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Un click per Rossodisera, ristorante made in Marche a Londra. Iacopini: "Lockdown devastante, ma noi siamo unici. I clienti ci amano: aiutateci"

23 Novembre 2020

di Raffaele Vitali

FERMO/LONDRA - “Sono mesi difficili e ROSSODISERA ha bisogno del vostro aiuto. Aiutateci a proteggere la nostra storia, la nostra comunità, la nostra missione. Qualsiasi supporto, in qualsiasi forma esso sia, è prezioso”. Parte da qui, con un messaggio in italiano e inglese, sulla pagina Facebook e sul sito del ristorante, l’appello al crowdfunding di Igor Iacopini e dei soci che gestiscono Rossodisera a Londra.

Un pezzo di Marche nel cuore della capitale inglese, a Covent Garden, un luogo unico che oggi, dopo lunghi mesi di lockdown, chiede supporto.  Capire, cosa sta accadendo al locale che un anno fa era in lizza per il trono di miglior ristorante italiano a Londra, è necessario. Al fermano Igor il compito di spiegarlo.

Iacopini, cosa accade a Londra?

“Una città indescrivibile. Con l’arrivo della pandemia, abbiamo chiuso il 15 marzo. Avremmo potuto riaprire dal 4 luglio. Ma quadro complesso, la maggior parte dei londinesi in smart working e il turismo bloccato, i numeri erano difficili. Non aveva senso tenere aperto. Luglio, chi ci ha provato, non ha visto ripresa. Ad agosto invece Londra, dal punto di vista della ristorazione, ha funzionato. Anche grazie alla campagna ‘Eat out to help out’: per ogni persona, dieci pound di sconto sopra i 20 spesi al ristorante. E così, soprattutto nelle zone residenziali, i locali erano sempre pieni. purtroppo non nella nostra zona”.

Come avete riempito il tempo durante il lockdown?

“Abbiamo scelto di fare lavori per aumentare il distanziamento e dare ancora più sicurezza alla clientela. E così a settembre ci abbiamo provato. Ma se fino ad agosto i contagi sono stati sotto i 2mila, in poche settimane hanno superato i diecimila. Da qui le misure restrittive fino al lockdown deciso i primi di novembre e che terminerà il 2 dicembre. Si capisce che questa seconda ondata ha gli stessi caratteri della prima, difficile pensarla più breve. Il timore è che durerà almeno fino a primavera. Crescono i morti, crescono i tamponi e i positivi. La normalità? La immagino dopo marzo. E siccome avendo visto i nostri punti deboli, centro città e smart working, con tutti i turisti che se arrivano devono stare per due settimane in quarantena, impossibile ragionare sul breve”.

Londra ha paura?

“Londra in sé non è a rischio sanitario, del resto è deserta. Alberghi chiusi, uffici chiusi.  il futuro è un mix tra licenziamenti e mobilità spinta”.

Aiuti diretti dal Governo ne avete?

“Cassa integrazione efficiente all’80%, poi è stata tolta tolto la tassa comunale fino ad aprile (per Rossodisera sono 3mila pound al mese, ndr) e hanno spinto sui proprietari dei locali per non far cacciare gli affittuari. Nessun contributo invece diretto per la perdita di fatturato e la chiusura obbligata”.

Quando ha riaperto che aspettative aveva?

“Intanto sono ripartito con poco più della metà dei dipendenti, che son tutti marchigiani. Noi siamo una comunità, questo ci ha reso riconoscibili e apprezzati”.

Clienti tornati, anche gli incassi?

“Abbiamo fatto il 25% del fatturato. Mi sono confrontato con gli altri ristoratori in zona, stesse cifre”.

E ora l’appello per un crowdfunding?

“L’ufficio del sindaco ha patrocinato questa organizzazione di raccolta fondi per business indipendenti. Una piattaforma messa disposizione dal comune di Londra. Solo alcuni ci provano. Considerando costi e perdite, un aiuto sarebbe fondamentale. Ci sono forme di sostegno ufficiali come i presiti garantiti, un sistema efficiente, ma sempre poi li devi ridare: è come comprare del tempo”.

Un aiuto o una necessità, ovvero rischia davvero di chiudere?

