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Dalla pandemia all'antimafia, la prefetta Filippi se ne va: "Fermano sicuro e dal grande potenziale. Fortunato chi verrà dopo di me"

27 Settembre 2022

di Raffaele Vitali

FERMO – Tre anni e mezzo di Fermo per Vincenza Filippi. La prefetta lascia il suo incarico con le elezioni appena concluse e una pandemia sotto controllo. E con lei lascia Fermo anche il capo di gabinetto Alfonso Sadutto. Per l’ufficio del governo si prepara una nuova rivoluzione, partendo sempre da un dato: il personale è pochissimo e chi c’è fa miracoli. E' durata più dei predecessori, tutti prefetti donne: due anni pr le prime due, Emilia Zarrilli e Angela Pagliuca, poco più di uno per Mara DiLullo e Maria Luisa D'Alessandro.

Prefetta Filippi, che effetto fa a livello personale sapere che si lascia un posto e si va in pensione?

“Il momento emotivo lo sento, ma ancora non ce l’ho forte. È la fase di gradevolezza, di dialogo e confronto con la stampa e le istituzioni”.

Il momento più bello e brutta della sua gestione?

“La pandemia è stata una pietra miliare durissima e impegnativa a livello di coscienza, etica, di cittadino, di madre e moglie oltre che di prefetto. Di bello porterò con me gli incontri con le scuole, uno in particolare a San Tommaso, dove ho visto la integrazione piena, un mondo multietnico che sa dialogare. E poi il concerto della banda della Polizia di Stato a Fermo, simbolo di un sistema che sa dare sicurezza al cittadino ma al contempo promuovere la cultura”.

Lei ha saputo fare rete in tanti campi, è stato difficile?

“A Fermo si lavora insieme su più fronti. Penso all’osservatorio sul credito, per affrontare dal punto di vista sociale ed economico il bisogno della comunità. E lo abbiamo fatto con Banca d’Italia, Camera di Commercio, banche per far sì che i prestiti che i cittadini e le imprese ottenevano potevano essere garantiti. È un esempio, che fa però capire il ruolo di questa istituzione”.

Momento toccante?

“L’inaugurazione del santuario dell’Ambro, per il suo essere riferimento religioso e perché simbolo di una ricostruzione che ho seguito passo passo interagendo con il commissario Legnini”.

Lei è anche il Prefetto dei grandi eventi.

“Tutti pensano a Jovanotti per lo spettacolo, il lavoro dietro per garantire tutto è stato enorme. Il primo concerto ci ha impegnato per mesi sapendo che sarebbero arrivati 40mila spettatori. E abbiamo fatto scoprire all’Italia che Fermo ha il mare. Le Frecce Tricolori per celebrare i 70 anni della città. E poi gli incontri a Capodarco, la comunità di don Vinicio che è una eccellenza, lì i bisogni dei fragili trovano accoglienza in quella visione di welfare sociosanitario. E poi i Tornei cavallereschi, le due settimane della Cavalcata sono un unicum italiano, sempre che non si voglia tenere il gioiello segreto”.

40 comuni, sono tanti. Come li ha gestiti?

“Sono riuscita a visitarli tutti. Non è stato facile con la pandemia che ci ha bloccato a lungo dovendo gestire un mondo amministrativo molto impegnativo. Abbiamo mantenuto il legame con le call conference, ci siamo dati aiuto reciproco. Ma tutt’altro è incontrarsi e poter andare sul posto. Penso alla battaglia condotta con il sindaco di Amandola per mantenere il presidio dei vigili del fuoco, che sono un elemento decisivo nell’ambito del soccorso. Questa terra è ricchissima, partendo dai Sibillini che avranno presto il loro ospedale insieme con il nuovo di Campiglione”.

Lido Tre Archi, una sfida che il sistema sta vincendo?

“Di certo abbiamo fatto molto. Il cammino intrapreso è giusto. Il contesto è complesso, prima di tutto dal punto di vista urbanistico. Enormi palazzoni, realtà ad alveare che rende difficile anche l’opera di sicurezza pubblica. Appartamenti occupati sono una costante, trovarli non è mai semplice. Questo avviene nelle grandi metropoli, dove si sa che può accadere essendoci un’esigenza abitativa molto forte e periferie urbane. In una realtà come Fermo in cui l’urbanistica deve garantire l’aggregazione sociale è più strano. A Tre Archi tutto diventa complicato. Ma i progressi sono evidenti. Ricordo che il primo aprile, appena arrivata, convocai un comitato per l’ordine e la sicurezza. Che ricordiamoci vive anche di percezione”.

