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Intervista al primario Valentino. "Pronto soccorso, 100 pazienti al giorno e mancano 20 medici. Grinta? Risolve problemi"

28 Settembre 2021

di Francesca Pasquali

FERMO - Si muove svelto nei corridoi. Il passo deciso di chi conosce la strada. Qua e là, i pazienti aspettano. Chi con una gamba ingessata, chi con il ghiaccio sulla testa. «Passiamo di qua che è “pulito”», dice Alessandro Valentino. Significa che è il percorso per chi non ha il Covid. Ma, tra poco, le cose cambieranno, spiega il primario del Pronto soccorso del “Murri”. Con l'arrivo della Tac, a metà ottobre, gli spazi saranno ridisegnati.

Dottore come vanno le cose?

«Abbiamo circa cento accessi al giorno, di cui pochissimi Covid, uno o due al giorno. Perciò, stiamo ragionando per rivedere i turni di lavoro dei medici, per potenziare maggiormente l'area non Covid».

E l'organico?

«Sempre molto al di sotto. Quello completo va da 19 a 22 medici. Noi ne abbiamo cinque, più il direttore (lui, ndr). Al 118 sono 12, sei dipendenti e sei convenzionati, con un deficit di 11. Ci sono due dottoresse di Medicina che garantiscono un paio di turni al mese e arriverà un medico dal Pronto soccorso di San Benedetto che ha chiesto il trasferimento. Ma per il resto, purtroppo, non sono previsti ulteriori inserimenti».

Poi c'è la cooperativa.

«Gestisce circa il 75% dei turni. Hanno assunto nuovi medici e ci stanno dando una grossa mano».

Ma c'è chi si lamenta perché qualcuno non parla italiano...

«C'è un medico iraniano che si fa ben capire. Il fatto è che gran parte dei pazienti che arrivano in pronto soccorso sono anziani e, quando si trovano davanti un medico non italiano, hanno qualche perplessità».

Perché è tanto difficile trovare medici di pronto soccorso?

«Non si trovano e, per convincere quelli che ci sono a spostarsi, bisogna essere attrattivi. Regioni confinanti con le Marche, di recente, hanno fatto i concorsi. Sono andati quasi deserti. Quelli che hanno partecipato erano perlopiù specializzandi che non possono essere assunti».

L'altro grosso problema è l'attesa. L'assessore regionale alla Sanità, Filippo Saltamartini, dice che va risolto subito e che aiuterebbe far assumere i medici di famiglia dal Sistema sanitario nazionale.

«Quella degli accessi impropri in pronto soccorso è una caratteristica comune a tutto il territorio nazionale. In altri Stati, o accedi tramite ambulanza o non accedi. Da noi è diverso ed è logico che accada quello che accade. Infatti, la maggior parte dei codici che arrivano è di bassa gravità. Bisognerebbe educare a un corretto uso del pronto soccorso, anche perché, nei giorni di sovraffollamento, il rischio di contrarre il Covid è maggiore».

Lei a Fermo è arrivato il 1° marzo. Un bilancio di questi primi sette mesi?

«Ho finito il periodo di aspettativa e non ho mai pensato di andarmene da qua. Mi sono trovato e mi trovo molto bene. Questo è un pronto soccorso dove è molto stimolante lavorare. C'è tanto da fare e i problemi sono tanti, ma tutti cerchiamo di lavorare col massimo dell'entusiasmo».

È il nuovo ospedale che l'ha convinta a restare?

«Sicuramente è attrattivo. Sarà ricco di tecnologia, con la prospettiva dell'Emodinamica e della Radiologia interventistica, tecnologie che aiutano molto il pronto soccorso. Ma servirà tanto personale per farlo funzionare».

Il 12 aprile s'è dimesso Livini. Poi la reggenza Storti. Adesso Grinta. Mesi caotici?

«Con Grinta siamo in sintonia. Ci ha aiutato a risolvere i problemi dei posti letto. Insieme, stiamo lavorando con il direttore della Scuola di specializzazione di Medicina di emergenza-urgenza di Ancona. Essere entrati nella rete formativa è un implicito riconoscimento al lavoro fatto. Adesso, abbiamo due specializzandi. Stiamo cercando di raddoppiarli e studiando il modo per assumerli, ma serve il benestare della Regione».

 Sarà un altro autunno caldo?

«La prospettiva è di avere un'arma potente, che è il vaccino. L'85% dei pazienti ricoverati in ospedale non è vaccinato. Se questi sono i numeri con i vaccini, chissà che numeri avremmo avuto senza. Quest'estate c'è stata tanta libertà, ma lo sviluppo delle varianti non è dovuto al vaccino. È il virus che ha la capacità di mutare. Anche per questo, dobbiamo convincere gli indecisi a vaccinarsi».

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