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Intervista. Paolo Gentiloni: "Europa, inizio non all'altezza. Ora strumenti utili, nessun Paese si salva da solo"

2 Aprile 2020

Paolo Gentiloni è originario delle Marche, terra di resilienza, lavoro e ottimismo. Ma è un romano doc. Ha scalato i vertici della politica nazionale, fino al ruolo di premier, per poi venire scelto a livello europeo per ricoprire uno degli ambiti posti di commissario. Oggi guida gli Affari Economici dell’Unione Europea e in una interessante intervista rilasciata a Sky Tg 24 spiega quello che l’Europa non ha fatto, sta facendo e farà per restare la casa comune degli Stati. Parole importanti in questo momento in cui, in troppi, chiedono la testa dell’Europa credendo che stare da soli sia meglio.

Gentiloni, secondo lei l’Europa ha fatto poco fino a ora?

“La Bce ha messo in piedi un piano che garantisce stabilità. E poi è arrivata la Commissione: sospeso il patto di stabilità, modificato le regole sugli aiuti di stato e varato il piano Sure. Poi capisco che in molti paesi europei le divisioni che si sono manifestate tra i vari stati, che non hanno consentito altre decisioni importanti, fanno apparire l’Europa inadeguata”.

Rischio che progetto europeo fallisca?

“Chiaro che se di fronte alla più grave crisi dalla seconda guerra mondiale la risposta non fosse all’altezza, sarebbe molto difficile continuare a sperare e sognare in u progetto europeo”.

Ma.

“Vedo che la consapevolezza, del fatto che sia una crisi senza precedenti e da cui non si esce con vincitori e vinti ma tutti insieme, del fatto che non ci sono singoli paesi, ma tutti in difficoltà, gradualmente si sta affermando. Mi auguro che le divisioni alle quali abbiamo assistito anche tra i ministri economici possano essere superate”.

Parliamo della cassa integrazione europea, 100miliardi, primo passo verso i corona bond?

“Un primo esempio molto importante del fatto che è possibile prendere azioni comuni e del fatto che non possiamo affidare la soluzione da una parte alle scelte di politica monetaria e dall’altra a ogni singolo paese. Ci vogliono delle risposte comuni. Unica possibile? Certamente no, è un primo passo molto importante. Si rivolge a uno dei problemi cardine, quello delle difficoltà aziendali, grandi medie e piccole imprese che sono costrette a chiudere per l’emergenza. Non possiamo arrivare al rischio del posto di lavoro per i dipendenti. Uno strumento di questo genere, che in Italia chiamiamo cassaintegrazione, viene supportato da 100miliardi di iniziativa comune”.

Il Mes può essere usato senza rischi futuri per le verifiche europee?

“È nato in un’altra epoca storica, in una crisi di origine finanziaria che investiva solo alcuni Paesi. Aveva dei programmi di sorveglianza. Questo strumento è completamente inadeguato. Se le condizionalità fossero invece modificate, questo strumento che ha un patrimonio importante potrebbe essere considerato in una luce diversa”.

Quale è la priorità?

“Oggi ci serve garantire liquidità alle imprese. Serve uno strumento europeo, penso alla Bei: ricapitalizziamola e mettiamola in condizione di dare uno scudo protettivo alle imprese, in particolare alle Pmi in crisi di liquidità. E poi abbiamo bisogno di un piano di rinascita con un fondo comune, come proposto dal Governo francese. Usciamo dalla discussione che ci ha intrappolato negli ultimi dieci anni tra chi ha alto debito e chi ha surplus di bilancio. Oggi il mondo è diverso, serve un impegno comune”.

Sospendere il patto di stabilità è stata la strada iniziale, quali le condizioni per il ripristino?

“Spero che venga rispristinato il prima possibile, significherebbe ritorno alla normalità. Ma nel cassetto abbiamo anche una revisione di quelle regole dei tempi normali. Non possiamo immaginare in questo momento che i diversi stati europei non possano investire, spendere, venire incontro alle esigenze di crisi ed emergenza dei loro cittadini. Paesi con alto debito e con alto surplus devono insieme lavorare per fronteggiare l’emergenza”.

Solo un italiano su 4 ha fiducia nell’Ue, cosa dice agli altri tre?

“C’è una diffidenza comprensibile quando si vedono divisioni. Ma ora noi riusciamo a cavarcela solo in un contesto europeo. Un singolo paese, anche il più forte e ricco, senza la moneta unica, senza la Bce, senza il mercato unico e senza a tutto quello che ha portato alla libertà di movimento, non andrebbe lontano. Non vale solo per chi è in difficoltà, vale anche per i più ricchi. Da soli non si esce”.

Quindi?

“Gradualmente le istituzioni europee si riconquisteranno sul campo i cittadini”.

@raffaelevitali

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