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Addio a Makki, il medico scrittore che abbatteva barriere. Il ricordo di Pagliacci: "Per lui la cultura era la linfa dell'umanità"

24 Marzo 2020

FERMO – Il dottor AbdulGhani (Ghanì) Makki, scomparso questa notte, l’ho conosciuto come scrittore, come favoliere. Un aspetto mi colpì subito: era un crogiuolo di pensieri, di valori, di idee con un perno al centro: i suoi valori, la sua fede, rigorosamente musulmana. Valori che gli hanno permesso di diventare un riferimento per la comunità che lo ha adottato. Un emblema era il suo ruolo in Mus-e, l’associazione più multietnica del territorio, quella che lo ha messo al fianco di Carlo Pagliacci, amico prima ancora che editore con la Zefiro, con cui ha condiviso tanti progetti. E proprio a Pagliacci abbiamo chiesto il ricordo del suo Makki.

“Sono qui, davanti alle pagine del suo ultimo racconto: “Miriam e la regina della Savana”. Le lacrime sgorgano incontenibili leggendo le sue parole che raccontano di un viaggio, per fortuna di andata e ritorno, di un uomo, dall’Africa verso l’Europa, in cerca di fortuna, una fortuna che però non arriverà, ed il ritorno poi a casa, nella sua savana, insieme alla moglie Miriam ed ai loro 5 figli per accontentarsi di una felicità possibile. Questo è il Ghanì che io ho conosciuto. Il Ghanì scrittore. E poi ho scoperto un mondo, ho scoperto una persona straordinaria ma, soprattutto, un grande amico. Il dolore per la sua Siria martoriata dalla dittatura e poi dalla guerra. La sua incredibile generosità. La sua saggezza, i proverbi e le storie della sua terra che distillava sempre al momento giusto. Il suo ottimismo, la sua vitalità. Con lui ho condiviso esperienze uniche: tante presentazioni e viaggi per promuovere i suoi libri, e poi cene, compleanni, il suo buonissimo tè. E una famiglia bellissima: Nadia, la moglie, e le figlie Leila e Nura, e le sue nipoti, spesso protagoniste delle sue fiabe. Perché il Makki scrittore, come a lui piaceva ricordare, nasce per l’esigenza di raccontare storie della Siria della sua infanzia proprio alle piccole di casa.

Per mantenere un legame con la sua terra. “Il frutto del Paradiso”, ad esempio, racconta di un nonno e di una bambina che dentro ad un melograno trovano il seme che li condurrà in Paradiso. Ecco, io sono certo che Ghanì quel seme l’abbia trovato e che adesso ci guardi da lassù con il suo sorriso e la sua serenità di uomo giusto, onesto e probo. Un uomo d’altri tempi che ci ha insegnato tanto e che continuerà a vivere con noi grazie proprio alle sue storie. Con Corrado Virgili, altro suo grande amico, stavamo lavorando al suo terzo libro, “Miriam e la regina della Savana”. Sarà un impegno che manterremo per onorare la sua memoria”.

Makki se ne è andato, le pagine dei libri restano, come i ricordi. in questi giorni terribili in cui nessuno può dire addio alle persone care, leggere un suo pensiero sarà il miglior modo per dire addio a un uomo capace di essere cittadino del mondo pur nella differenza: “Rispetto degli altri e grande spazio alla cultura come salvezza per far crescere l’umanità. Nella sua Siria, ricordava, non c’era possibilità di scegliere quali libri leggere. Non c’era libertà, solo informazione di regime” conclude Pagliacci.

Al suo Fermano ha regalato favole e storie, momenti di incontro e riflessione, un piccolo tesoro culturale anti barriere da conservare con cura.

Raffaele Vitali

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