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Intervista. Beppe Carletti e i Nomadi a Porto Sant'Elpidio: "Siamo senza tempo, vi svelo i segreti del nostro successo"

1 Agosto 2021

di Chiara Fermani

PORTO SANT’ELPIDIO – Save the date, dicono gli inglesi: martedì 10 agosto, notte delle stelle cadenti, salirà sul palco dell'ex Orfeo Serafini, per la rassegna Porto Sant’Elpidio “La città dell’estate”, la storica band dei Nomadi. Altro che meteore, brillano nel firmamento della musica italiana dal 1963, anno della prima esibizione. Dopo i Rolling Stones, sono il gruppo più longevo al mondo, quello dell'indimenticabile Augusto Daolio, loro faro da sempre, e Beppe Carletti, indiscussa colonna portante e anima della band, dalla sua nascita ad oggi. E proprio Beppe Carletti svela i segreti del loro successo.

Carletti, domanda di rito: siete la band più longeva in Italia, qual è il segreto?

“Non c'è un segreto, noi siamo tutto quello che si vede e quello che si sente, anche se sono cambiate molte persone da quando abbiamo iniziato insieme ad Augusto, però tutti quelli che sono stati nei Nomadi, e ci sono tutt'ora, sono Nomadi”.

Forse il segreto sta nella vostra musica che va oltre ogni cambiamento?

“Esatto, il segreto sono le canzoni, che giudico eterne. Abbiano interpretato “Noi non ci saremo” di Guccini quando Guccini non era nessuno e l'abbiamo fatta nostra, “Io vagabondo” ha quasi cinquant'anni e la cantano ancora tutti”.

Soffermiamoci su questo “tutti” che è un altro grosso pregio dei Nomadi, quello di attirare da sempre generazioni diverse, giusto?

“Abbiamo un pubblico trasversale, chiaramente non abbiamo un certo tipo di giovani, che ascoltano un altro tipo di musica, però abbiamo tutti quei giovani che ricercano una musica autentica”.

Ricordo un vostro concerto, i vostri camper che sapevano di vita vissuta, con vasi di fiori e altri oggetti che ricordavano una vera casa, è ancora così?

“Se le location dei concerti ce lo permettono, assolutamente sì: siamo nomadi a tutti gli effetti, ma siamo nomadi con radici, che è molto importante”.

Che poi lockdown e Nomadi sembra quasi un ossimoro, no?

“E' vero, per noi, ma soprattutto per me che vado sui palchi dal 1963, è stato un periodo veramente difficile e inaspettato, prima di questi ultimi due anni, ci fermammo solo qualche mese per la morte di Augusto, però questo periodo ci ha portato il nuovo album. Nessun ristorante, solo lavoro e pranzi da asporto, abbiamo vissuto in sala di registrazione e ci siamo anche divertiti molto. Una bella esperienza. Siamo convinti che sia uno degli album più belli che abbiamo fatto”.

“Solo esseri umani”, questo il titolo del vostro ultimo album, è figlio del lockdown anche nei contenuti?

“Senza dubbio. Si parla di amore, di vita, c'è un po' di tutto, anche una canzone dedicata ad Augusto, dopo 28 anni dalla sua scomparsa, si chiama “Il segno del fuoriclasse”. C'è poi il brano che dà nome all'album fatto con Enzo Iacchetti. Diciamo che sono tutte canzoni alla “Nomadi” per eccellenza”.

Cosa c'è da aspettarsi dal live a Porto Sant'Elpidio?

“Sicuramente i brani del nuovo disco e poi la storia, la storia è indispensabile, anche se sono passati tanti anni, sono tutte canzoni che suono ancora con piacere e quando vedi che brani di cinquanta anni fa, vengono recepiti nel modo giusto, specialmente per me che sono da sempre nei Nomadi, è sempre un'emozione unica”. 

È come se questi concerti, dopo lo stop, siano una sorta di rinascita?

“Esatto è proprio così, vedi la gente con la mascherina, ma che sorride con gli occhi, senti la loro voce e queste sono cose che ti danno carica, energia nuova. Io sono sempre positivo e speranzoso e lo stesso cerchiamo di mettere sempre nelle nostre canzoni. Forse il segreto è questo”.

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