Arriverà mai il presidio di polizia?

“C’era un modello De Gennaro dei commissariati satellite negli anni ’90, poi il sistema è cambiato. Ci sono indici di pericolosità che li stabiliscono. Nelle realtà urbane attuali il livello si è alzato, vuoi per l’immigrazione, vuoi per una movida incontrollata, vuoi per una base educativa diminuita. I problemi sono in ogni territorio, pensiamo anche ai daspo. Questo comporta che nel quadro generale un nuovo presidio non può essere visto se non in ottica allargata, legata agli indici di delittuosità. Fermo non ha questi numeri, aggiungiamoci la penuria di risorse umane, con il livello di età che si è alzato dentro e fuori dai palazzi del governo, ed è chiaro il finale. Però vigilanza e servizio prevenzione svolgono il ruolo in maniera paragonabile, se non in maniera ancora migliore del punto fisso magari con una sola persona”.

Prefetta Filippi, ha qualche rammarico?

“Non può mancare, ma non ho mai capito se è meglio avere un rimorso. Sono certa che senza i due anni e mezzo di pandemia avremmo potuto incidere molto di più, soprattutto sulle comunità”.

Lei lascia una prefettura con poco personale, problema antico.

“Ho fatto il prefetto, il dirigente e anche l’impiegata. E così quelli sotto di me. Una prefettura strutturata diversamente permette una sinergia differente. Se avessimo avuto più persone, avremmo potuto garantire maggiori risposte. Abbiamo sottoscritto protocolli antimafia, un sensore sul territorio frutto di un lavoro silenzioso, e protocolli di legalità. Tutto si farebbe di più con le persone a disposizione. Non è che se la prefettura è piccola ha meno lavoro. Dalle multe alle sanzioni amministrative, con la fascia costiera che impegna particolarmente. E poi la prevenzione antimafia, con azioni dietro le quinte o tematiche di ordine pubblico”.

Lei è rimasta conquistata dal Fermano, ma come si può valorizzare?

“Il potenziamento chiede rete. Questo è un po’ il male, l’essere individualisti. Questo territorio fa cose in contemporanea di natura culturale e artistica di alto livello. Promuoverlo meglio, partendo dal comune di Fermo che fa molto, aiuterebbe. Non abbiamo solo i Crivelli da ammirare, pensiamo a un allievo come il Baciccio. Poi, c’è sempre il nodo strade da risolvere. Adriatico e Appennino rendono più difficile il percorso, ma non mancano i progetti”.

Che farà adesso?

“Prenderò la vita in modo meno frenetico. Sono cresciuta con il detto ‘una ni pensi e cento ne fai’. Perseguirò i miei interessi culturali. E poi resterò attiva, magari nel campo della formazione. Credo che sia il momento di condividere quello che si è imparato. Poi magari un po’ di volontariato, che negli anni è stato sacrificato”.

Le mancherà il contatto con la gente?

“La verità è fatta di incontri, per questo parlavo con le persone. Il mio carattere mi ha sempre aiutato. In questa prefettura c’è passione e cuore, altrimenti con le risorse scarsissime ci si fermerebbe. E a Fermo c’è un rapporto molto più stretto con la città, cosa che non avviene ovunque ed è un valore aggiunto che chi arriverà noterà subito”.

Chi guida la prefettura ora?

“Resta in mano al viceprefetto vicario che potrà contare su un nuovo dirigente all’ordine e sicurezza, posto che era rimasto vacante dopo il passaggio del dottor Martino a macerata. Per quanto riguarda il capo di gabinetto, bisognerà attendere che il Consiglio dei Ministri nomini il nuovo prefetto”.

Lascia soddisfatta?

“Ho fatto il possibile, spesso anche di più. questo territorio merita tutto: è bello, produttivo e carico di spirito di solidarietà. Fortunato chi arriva”.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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