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Final Eight, Pesaro sette bellezze: domina, soffre, vince. E ora sogna: semifinale con Brescia

15 Febbraio 2023

di Raffaele Vitali

TORINO – Nike, che non è la scarpa ma la vittoria in greco: quella che porta il marchio di Charalampoupolos. Perché è il greco che porta in semifinale la Carpegna Prosciutto, anche se il libero più pesante è di Gudmundsson.

Per la sfida tra Pesaro e Varese scende sul parquet anche Samuel, il leader dei Subsonica. Uno spettacolo dento lo spettacolo di un quarto di finale che, come previsto, non annoia. Il fatto è che il primo quarto di Pesaro è stato qualcosa di così bello che gli stessi giocatori devono essere rimasti accecati. perché solo così si spiegano i successivi sette minuti. Quelli che permettono a Varese di risalire da -17 fino al -2.

Ma il primo periodo merita davvero, un po’ perché Repesa azzecca tutto, incluso il Delfino da starting five, un po’ perché Charalampoupolos gioca come se di fronte avesse il suo peggior nemico ed è semplicemente immarcabile.

La palla gira bene fino al capolavoro che libera Delfino per una tripla che fa battere le mani a tutto il pubblico di Torino, che ovviamente è per la maggior parte pro Varrese. Ma ci pensano i tifosi della Vuelle a non far sentire in trasferta Kravic e compagni. Solo che Varese è un osso duro, ha tanto atletismo, è veloce e soprattutto sa tirare da tre. E così si recupera in fretta.

Ancora di più se i giocatori di Repesa si distraggono e arrivano sempre un secondo dopo, quel tanto che basta per omettere ingenui falli che regalo sei tiri liberi ai lombardi nel momento più caldo, quello che sancisce il recupero. Ha poco dalla panchina il coach della Carpegna Prosciutto e per questo chiede gli straordinari al greco e al capitano. Tambone è impreciso, tranne che dalla lunetta, Visconti è evanescente e dei primi due quarti si ricordano solo falli ingenui e un contropiede sbagliato che fa infuriare Repesa.

Ma nonostante ciò, con calma, Gudmundsson ritrova lucidità e segna una tripla taglia gambe alla rimonta di Varese permettendo ai suoi di chiudere con nove punti di vantaggio il secondo quarto (44-35)

Il terzo quarto? Un po’ come il gatto con il topo. Il problema è che il topo è Varese e corre come un razzo da un a angolo all’altro del campo, soprattutto con Johnson che regala anche una schiacciata stellare prendendo la linea di fondo. Pesaro ha le gambe lente, si sente l’assenza di Moretti e il fatto che Cheatham non stia bene.

A questo si aggiungono i falli, tanti, commessi e il piano partita è totalmente diverso rispetto a quello inziale. Anche perché dopo 25 minuti il maxi tabellone del Pala Alpitour dice 55-55. Cheatham si ricorda di essere un americano, pure di qualità, e l’energia la trova nella mente: cinque punti in fila per tenere la Carpegna Prosciutto avanti. Ma che la lucidità stia calandolo si vede dalle palle perse, come quella di Charalampoupolos dopo un bel rimbalzo. Si fatica, sia in difesa sia in attacco. Perché gli uomini di coach Brase sembrano più di cinque in campo.

Il primo sorpasso della partita era nell’aria e arriva a 1’14’’ dalla fine del quarto. Due liberi di Ross, un folletto dalla mano educata, che fanno male. Ma Repesa non è certo uno che si preoccupa per un punticino. La sua sicurezza la respirano i giocatori, che la sentono anche nelle urla dalla panchina. Ed è un urlo che sveglia Tambone: tripla e due liberi un amen. Pesaro c’è, stanca ma sempre in vantaggio (67-64) nonostante un terzo quarto da 29 puti subiti

L’errore, se vogliamo, è di accettare il ritmo di Varese, ma per controllarli serve anche l’uomo giusto in campo e tra Moretti ko e Gud pieno di falli, non si può chiedere l'impossibile a Tambone. Il coach croato ruota come può i suoi uomini e dà fiducia a Totè.

Vuole difesa, non chiede di più al suo numero 5. E Leonardo lo ripaga della fiducia. Il problema è che Cheatham fa tutto bene, ma poi non segna. E nel mezzo di un quarto che non rende merito allo spettacolo dei primi trenta minuti, gli arbitri non possono che fischiare un fallo dietro l’altro, spesso con la palla lontana, a riprova che testa e corpo non vanno all’unisono.

La fotografia della differenza di condizione atletica delle due squadre arriva a 4 minuti dalla fine, quando l’ennesimo raddoppio difensivo di Varese si trasforma in una caccia all’uomo che fa finire per terra Gudmundsson. E per fortuna che gli arbitri fischiano. Non basta però andare in lunetta se subisci due contropiedi in pochi secondi che tra l’altro vengono trasformati dall’idolo di casa, l’unico con i capelli grigi: Giancarlo Ferrero (77-77).

Non basta, perché Pesaro nell’ultimo minuto ha una fiammata dal grande assente, Abdur-Rahkman e la manona di Totè che chiude l’area. Ed è questa la vera mossa decisiva di Repesa, lasciare Kravic in panchina, rinunciando a qualche punto ma alzando un muro contro le penetrazioni di Varese che deve accontentarsi del tiro da tre punti, mai così impreciso (7/31).

@raffaelevitali

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