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Calzaturieri, non tutti i dati dicono il vero. Fenni: "Il lusso è una cosa, a noi servono i mercati normali: Germania e Belgio". Nuovo piano per gli Usa

16 Dicembre 2023

PORTO SANT’ELPIDIO – L’assemblea dei calzaturieri di Confindustria Fermo è servita al presidente Valentino Fenni per analizzare i numeri, per evidenziare strategie e per lasciare spunti operativi alla politica. Ad ascoltarlo, nella cornice del Gigli di Porto Sant’Elpidio, gli imprenditori fermani, ma anche due figure di peso di Confindustria Macerata: Salina Ferretti e il presidente dei calzaturieri Piervincenzi. Dopo i saluti del sindaco Ciarpella, del consigliere regionale Putzu e del presidente degli industriali Luciani, Fenni è entrato nel tema scelto: Mercati Aperti.

Fenni, cosa pensa dell’export in crescita?

“Le Marche sono all’ottavo posto a livello nazionale per esportazione anche se siamo la 13esima per abitanti. I numeri non dicono quello che vediamo noi calzaturieri. I dati dicono che a livello regionale le calzature incidono come terza voce con 1.4 miliardi di export, poco sotto la seconda che è la produzione di macchinari e a distanza siderale dal farmaceutico che da solo fa 1/3 del Pil regionale”.

Quindi, Fenni, tutto rosa e fiori?

“I primi nove mesi li chiudiamo con un  + 8.5%, con la Provincia di Fermo prima nella regione con 680 milioni seguita dai 400 di Macerata e dai 200 di Ascoli. In pratica valiamo oltre il 50% dell’export regionale di calzature. Ma seppur i dati dovrebbero confortarmi e confortarci, quello che mi preoccupa è che la realtà davanti a noi è diversa. Passo per le zone industriali e non vedo i parcheggi degli operai pieni, i rappresentanti che cercano di vendere componenti e pellami si presentano quotidianamente con un ritmo ahimè sempre più pressante, nella nostra sede di Confindustria Fermo le domande per la cassa integrazione si moltiplicano”.

Cosa non sta funzionando?

“Più che altro cosa muove i numeri. E sono i brand che crescono, che hanno risorse e accesso al credito pressoché illimitato. Infatti crescono Cina, Francia e Svizzera. Quando si vede che la Germania con -42%, il Belgio con -60% e l’Inghilterra con -67% parliamo di noi ‘normali’ calzaturifici che lavorano sui mercati europei”.

Il distretto fermano-maceratese è sempre più terra di griffe. Un bene?

“Se arrivano è perché hanno bisogno di noi. Non cercano strade e aeroporti, ma quella abilità che dai nonni abbiamo ereditato e ancora portiamo avanti. Non dobbiamo disperdere questa ricchezza. Per riuscirci  bisogna che le istituzioni sia regionali che nazionali ci diano una mano”.

Confindustria che può fare?

“Di certo sta facendo con la presidente di Assocalzaturifici Giovanna Ceolini, che è qui e che ringrazio, e con Annarita Pilotti, oggi vicepresidente di Confindustria Moda (premiata da Fenni per il suo impegno, ndr). Due donne, due imprenditrici agguerrite e pronte a farsi valere sui tavoli nazionali”.

Cosa teme per il futuro?

“CI sono mercati che spingono e che ci vogliono mettere in difficoltà, come Turchia o l’India che alzano barriere con la richiesta di certificazioni che noi non chiediamo sui loro prodotti che arrivano in Italia. Per non parlare della concorrenza interna nella nostra Europa dove in Paesi come il Portogallo la manodopera costa un terzo della nostra. Possiamo anche essere i più bravi ma alla fine anche il prezzo ha il suo peso determinante nelle scelte del compratore”.

Molte sfide davanti a voi, da dove partire?

“Penso alla sostenibilità. Non dico di creare un 110% per le scarpe, però bisogna fare urgentemente qualcosa. La politica ci ascolta, penso ai bandi per la formazione. Ma serve una programmazione più lunga, almeno triennale. Solo così possiamo strutturarci e restare presenti sui mercati principali, pur sapendo che le risorse sono limitate”.

Il suo appello alla politica?

“Le risorse sono sempre troppo poche. Abbiamo lo strumento del Bando fiere con il voucher che ogni anno viene proposto dal presidente camerale Sabatini. Strumento che funziona talmente bene da far sì che quest’anno i fondi hanno coperto metà delle richieste delle imprese, ma ora sappiamo che l’intesa con la regione è stata raggiunta e la graduatoria scorre. E sia chiaro, le fiere sono per ogni settore, non solo per la moda”.

Voi siete in grado di programmare?

"È necessario. Non possiamo trovarci a dicembre senza sapere se a febbraio la fiera che vorremmo fare è parte del piano regionale. Così come vogliamo garanzie sugli Stati Uniti, su cui la regione insieme con la Svem ha deciso di puntare. Sugli USA come sezione calzature abbiamo un progetto molto interessante da condividere con la Regione per far sì che si possano creare degli showroom, replicabili anche in altri paesi, non solo per la moda ma anche per il food o l’accoglienza in modo da creare una sorta di “Casa Marche” dove poter promuovere oltre ai prodotti anche il nostro territorio. Bene quindi gli Stati Uniti, ma non perdiamo di vista la nostra Europa che ci ha permesso di portare a casa la pagnotta per anni. Non dobbiamo ridurre la presenza tra Germania, Francia, Belgio, l’Olanda, la Russia. Tutti paesi che seppur con motivazioni diverse stanno arrancando ma che appena ci sarà un po' più di ottimismo riprenderanno a darci soddisfazione”.

  1. segue
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