“Stiamo valutando il futuro con responsabilità, ci prepariamo a vivere i prossimi mesi. Chiaro che tra sei mesi sarà una necessità. Ora è un aiuto. A maggio abbiamo avuto un primo prestito garantito dallo Stato e usato ogni aiuto per gli affitti. Sarò chiaro, io sono fiducioso sul nostro futuro. Il Covid ha colpito duramente su grandi catene e ristoranti di lusso. Prima la Brexit e poi la pandemia hanno ridotto la clientela creando una selezione naturale nel nostro mondo”.

Londra vi vuole?

“Crediamo che la nostra peculiarità ci farà ripartire. noi avevamo tanti clienti regolari, non solo turisti. Questo ci ha sempre permesso di guardare avanti con serenità. Oggi, tra coprifuoco alle 22, teatri e cinema chiusi, chiaro che la clientela è calata. Ma abbiamo avuto messaggi in continuazione in cui ci chiedevano di ripartire, le persone hanno voglia di Marche”.

Quando pensa di riaccendere i fornelli?

“La finalità del lockdown, sembrato ai più superfluo per Londra, visto che i problemi stanno a Liverpool e Manchester, con focolai stile Lombardia, è quella di far riaprire tutti prima di Natale. Metro e autobus vuote, strade con poche persone, la speranza è che la normalità salvi lo shopping. Intanto, per fortuna, è stata prorogata la cassa integrazione per tutto aprile”.

Quindi a dicembre torna Rossodisera?

“Dicembre è un bel mese, vediamo cosa dirà il Governo. Party di Natale, numero di persone a tavola, è tutto da decidere. Valuteremo tra un paio di settimane. Intanto, per fortuna, ci hanno dato tremila pound a fondo perduto”.

Iacopini, ma Londra è pronta per essere la città dello smart working?

“Un processo già in atto, iniziato con i desk sharing. Ci sono compagnie che cambiano continuamente uffici e il sistema si sta abituando. Gli uffici diventeranno sempre più di rappresentanza, per incontri e meeting. Una modalità che genera economie, considerando che la maggior parte dei lavoratori vive ad almeno 90 minuti di treno da Londra”.

Ma lei quanto è preoccupato?

“Lo sono per l’incertezza sulla durata dell’emergenza. Ma sono anche molto ottimista per la riapertura. Sono convinto che ci sarà il 50-60% dei ristoranti. E siccome noi ci saremo, lavoreremo benissimo. Conquisteremo nuove fette di mercato. Quindi ora dobbiamo resistere in attesa del vaccino o della terapia, che forse è ancora più importante. Noi sappiamo che la gente è con noi, riceviamo tanti messaggi. E questo ci dà forza per mantenere gli impegni presi, dalle bollette all’affitto, dall’assicurazione, che non prevede la pandemia, al personale”.

Quanti dipendenti ha?

“Sette quelli attuali, che mi tengo stretti. Alcuni non sono tornati dalle Marche dopo il primo lockdown, altri sì e fanno parte della famiglia. non siamo pochi, considerando i numeri di questo periodo. Quando si ripartirà, valuteremo perché la risposta che dovremo dare sarà perfetta, nonostante la Brexit che dovrebbe essere completata. Tra noi marchigiani, dipendenti e soci, c’è grande solidarietà”.

L’obiettivo della raccolta è ambizioso, 25mila pound. Ce la farete?

“Chiaro che la risposta che avremo dalle Marche sarà decisiva. A Londra il crowdfunding è normale, da noi si pensa invece che uno sia con l’acqua alla gola. E invece, lo ribadisco, è un sostegno. So che al nostro fianco avremo anche Tipicità, con cui eravamo pronti a collaborare perché finalmente ho visto un progetto organico che guarda al futuro. Spero che anche la Regione ci sia vicina, noi siamo davvero le Marche a Londra, ogni cliente che entra porta con sé una parte di noi, che sia in un ciauscolo, in una oliva all’ascolana o in una bottiglia di vino delle nostre colline”.

Non resta che donare, il sito resta aperto 8 settimane, per un semplice motivo, come scrive uno dei donatori: “Thanks for being such a beautiful and genuine place for all marchigiani in London: stay strong”. See you soon Igor, fermano adottato da Londra da più di dieci anni. @raffaelevitali

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