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Tre mesi di didattica a distanza. Intervista a Gianni Monti, il prof che l'ha insegnata a tutti. "Pregi, difetti e tre consigli"

6 Giugno 2020

di Raffaele Vitali

FERMO – Si sono chiuse le porte delle scuole, tranne che maturandi e docenti, dopo tre mesi di didattica a distanza. Come è andata, quali risultati, quali criticità. a chiarire tutto è Gianni Monti, uno dei componenti dell’equipe formativa territoriale Marche per il piano nazionale scuola digitale.

Professor Monti, quale è il suo compito?

“Sono entrato in questo ruolo attraverso un concorso nazionale, siamo 120 in tutta Italia. Nelle Marche siamo in tre. Siamo esonerati per due anni dall’insegnamento e facciamo attività di formazione ai docenti, ma è prevista anche agli studenti”.

Didattica a distanza, proviamo a tirare un bilancio?

“La difficoltà maggiore con i bambini più piccoli. Parlando con i docenti dell’infanzia-primaria, i bambini avevano difficoltà a restare più di 15’ davanti allo schermo. Ma non è che con i più grandi sia stato facile. Trovare attività per non far stancare davanti al monitor l’alunno è stata la sfida”.

E come ci siete riusciti?

“La difficoltà più grande è stata quella per gli insegnanti di staccarsi dalla didattica in presenza nel passaggio alla piattaforma. Soprattutto si è evidenziato dove le scuole hanno cercato di riprodurre alla pari l’assetto orario delle attività in presenza, mantenendo gli stessi tempi e non ha funzionato”.

Responsabilità?

“Non certo dei docenti, i tempi sono stati molto stretti, non c’è stato il momento legato alla riflessione. Non c’erano cornici teoriche di riferimento. Tutto è stato creato come nuovo, un apprendere facendo”.

Didattica a distanza o in emergenza?

“Non è un termine che mi piace quello di emergenza, ma purtroppo è vero. La didattica con il digitale è stata scambiata come un surrogato di quella in presenza. ‘Abbiamo questa, facciamocela bastare’. Questa è una visione ristretta. La abbiamo adattata in maniera più o meno consona. Per me è un grosso compito di cittadinanza attiva, siamo stati costretti a utilizzare i mezzi digitali, a cominciare da ogni piattaforma, e hanno vinto le scuole che hanno saputo creare una comunità sia all’interno, con buone pratiche diffuse tra insegnanti, sia all’esterno relazionandosi con noi, con gli enti del territorio”.

Cosa le è piaciuto?

“La Dad è stata vista un po’ troppo come un sostituto necessario e d’obbligo. La potenzialità la vedremo da settembre dove la integreremo alla didattica in presenza. Usare le piattaforme dà la possibilità agli studenti di proseguire l’apprendimento fuori da scuola. Sono convinto che per tutte le attività extrascolastiche potremo usare la Dad”.

I docenti la accetteranno?

"Il digitale in generale non può essere qualcosa di separato dalla didattica in presenza. Doveva già esserlo prima, oggi lo è forzatamente. Non c’è stato il tempo necessario per riflettere sul come integrare la Dad, gli strumenti, con la presenza. Abbiamo in molti casi una scuola di stampo gentiliano”.

L’estate sarà il tempo giusto per formare le scuole?

“Non saremo pronti a settembre, questo è evidente, ma ci arriviamo con tre mesi di esperienza. Con tempi più distesi integreremo. E poi la formazione contnua, i docenti hanno voglia di imparare anche se le lezioni sono terminate. Nei prossimi giorni ho già decine di ore programamte con l'Isc di Monte Urano e tante ne ho avute, per fare un esempio, con la Da Vinci Ungaretti”.

Scuola è empatia, relazione, condivisione fisica. Come si fa con il pc, come crescono i ragazzi?

“La presenza, il contatto sono insostituibili. I bambini necessitano di vedersi e toccarsi fisicamente. Ma a livello di relazione non c’è questa perdita di cui molti parlano. Si è ripensato al tema della valutazione, puntando anche sul sostegno, il miglioramento dell’apprendimento. La valutazione non è più stata prettamente sommativa, si misurano anche abilità che prima facevano fatica a emergere come la creatività e il pensiero critico. Poi chiaro che la relazione non c’è”.

Potenzialità?

“Abbiamo visto che è ritornata di moda il raccontare le storie, il rileggere ad alta voce. Soprattutto tra le maestre”.

