FERMO – “In tema di interruzione volontaria di gravidanza, la giunta regionale insiste nel negare alle donne marchigiane la libertà di scelta senza tenere conto delle più aggiornate indicazioni della comunità scientifica internazionale”. Manuela Bora, consigliera regionale del Pd, è dura nella sua analisi delle azioni della regione targata Acquaroli in questo particolare campo sanitario.
“Un atteggiamento gravissimo, che mette in discussione lo stesso diritto alla salute e conferma il pessimo giudizio che non solo le opposizioni consiliari, ma anche le associazioni della rete femminista e i cittadini fuori dal Palazzo” ribadisce.
Cosa non le piace? “La giunta regionale non risponde sull'aggiornamento delle procedure riguardanti l'interruzione volontaria di gravidanza. Le Marche sono diventate a livello nazionale sinonimo di 'cattivo modellò. Un drammatico esempio di come non dovrebbe essere gestita la sanità e, in questo caso specifico, i servizi previsti ed erogati per l'interruzione volontaria di gravidanza. Dati scientifici e l'esperienza internazionale confermano che l'aborto farmacologico costituisce la tecnica più aggiornata e sicura. Ovviamente, per esigere questo diritto, è necessario che la donna abbia accesso a informazioni accurate, farmaci di qualità e supporto da parte di personale sanitario qualificato”.
La richiesta dei Dem è semplice: “Assicurare l'appropriatezza delle procedure per l'Ivg e dare quindi e finalmente seguito all'aggiornamento di quelle linee di indirizzo ministeriali che prevedono non solo le nove settimane, ma anche il regime ambulatoriale con autosomministrazione del misoprostolo a domicilio, va esattamente in questa direzione”.
Atti già fatti propri da Lazio ed Emilia Romagna: “Non saranno le barricate ideologiche erette dal centrodestra marchigiano contro le donne a fermare il cambiamento. Persino nella nostra regione il governo Acquaroli, nonostante il suo complice stallo ideologico, è costretto a cedere di fronte alle iniziative che prendono corpo tanto nella sanità quanto nella società. È il caso, recente, dell'ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno che da qualche giorno ha avviato la somministrazione della pillola per l'interruzione farmacologica di gravidanza entro le 9 settimane”.
Ma c’è poco da brindare: “Un risultato reso possibile grazie all'iniziativa individuale di un medico, non certo determinata e favorita dal recepimento formale delle linee guida nazionali da parte della giunta regionale, atto che avrebbe garantito la stessa previsione su tutto il territorio regionale e non a macchia di leopardo come rischia invece di rimanere ora” conclude Bora ringraziando per l’impegno le associazioni della rete femminista e scientifiche per l'impegno costante.