FERMO – Interruzione di gravidanza, benvenuti nel Medioevo di Fermo. Il 14esimo punto del consiglio comunale sull’applicazione della delibera AIFA, era atteso. Di certo dalle 20 donne guidate da Gaia Capponi e Sabrina Isidori che fuori dal palazzo dei Priori erano pronte a entrare per ascoltare la discussione.
Peccato che mentre loro entravano, una serie di consiglieri, e due consigliere (Mariani e Remoli out) su tre (Perticari in), di maggioranza lasciavano l’assise. C’è stato anche chi si è fermato sul cancelletto, quel dentro fuori che fino alla votazione non lasciava chiarezza, ma quando all’appello il consigliere di maggioranza non ha risposto è stato tutto chiaro: niente numero legale, tutto rinviato.
Il votare secondo coscienza che spesso il sindaco ha sottolineato parlando delle differenze del suo team civico-politico, questa volta frana e lascia sul pavimento, oltre all'amrezza dello stessoCalcinaro, una serie di cocci che potrebebro portare anche all'uscita di una delle liste principali dalla stessa maggioranza.
Finisce così la discussione sulla mozione presentata da Nicola Pascucci, che rappresenta la lista di maggioranza più critica nei confronti dell’amministrazione Calcinaro, ‘La città che vogliamo’.
LA MOZIONE
Era una mozione molto articolata, ma semplice e chiara e riguarda “l’applicazione della delibera AIFA in materia di accesso all’IVG farmacologico nelle Marche, il potenziamento dei consultori pubblici e la piena applicazione della Legge 194”. Una riflessione sui consultori e sull’utilizzo di farmaci in primis.
Nel dettaglio, richiamata la Costituzione e sentenze della Consulta sul diritto alla salute e all’autodeterminazione, entra il consigliere che parte dal ruolo chiave dei consultori all’interno del percorso previsto dalla legge 194/1978. “Secondo i dati del 2022, il 43,9% dei certificati per IVG viene rilasciato dai consultori, dimostrando l’importanza di questi presidi territoriali.
Serve però un adeguamento vista la nota del Consiglio Superiore di Sanità, che ha palato di 9 settimane per l’Ivg farmacologico, e la raccomandazione della Società scientifiche di ginecologia e ostetricia italiane (SIGO, AOGOI, AGUI, in collaborazione con AGITE), che si basa sulle più recenti evidenze scientifiche e sulle migliori pratiche cliniche internazionali, con l’obiettivo di fornire un approccio uniforme e di alta qualità in tutti i punti nascita ed i consultori italiani e di promuovere l’aggiornamento continuo dei professionisti sanitari al fine di tutelare il benessere fisico e psicologico delle pazienti”.
Questo, stando alla mozione, non avviene nelle Marche e ancora meno avviene a Fermo, dove da poco tempo è presente un medico non obiettore. “La Regione Marche presenta un tasso di migrazione per IVG fuori provincia del 18%, fuori regione dell’11,3%, molto superiore alla media del Centro Italia (4,5%), dovuto principalmente alla limitata accessibilità all’IVG farmacologica.
Spesso le donne marchigiane si recano in Abruzzo, Toscana e Lazio per accedere a questo servizio, aumentando i disagi, i costi sia personali che pubblici, i rischi di ritardo nell’accesso alla RU486 con relativo potenziale aumento di complicanze per la salute della donna” spiega.
Ma non solo. “L’elevato numero di obiettori di coscienza nella Regione Marche (71% tra i ginecologi, secondo i dati pubblicati nel 2023 dal Ministero della Salute, riferiti al 2020) rappresenta un ulteriore ostacolo per l’accesso all’IVG. Come evidenziato nel rapporto ARS Marche, dei 66 consultori presenti, solo 25 rilasciano il certificato per IVG e 26 offrono il supporto pre-IVG. Questo dato, in contrasto con quanto previsto dalla legge 194/78, evidenzia una situazione di scarsa copertura e assistenza sul territorio”.
A questo si aggiunge la lunghezza dei tempi di autorizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza con aumento dei rischi e perfino dei costi per il sistema sanitario, si parla di circa € 1500 per l’intervento chirurgico, contro i circa € 700 per l’aborto farmacologico.
