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La globalizzazione locale che fa grande il Fermano. Dal modello Civitanavi alla mancata Zes: strategie e competenze

12 Ottobre 2023

di Raffaele Vitali

FERMO – La provincia di Fermo è una delle più internazionalizzate d’Italia. Ma sta emergendo sempre più la consapevolezza del ruolo del territorio, del local, come punto di forza. Di questo hanno parlato i vertici economici di Confindustria e Cna, chiamati a raccolta dal Lions di Fermo e Porto San Giorgio, insieme con un imprenditore che sta volando, anche per la tecnologia che produce, Andra Pizzarulli, e un professore dell’università di Macerata, Giuseppe Rivetti.

“Non possiamo trovarci impreparati di fronte ai cambiamenti del mercato e per farlo dobbiamo puntare su formazione, accesso al credito, costo del lavoro, favorire i processi di digitalizzazioni una minor burocrazia. Servono poi innovazione e competitività, senza dimenticare la sostenibilità e il capitale umano” ha ricordato Andre Caranfa, direttore Cna Fermo. Avrebbe voluto dire la sua anche Roberto Cardinali, presidente di Confindustria Marche, ma dall’India dove è impegnato con la sua azienda, era complicato.

E così ci ha pensato  Fabrizio Luciani, presidente di Confindustria Fermo: “Il 24,2% del Pil marchigiano arriva dalla manifattura. Ci sono 19 distretti attivi. Siamo la prima regione manifatturiera in Europa in rapporto agli abitanti. Per noi la manifattura è determinante, ma non ci possiamo fermare. Servono investimenti in particolare verso industria 4.0 e 5.0 che punta su sostenibilità ambientale, formazione e valorizzazione del capitale umano aziendale”.

Idee quindi non mancano, servono le risorse. “La globalizzazione ci impone di alzare lo sguardo, analizzare contesti apparentemente lontani. Fondamentale è però rimanere legati al territorio, anche per superare la crisi stessa della globalizzazione. Le radici sono un valore aggiunto, ma il sistema tributario è un problema. In Europa non c’è armonia fiscale, di qui la Fiat che da Torino va in Olanda con sede a Londra. Marchionne, al tempo spiegò banalmente: pago meno tasse a Londra, 22% contro il 60% dell’Italia. E così le imprese si trasferiscono e al contempo non ne attraiamo. La sfida – spiega Rivetti - è creare armonie per evitare che ci siano palazzi con 2812 aziende, senza persone perché ci sono solo sedi legali per vantaggi fiscali. Se non armonizziamo, implodiamo. Non si può usare la tassazione per attirare lavoro”.

Eppure è così, ora anche in Italia. Come ricorda Doriana Marini, presidente Cna Federmoda, e come chiarisce lo stesso docente universitario: “Siamo di fronte a un dumping regionale. Se un’azienda di san Benedetto del Tronto per fare un esempio, cambia la sede fiscale e la porta a Teramo, pochi chilometri, ha indubbi vantaggi perché l’Abruzzo fa parte della Zes in cui trovo agevolazioni fiscali, decontribuzione e semplificazione amministrativa”.

Come difendersi? Se non si può entrare in una Zes, almeno che ci siano misure che impediscano trasferimento tra regioni confinanti. “Lo ribadisco, l’esclusione dalla Zes è stata una doccia fredda. Noi abbiamo una filiera integrata che ci rende ancora attrattivi, ma per quanto?” ribadisce la Marini.

Non tutti avranno la forza di Pizzarulli e della sua Civitanavi Systems, che ha investito su Pedaso, e ora sta realizzando la nuova azienda vicino al casello di Porto Sant’Elpidio. Un piano di sviluppo chiaro, frutto della sua esperienza di ingegnere laureato in Ancona, cresciuto in California, testato in aziende di settore, come la Gem, e poi affermatosi con il suo progetto che lo ha reso un player mondiale.

Grazie a tecnologie semplici e fondamentali. “Cosa facciamo? Ognuno di noi in tasca ha un sistema inerziale, lo è il cellulare pensando al cambio di schermo da orizzontale e verticale. Noi misuriamo e troviamo l'assetto di una nave, di un missile o di un satellite. E lo facciamo sotto terra, sotto l'acqua, nel cielo e nello spazio. Garantiamo posizioni anche quando il GPS manca o quando ci sono campi magnetici che mandano in difficoltà i sistemi”.

Ha scelto Pedaso dopo essere tornato nel suo garage, dopo ver lasciato la California, ”perché era assurdo farsi spedire il ciauscolo per sentirsi a casa”. Ha capito che nelle Marche c’era tutto il necessario: “Siamo pieni di talenti, volevo inventare e non solo innovare. Per farlo servono tecnologia e capitale umano. Oggi fatturiamo 35 milioni, siamo piccolissimi per il settore in cui ci muoviamo, ma siamo anche in crescita del 30% annuo da tempo. Questo ci ha resi concorrenti in un mercato globalizzato” prosegue Pizzarulli.

C’era un buco nel mondo dell0aerospazio, della difesa, e Civitanavi ha saputo colmarlo e trovare così partnership coni colossi che non avevano saputo inventare il pezzo mancante. “Nel 2012 l’azienda ero io, oggi siamo tanti: aver creato il team dentro e fuori l’azienda è la mia più grande soddisfazione”.

Passo passo è arrivato alla quotazione in Borsa. “Avevamo un business totalmente internazionale, oggi l’Italia vale un 10-15%. Assumiamo e formiamo ingegneri in zona, espandendoci dove necessario. Cerchiamo di formare il personale e cerchiamo di costruire una filiera molto locale, così no disperdiamo le conoscenze”.

Ecco il segreto di Civitanavi Systems: “Competenze e tecnologia locale, poi partnership internazionali che ci premettono di essere parte anche di uno dei più grandi progetti, la costruzione dell’Eurofighter, il nuovo aeroplano militare di quarta generazione”. Poteva lavorare a  Milano, Londra, ovunque, ma ha scelto Pedaso “L’Italia è un valore aggiunto, come la qualità della vita attorno al lavoro” conclude Pizzarulli.

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