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Due pilastri per il carcere di Fermo: progetti per l'integrazione dei detenuti e una seconda sede fuori dal centro

11 Marzo 2022

FERMO - Lo vedi lì, imponente, a due passi dal centro, vicino al Montani: è il carcere di Fermo. “Non è facile – spiega Giancarlo Giulianelli, garante regionale – pianificare piani di recupero in una struttura che ha evidenti difficoltà strutturali, essendo un ex convento. Eppure, a Fermo ci riescono. E un esempio è il giornalino L’Altra Chiave che è tornato in stampa”.

Sul tavolo c’è l’ultimo numero del giornale scritto dai detenuti sotto la direzione di una vera giornalista, Angelica Malvatani. La copertina è emblematica, due mani con una sigaretta (foto di Andrea Braconi) e la scritta ‘Il carcere al tempo del Covid’. Dentro la storia della cella 7, "dove non c'è niente", del ruolo della Caritas e a chiudere il numero l'imperdibile ricetta dela taijne tunisino, raccontata da chi lo conosce davvero.

Non è stato un periodo facile fuori, figuriamoci dentro. “La pandemia ci ha imposto di tenere fuori tutto il mondo per due anni. All’inizio ci siamo detti ‘la salute prima di tutto’. Non abbiamo avuto nessun contagio. Ci fa onore, ma il prezzo è stato molto alto. I detenuti – racconta la direttrice Valentini - hanno avuto meno possibilità, nessun abbraccio dei familiari. Colloqui via Skype, più telefonate, alcuni incontri in presenza ma con il vetro di fronte”.

Nessun problema sanitario, ma la mente più pesante. “Il giornalino è il primo momento di normalità, porta all’esterno il vissuto.  In queste pagine abbiamo raccolto le loro emozioni. Chi sta fuori non ha idea di cosa accade all’interno. Un articolo è un modo per iniziare, da qualche parte dobbiamo partire. Il carcere al centro della città ci fa sentire un tutt’uno”.

Ma il carcere al centro della città è anche limitante. E per questo il garante, insieme con il sindaco sta vagliando soluzioni alternative: “Il mio potere principale è la moral suasion verso la politica, verso il Ministero. Lavoriamo per ragionare su uno spostamento. Sarebbe una opportunità, ma non è una questione che può decidere il Comune da solo”. E lo conferma il sindaco Calcinaro che, insieme con la Giunta, in questi anni ha sempre garantito il suo sostegno, includendo i detenuti anche i progetti sociali con lavori in giro per la città. Ma anche lui è conscio che sarebbe bene aumentare gli spazi.

“Stiamo valutando la compatibilità di altre aree, ma siamo a livello embrionale. In ogni caso parleremmo di un raddoppio, da un alto la casa circondariale e dall’altra quella di reclusione” aggiunge Calcinaro.

Ipotesi che convince sia la direttrice che la comandante Loredana Napoli che non ha problemi di personale, in questo momento, ma ha un carcere sovraffollato (59 detenuti, almeno una decina in più del previsto, ndr), cosa che complica tutto. “Ben venga quindi il giornalismo, dove addirittura alcuni detenuti hanno messo la loro faccia. un segnale di chi sa di voler poi ripartire quando uscirà. Merito questo della Malvatani che li ha saputi davvero coinvolgere” prosegue la comandante.

Avanti tutta, quindi, cercando di fare ancora di più. “Siamo al lavoro per favorire sempre più l'autonomia, l’acquisizione di competenze lavorative e quanto necessario per un ritorno a casa e l’inserimento nella società” conclude Alessandro Ranieri, direttore dell’Ambito XIX che spera, come tutti, che in carcere torni un educatore a tempo pieno, dopo il pensionamento di Arbusti, in modo da consolidare le attività di recupero.

Raffaele Vitali

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