Di fronte a questo quadro, Pascucci chiedeva una cosa semplice ai consiglieri e al sindaco, che non è intervenuto nelal discussione: “Sollecitare la Giunta Regionale a garantire piena conformità alle linee di indirizzo ministeriali del 2020 e le raccomandazioni delle società scientifiche del 2024 sull’uso della RU486 oltre la settima settimana, permettendo l’accesso alla procedura farmacologica presso i consultori in de-ospedalizzazione; contrastare l’ingresso di soggetti non qualificati e con finalità antiabortiste nei consultori pubblici, proteggendo la laicità delle istituzioni sanitarie e garantendo il diritto di autodeterminazione delle donne come sancito dalla legge 194/78 e dalla giurisprudenza internazionale.
E poi far recepire che in base alla Legge 194/78 qualsiasi medico (ginecologo privato, del consultorio, ospedaliero, medico di base) può rilasciare il certificato necessario per accedere all’IVG, anche con urgenza, senza l’attesa dei 7 gg previsti dalla legge stessa; impegnarsi a diramare una linea guida regionale da inviare ai dirigenti in modo da garantire la piena applicabilità dell’IVG farmacologico, (secondo l’articolo 15 della 194 la Regione ha un ruolo di garante) con i protocolli esecutivi e il sollecito dell’aggiornamento ai sanitari riguardo alle tecniche utilizzate secondo il principio di appropriatezza del servizio”.
IL DIBATTITO
La maggioranza si è spaccata e ha scelto tre strade diverse: la prima è stata abbandonare l’aula, evitare quindi di doverci mettere la faccia; la seconda è stata contestare la mozione; la terza invece supportare quanto chiesto da Pascucci e firmatari.
Motivazioni diverse tra oro. Ci sono state quelle mediche del dottor Acito, che ha parlato dei poaaibili rischi dell’Ivg, “con il farmaco che vede ridursi l'efficacia se usato dopo le sette settimane e quindi è bene valutare caso per caso”, a quelle assicurative di Lucci che ha citato gli Stati Uniti e la richiesta danni al sistema sanitario da parte di chi l’ha utilizzata. Per poi arrivare alla tutela maschile delle “nostre donne” usata da più consiglieri che hanno fatto rumoreggiare le donne in sala, per chiudere supportando la presenza delle associazioni Pro Vita nei consultori.
A rumoreggiare le donne in sala, visto che di quelle in consiglio non è dato sapere il pensiero. In questo contesto si è distinto Borraccini, che ha supportato la mozione, seguendo il Compagno di banco Pascucci, e con lui Candidori che ha parlato “di rispetto della legge pur capendo chi è contrario”. Per la giunta ha parlato Lanzidei che ha promesso “un vademecum sugli step da seguire che sta preparando la Commissione Pari Opportunità”. A favore la minoranza, da Interlenghi a Nicolai passando per i 5 Stelle e Morroni.
Non è bastata, perché il lento peregrinare fuori dal consiglio comunale dei consiglieri di maggioranza ha annullato tutto, abile regista il consigliere Bargoni che ha chiesto il riconteggio e ha fatto saltare il numero legale.
“La maggioranza ha fatto mancare il numero legale su una mozione presentata da un loro stesso capogruppo di 'Fermo La città che vogliamo'. E dire che molti gruppi di opposizione avevano sottoscritto lo stesso atto ed avevamo espresso ovviamene parere favorevole al voto. Certamente era un punto dove la libertà di coscienza (anche se credo che l’applicazione di una legge non dovrebbe creare sconvolgimenti) poteva si lasciare spazio a prese di posizioni diverse in seno alla stessa maggioranza ma l’astensione od il voto contrario potevano essere il giusto modo di comunicare il proprio dissenso, in virtù del fatto che molti consiglieri della stessa coalizione di governo cittadino avevano sottoscritto l’Odg.
Oramai credo che il civismo (di destra) nella nostra Fermo sia politicamente finito. Qualcuno dovrebbe prenderne atto” conclude il consigliere Dem Paolo Nicolai. Una brutta pagina, non la prima quando si parla di sociale e diritti, che sarebbe stato meglio chiudere con un voto contro, piuttosto che con l’ignavia. Ma forse è più facile parlare dei cassonetti dell’immondizia, come da 13esimo punto.
Resta l’amarezza, ma anche il messaggio politico alla ‘Città che vogliamo’ da parte dei colleghi di maggioranza ce si dimostrano abili nel gioco delle parti e nell’affondare azioni che possono andare a minare l’anima cattolica di destra di parte del consiglio comunale del capoluogo.