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Caro prezzi, si fermano gli asfalti nel Fermano. Celi, Ance: "Meglio pagare le penali, aziende a rischio se proseguono i lavori"

15 Aprile 2022

FERMO – Se un imprenditore arriva a dire ‘preferisco pagare le penali piuttosto che lavorare’ significa che si è davvero superato ogni limite. Anche perché poi aggiunge: “Chi lavora, rischia di portare avanti i cantieri con enormi perdite economiche con il conseguente rischio di far fallire le proprie Imprese”.

A parlare è Massimiliano Celi, presidente di Ance Fermo, il ramo di Confindustria che rappresenta il mondo dell’edilizia. “Non è chiaro ancora a tutti, ma molto presto ogni cittadino se ne renderà conto”.

Come? Ci sono opere stradali ferme, come le asfaltature. “Nel Fermano, a causa di costi che superano i ricavi da parte delle ditte appaltatrici, ci sono 20 km di asfaltature sospese sulla Faleriense, 25 chilometri sulla Valdaso, 30 km sulla Val di Chienti e altri 10 sulla SS78 picena. Lo ribadisco, si preferisce non lavorare e attendere a tempo indeterminato che i prezzi delle materie prime diminuiscano tornando ai livelli di fine 2020”.

I problemi sono destinati ad aumentare: “Penso all’avvio del cantiere per la rotatoria di Marina Palmense, con opere progettate che in questo momento non sono sostenibili economicamente. E le stesse bretelle di Amandola e di Fermo che vedono allungarsi i loro tempi di realizzazione” ribadisce Celi.

I motivi, come detto, son riconducibili al caro prezzi. “Da un lato abbiamo un aumento incontrollato dei prezzi, dall’altro contratti blindati da prezzari di riferimento di per sé già bassi”. Solo che non tutto è giustificabile. “Se penso alla questione Superbonus 110%, è chiaro che il motivo è legato all’enorme domanda. Questo ha comportato l’aumento dei prezzi da parte dei produttori”.

Poi c’è l’inevitabile: “Il legno, arrivando dal nord Europa, subisce il rincaro dei trasporti. Normalmente il tavolame per i ponteggi costa 280 euro al metro cubo, ora è passato a 500 euro. Il costo del ferro è passato da circa 1.05 al chilo dal fornitore a 1,60. Sembra poco, ma il ferro non si compra a chili, quindi l’aumento è grande”. E poi c’è il cemento, su cui impattano il costo del gas dovuto al conflitto in Ucraina e la speculazione finanziaria, e il calcestruzzo che dal primo maggio, già ci è stato comunicato, aumenterà di 15 euro al metro cubo.

Tutto questo comporterà anche un rischio stop per i cantieri della ricostruzione post sisma, su cui si sta giocando una partita parallela: “Abbiamo chiesto un incontro al commissario straordinario Giovanni Legnini. Bisogna delineare il nuovo prezzario per arrivare a una rivalutazione dei computi metrici. Lo stesso Commissario, alle associazioni delle regioni colpite dal sisma, ha parlato di un aumento massimo del 15% rispetto al prezzario cratere 2018. Ma noi avevamo chiesto il 25%, altrimenti è impossibile coprire i costi”.

Tra l’altro, c’è un ulteriore problema: “Non ha senso un prezzario unico per quattro regioni. Se in Abruzzo la manodopera ha un costo minore, chiaro che gli aumenti impattano meno. Aggiungiamoci pure gli sgravi fiscali ed ecco che le Marche sono doppiamente penalizzate”.

Per reagire c’è un solo modo, far capire alla politica che deve intervenire da un punto di vista normativo: “Il Governo sta lavorando alla compensazione dei prezzi di alcune materie prime per le infrastrutture che comunque non coprirà l’intera somma necessaria per cui – conclude Celi - chiediamo alla politica locale, partendo dalla Provincia per arrivare in Regione, di adoperarsi all’aggiornamento del prezzario regionale. Altrimenti, in vista dei tanti lavori legati al Pnrr, se le progettazioni sono fatte di corsa, usando un prezzario non adeguato, si rischia la mancata partecipazione delle ditte agli appalti indetti. Nessun Imprenditore pur di lavorare metterebbe a rischio il futuro della propria azienda”.

c.fer.

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