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Il dossier. Le donne dominano nei numeri: sono di più e sono più istruite ma non pesano. "Nelle Marche il 34% ha ruoli di peso"

17 Ottobre 2022

di Raffaele Vitali

FERMO – Il ruolo delle donne. Se ne parla, si ragiona, ma poi non è che la realtà cambi.

Sebbene le donne rappresentino la maggior percentuale della forza lavoro che opera ogni giorno nelle pubbliche amministrazioni italiane (1.907.795 contro 1.335.704 uomini) e siano quelle che detengono mediamente i titoli di studio più alti (laurea breve: 114.550 donne contro 43.376 uomini; laurea specialistica/magistrale: 691.771 donne contro 257.960 uomini; specializzazione post laurea: 50.931 donne contro 44.762 uomini e altri titoli post laurea 7.688 donne contro i 4.839 uomini), rappresentano poi nelle amministrazioni centrali e locali, una minoranza quando si guarda a chi siede al vertice delle organizzazioni.

Un mondo femminile a trazione maschile stando al dossier del Csel, Centro Studi Enti Locali, richiesto dall’Adnkronos. Csel prende le mosse dalle ''Linee guida sulla parità di genere nell'organizzazione e gestione del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni'', uno degli ultimi provvedimenti sui cui Elena Bonetti e Renato Brunetta, in qualità di Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia e ministro per la Pubblica amministrazione uscenti, hanno apposto la propria firma.

Sommando i dati di coloro che ricoprono ruoli apicali come direttori generali e dirigenti, emerge che le donne superano in numero i colleghi uomini in ambito sanitario (51%), dove sono però oltre il doppio rispetto ai colleghi uomini (454.373 dipendenti di sesso femminile e 210.313 di sesso maschile) e nel comparto istruzione e ricerca, dove le donne ai vertici sono il 67%. Questo in un mondo che però, si badi bene, è tinto di rosa in maniera assolutamente preponderante. Nelle scuole e nelle università italiane lavorano infatti 975.460 donne contro 284.142 uomini.

Nelle amministrazioni che rientrano sotto il cappello del comparto funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici come Inps, Aci e Inail) invece, a fronte di un numero di dipendenti donna pari al 54% del totale, i ruoli di maggiore prestigio e responsabilità sono ricoperti nel 54% dei casi dagli uomini. Il settore in cui lo squilibrio è in assoluto più forte è quello che raggruppa Regioni, Province, Città metropolitane, Enti di area vasta e Liberi consorzi comunali dove, sebbene le dipendenti siano il 56% del totale, solo il 37% ricopre incarichi dirigenziali.

I fattori di questa situazione sono diversi, inclusa la mancanza di autostima, stando a uno studio della Bocconi. Come reagire? Utilizzando il Pnrr per l'invio a strutturare dei bandi che preservino ''l'anonimato nella valutazione (blind recruitment) in tutte le fasi in cui questo non contravvenga alla funzionalità del procedimento''. Il sesso dei candidati dovrebbe essere conosciuto quindi il più tardi possibile (al momento della prova orale) in maniera tale che eventuali pregiudizi non condizionino le valutazioni degli elaborati prodotti negli step precedenti.

Stando alle linee guida dei due ormai ex ministri, inoltre, la minore propensione delle donne a candidarsi a ruoli di responsabilità è riconducibile, in buona parte dei casi, alla ''scarsa fiducia nella capacità dell'organizzazione di riconoscere esigenze di conciliazione specifiche che possono riguardare il rispetto della separazione tra tempo del lavoro e tempo per il privato, o la libertà sostanziale di gestire in maniera flessibile impegni e scadenze''.

Si potrebbe agire, secondo gli esperti, secondo due direttrici: come azione di ingaggio per la specifica esigenza, corredare il bando in oggetto con alcune specifiche informazioni relative alle misure che l'ente adotta per favorire l'inclusione delle donne nei ruoli di responsabilità; come azione di verifica e contenimento di un possibile comportamento organizzativo disfunzionale, attivare una ricognizione puntuale delle misure di aiuto adottate e di quelle che, invece, creano vincoli e ostacoli e del loro impatto. 

A livello di Regioni, le dipendenti donne superano in numero i colleghi uomini in 12 regioni su 20, ma non c'è una sola regione italiana in cui ricoprano il grosso dei ruoli di peso. Si va dal 27% del Molise al massimo dell'Emilia Romagna, in cui sono comunque ferme a quota 45% nonostante siano complessivamente in numero più che doppio rispetto agli uomini (26.073 contro 12.382). In mezzo, la Liguria (53%), il Trentino Alto Adige (42%), l'Abruzzo (41%), Lombardia, Valle d'Aosta e Friuli Venezia Giulia (39%), Sardegna e Lazio (37%), Calabria, Campania, Toscana, Piemonte e Umbria (36%), Marche e Puglia (34%), Basilicata (33%), Sicilia e Veneto (31%). 

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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