migliori di altri paesi europei”. Il punto è come essere presenti visto che “è cambiato l’approccio e alcuni settori sono diventati più importanti. Se andate a King Cross trovate la nuova Silicon Valley, il tutto in 15 anni. Quindi ci sono opportunità legate a un paese internazionale vicino a casa”.

Da non trascurare i legami con le Università e la presenza del rettore di Macerata è un aspetto importante della missione. “Anche la cultura, la formazione, può essere un canale per il mercato” ricorda Monachesi.  La camera di commercio ha sede a Londra, Edimburgo e Manchester con personale bilingue specializzato diviso tra dipartimento commerciale, di membership e innovazione con start up e nuovi business.

È nata nel 1886, è una delle più longeve al mondo, è privata e senza scopo di lucro e supporta la comunità imprenditoriale italiana con l’obiettivo di legarla a quella inglese. “Tanti i servizi offerti per l’internazionalizzazione delle imprese, danno anche assistenza su misura pre chi vuole entrare nel mercato britannico, ricercando anche i partner commerciali” sottolinea Belluzzo.

Ma ha senso per un piccolo imprenditore, magari dell’agroalimentare, investire su Londra? È necessaria una promozione importante per far capire la qualità. Spesso – riprende Giacomo – aiutiamo l’impresa attraverso eventi mirati. Con il vino è capitato più volte. Il primo canale è appoggiarsi a un ristorante, aa un locale in cui far testare i prodotti, spiegandoli con cura. Solo che per farlo a Londra servono tani soldi. Dai documenti alla assistenza logistica, magari un importatore con base in Uk, e tanta promozione: ecco gli step necessari”.

Per questo ci sono due aiuti: il primo è dato dall’iscrizione alla Camera londinese, quota base 600 euro, che garantisce così un supporto e l’ingresso nella rete dei soci; il secondo è invece proprio in retroscena: “Il buyer inglese – chiariscono i vertici camerali di Londra – amano ad esempio cucinare insieme con il produttore. La presenza del ristorante marchigiano è un grosso vantaggio. I titolari possono spiegare il prodotto e portare quel know how che l’inglese cerca prima di comprare qualcosa”. Insomma, la missione di Tipicità e l’idea di fare del ristorante guidato da Igor Iacopini insieme coni suoi tre soci, ha senso.

Entrando nei numeri, che sono quelli che interessano insieme con i pro e contro la delegazione marchigiana, emerge un Pese che si sta riprendendo. “Sesta economia al mondo e seconda in Europa dopo la Germania. Una disoccupazione bassa, 3,7%, ma una inflazione al 10,5%. Il Pil è di 2580 miliardi di sterline ed è legato per l’1% all’agricoltura, il 79% ai servizi e il 20% all’industria.

Cosa chiedono le aziende italiane che suonano il campanello a due passi da Regent Street, cuore dello shopping della capitale? Aiuto e informazioni sul mercato britannico prima di un investimento. “Ci sono numerosi punti di forza: primo mercato in Europa per investimenti stranieri e terzo nel mondo. Efficiente rete di trasporti, aeroporti e porti. Burocrazia semplificata per gli investitori, tassa al 19%. Il post Brexit ha cambiato molti passaggi, tutto più complicato, ma qui c’è grande disponibilità di forza lavoro e una facilitazione linguistica. Sia chiaro, però, che per lavorare a Londra bisogna sapere l’inglese e si devono rispettare i tempi di consegna”.

C’è poi tutto un mondo legato all’e-commerce: “Il regno Unito è il terzo paese al mondo e primo in Europa per il commercio elettronico: l’86% della popolazione acquista online, settore che occupa il 28% del mercato. Ci sono tutti i marketplace, da Amazon ad Alibaba, da Zalando ad Asos. Si stima che nel 2028 le vendite online batteranno le vendite fisiche.

Sempre, però, aleggia la Brexit su tutto, anche se è tornata in discussione all’interno del Parlamento inglese. “Più complicati sono i contratti, i regolamenti europei ora vanno rianalizzati. Se esportavo prima in Uk, ora il contratto va rivisto e riconsiderato”. E poi c’è l’aspetto doganale e di logistica. “Nuovi controlli e così spesso merci ferme in dogana e per questo ci contattano: Quasi sempre è colpa di una non preparazione dell’azienda”. Diversa ora è l’etichettatura e i vari Dop e Igp valgono solo per i prodotti che già erano certificati prima della Brexit”.

Nonostante tutto, per l’Italia la Gran Bretagna è il sesto mercato. Tra i prodotti più esportati ci sono i mezzi di trasporto, macchinari, prodotti alimentari e bevande, prodotti tessili e scarpe (1,69mliardi nel 2021), metalli di base e altra manifattura.

“Il punto di forza è il made in Italy, perché racconta una storia e significa eccellenza e design. Ma è anche percepito come debolezza perché sinonimo di ‘costoso’. Questo facilita i concorrenti dello stesso settore con prezzi inferiori. Altro punto di debolezza è il fenomeno dell’Italian sounding, il falso che parte dal ‘parmisan’ e arriva ai prosciutti, che vanno raccontati e fatti comprendere per dare un senso al prezzo”.

I settori più competitivi restano agroalimentare, moda, edilizia e meccanica di precisione, mentre quelli in crescita sono i tecnologici: intelligenza artificiale, robotica, realtà virtuale e mobilità. Dall’Italia arrivano principalmente, per stare all’agroalimentare caro a Tipicità, formaggi, vini, pomodori e pasta di semola. Il Regno unito importa materie prime fino aall’80%.

“Il mercato è saturo e molto competitivo, per questo il piccolo produttore deve essere preparato e deve sapere che deve investire molto all’inizio per promuoversi” conclude Giacomo ribadendo che Rossodisera può davvero essere, insieme con la Camera di Commercio italiana Londra, un vero aito a chi crede nel regno di Carlo.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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