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Il caldo fa male alle api: la produzione di miele crollata del 60%. "Due barattoli su tre ormai vengono dall'estero"

27 Agosto 2022

FERMO – Il caldo non secca sol le piante e mette a rischio la salute delle persone, soprattutto anziani.

Fioriture estive bruciate dal caldo, distrutte dalla grandine e api allo stremo, costrette ad allungare i voli per trovare nutrimento. Il clima pazzo del 2022 ha tagliato quasi della metà la produzione di miele in Italia dove ci sono 1,5 milioni di alveari curati da circa 73mila apicoltori dei quali oltre 2 su 3 sono hobbisti che producono per l'autoconsumo.

In crescita la presenza di giovani con le aziende apicole condotte da under 35 che sono aumentate del 17% negli ultimi cinque anni secondo un'analisi Coldiretti su dati Unioncamere. "Nella nostra regione lavorano oltre 3.300 apicoltori con oltre 80mila alveari. Oltre il 10% degli apiari sono dedicati alla produzione biologica" aggiunge la presidente Gardoni.

Il primo bilancio della Coldiretti sul miele Made in Italy nel 2022 ha registrato un crollo del 40% rispetto al potenziale produttivo. Il risultato è una produzione Made in Italy intorno ai 13 milioni di chili, fra le più basse del decennio. La mappa italiana del miele stilata dalla Coldiretti evidenzia cali che vanno dal -15% della Calabria al -60% delle Marche, dal -50% di Lazio, Sardegna, Umbria, Abruzzo e Valle d'Aosta al -80% della Basilicata, crolli del 40% in Toscana, Sicilia e Molise e del 35% in Emilia Romagna e Puglia. Calabria e Campania limitano i danni con una perdita del 15%.

“Una situazione sulla quale hanno pesato in modo particolare le alte temperature e la mancanza di acqua con fioriture anticipate che - spiega la Coldiretti - hanno costretto gli apicoltori a partire prima verso le aree montane e a portare razioni di soccorso negli alveari già nei primi giorni di agosto. In Puglia le api sono state abbeverate artificialmente per non farle morire, con secchi d'acqua e galleggianti di sughero e polistirolo in modo che si dissetino senza affogare”. Altro problema son i costi: dai vasetti di vetro alle etichette, dai cartoni al gasolio.

In Italia si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all'anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. Il Belpaese però vince in biodiversità con più di 60 varietà da quelli Dop come il miele della Lunigiana, e il miele delle Dolomiti Bellunesi e il miele Varesino, fino a quelli speciali in barrique o aromatizzati, dal tiglio agli agrumi, dall'eucalipto all'acacia.

“Se cala la produzione italiana, cresce quella straniera, tanto che le importazioni sono cresciute del 18% nei primi cinque mesi del 2022 e che l'anno scorso hanno raggiunto i 24 milioni di chili di cui più della metà (14 milioni) da Ungheria, Romania e Ucraina con quasi 2 vasetti su 3 pieni in pratica di prodotto straniero” spiega la Coldiretti.

Tornando alle Marche, molto basse le medie produttive di qualità rinomate come l'acacia (6,5 chilogrammi ad alveare, -68%), millefiori estivo (6/7 kg/alveare, -70%), millefiori primaverile (4/5 kg/alveare, -65%) e girasole (7/12 kg/alveare, -40%). Molto variabile la situazione a seconda delle zone. Per il millefiori estivo, ad esempio, si registrano aree in cui la produzione è arrivata ad appena 2 kg/a o il coriandolo che vede aree di produzione da 15 kg/a alternarsi a zone dove le api hanno lavorato oltre il 50% in meno mentre il castagno, fino a 16 kg/a sui Sibillini, scende a 5 kg/a in tutto il resto della regione.

r.vit.

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