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Donne tra i 30 e i 60 anni, un mix tra scienza e umanità: Wega forma i nuovi Oss di Fermo. Macarri: "Figura chiave"

19 Marzo 2022

di Francesca Pasquali

FERMO - Prendersi cura dei più fragili, aiutandoli se non stanno bene di salute e sostenendoli con una parola di conforto, quando hanno bisogno. È cambiato, nel tempo, il ruolo dell'oss.

Dalla cura delle persone allettate, quella dell'operatore sociosanitario, è diventata una figura sempre più complessa. Oggi indispensabile in una società ogni anno più anziana e, quindi, bisognosa di cure. Una professione che dà lavoro e che in tanti scelgono per vocazione o per rimettersi in gioco. Come i quaranta partecipanti ai corsi per operatore sociosanitario organizzati da Wega Impresa sociale.

 L'ente di formazione guidato da Domenico Baratto ha partecipato a un bando regionale, vincendolo. Ne sono nati due corsi gratuiti per i partecipanti, uno a Fano, partito un mesetto fa, l'altro a Sant'Elpidio a Mare, cominciato da pochi giorni, finanziati col Fondo sociale europeo.

A frequentarli, soprattutto donne tra i trenta e i sessant'anni, di tutte e cinque le province marchigiane. «Mille ore di formazione: 550 teorico-pratiche, divise in moduli, e 450 di stage, negli ambiti sociali e sanitari. Alla fine, viene rilasciata la qualifica professionale di operatore sociosanitario», ha spiegato Baratto.

Che stamattina, per parlare della figura dell'oss nella medicina di prossimità, ha voluto con sé il primario di Gastroenterologia del “Murri”, Giampiero Macarri, l'assistente sociale dell'Area vasta 4, Alberto Cutini, e il dirigente del Settore formazione professionale della Regione, Massimo Rocchi.

Il primo ha posto l'attenzione sugli ospedali di comunità che – ha detto – dovranno sempre più fare da filtro tra pazienti e ospedali per acuti. Con i primi che, guidati da infermieri e supportati dagli oss, dovranno evitare che i secondi si riempiano di «pazienti “inappropriati”», per potersi concentrare su quelli che hanno «estremo bisogno».

Tra ospedale e territorio, insomma, dovrà esserci un dialogo costante. Quella dell'oss – le parole di Macarri, che a Fermo è anche preside di Scienze infermieristiche – è «una figura estremamente importante. All'inizio ondivaga, oggi sta assumendo sempre più una connotazione precisa, inserendosi con un ruolo specifico nell'assistenza domiciliare e territoriale». Un mix tra scienza e umanità, quello che si richiede all'oss.

Che, oltre «saper fare deve saper essere». Ne è convinto Alberto Cutini. Per l'assistente sociale, «viviamo in una società estremamente complessa che porta a una frammentazione che va ricomposta e l'oss, il soggetto più vicino a chi è fragile, deve saper ricomporre un sistema intorno alla persona che assistete, ridandogli dignità».

Da qui a breve, partiranno altri tre corsi, nelle altre restanti province, sempre finanziati dalla Regione. «Una scelta azzeccata a cui dare continuità, vista l'importanza e il ruolo che l'oss ha acquisito nelle strutture sociosanitarie e la necessità di queste figure», ha rimarcato Massimo Rocchi, dirigente del Settore formazione professionale della Regione.

Quelli che il corso l'hanno cominciato si dicono soddisfatti. Angela frequenta quello di Sant'Elpidio a Mare. S'è decisa quando ha saputo che era gratuito, ma l'idea di fare l'oss ce l'aveva in testa già da qualche anno. Perché, ha spiegato, «dopo gli studi di Biologia e il volontariato in Croce Rossa, mi sono resa conto di essere portata per prendermi cura degli altri, soprattutto dei più deboli».

Lara frequenta il corso di Fano. A 52 anni, «senza paura di rimettermi in gioco», s'è iscritta. Ed è contenta dell'approccio che «ci consente di capire a fondo quale sarà il lavoro che andremo a fare».

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