Problemi di tecnologia?

“Abbiamo zone non coperte bene. E allora sto pensando alla radio come veicolo di comunicazione, di lezione. Far creare alle scuole degli audio racconti per poi farli andare via radio è un obiettivo futuro”.

Ma poi gli studenti non studiano: facciamo crescere alunni meno preparati?

“A livello mediatico è esploso il ‘tutti promossi’. Nelle classi ci sono sempre quelli che fanno meno, poi ci sono stati insegnanti molto bravi ad attirare gli studenti. Se ti metti invece davanti a uno schermo e parli per 50 minuti, anche il tema più bello del mondo, dopo mezz’ora stanca. Per questo serve riprogettare l’attività. In presenza c’è lo sguardo, il feedback immediato che da insegnante sai cogliere. Ma a distanza spesso neppure li vedevi. Per questo inventarsi qualcosa che non c’era è stato difficile. Ci sono strumenti per creare interazione, come un sondaggio istantaneo che posso lanciare in ogni momento”:

Insegnanti impreparati?

“Mancava la conoscenza verso certe metodologie e strategie”.

Ha seguito tutte le Marche, differenze territoriali sulla Dad?

“Più che a livello provinciale, le differenze a livello di Istituto. Dal Fermano abbiamo avuto tante richieste di collaborazione e confronto. Dagli Isc abbiamo una richiesta pari al 75%, rispetto a un 25% di scuole superiori, che hanno all’interno dei tecnici che gestiscono la parte infrastrutturale. Ma lì manca un po’ la parte metodologica. Grandi richieste per l’infanzia. E per giugno abbiamo preparato delle attività proprio per loro, richieste dagli insegnanti. Un esempio, a metà giugno ho un webinar con 350 docenti di infanzia e primaria, circa 110 scuole”.

Ma la formazione c’è stata?
“Tantissima. Webinar e seminari di ogni genere. Da casa ogni docente poteva seguire ogni corso, anche di scuole di altre regioni. C’è voglia da parte degli insegnati di proseguire il cammino”.

E i ragazzi con bisogni educativi speciali?

“Lì entriamo in un campo ancora più complesso per la riprogettazione. Ogni caso è singolo, ogni caso ha determinate autonomie. Di certo, ad esempio per l’autismo, la distanza non aiuta. E così per gli alunni stranieri, quelli che stanno apprendendo la lingua italiana”.

Quanti problemi tecnologici, quanti non collegati. Avete fatto un monitoraggio?

“L’Usr ha monitorato, ma i dati ancora non li abbiamo perché sono sulla scrivania del Ministero. Dall’inizio i miglioramenti sono stati notevoli, però dei casi ancora gravi e irrisolti ce ne sono. In particolare l’entroterra dove il segnale internet è scarso. Ci sono poi anche i furbetti, ma quelli li avevi anche in classe, dove però si potevano nascondere meno”.

Alunni furbetti, ma non sono mancati i docenti che hanno fatto il minimo possibile. Ci saranno delle valutazioni?

“Spero che all’interno delle scuole ci sia un monitoraggio. Credo che sia doveroso per ogni scuola avere ben chiaro cosa sia successo al proprio interno. Chi ha fatto cosa è fondamentale e opportuno. Non è un modo per punire, ma deve essere la base per dire a qualcuno cosa deve fare meglio. E questo è anche il mio compito per far partire quelle scuole dove ci sono ancora insegnanti che non riescono a gestire una didattica mediata”.

Che relazione con i genitori?

“Le scuole che hanno vinto sono quelle che si sono confrontate, scegliendo l’imparare facendo. Chi ha detto ‘faccio questo perché lo volevano i genitori’, e tanti l’hanno detto, hanno sbagliato. Ma sempre dirò grazie ai genitori per il supporto in questi mesi”.

Webinar per i genitori?

“Ce ne sono di tutorial. Sono certo che a settembre, quando ci sarà la commistione tra distanza e presenza, crescerà anche questo aspetto perché gli stessi alunni porteranno a casa nuove competenze”.

Alcune scuole la amano, altre no. Che autonomia avranno gli istituti in autunno sull'uso della Dad?

“Uno strumento mai usato davvero quello dell’autonomia. Il problema è proprio a livello dirigenziale e organizzativo. Il discorso spazio e tempi va rivisto necessariamente. Sia perché ce lo chiede l’emergenza, sia perché abbiamo fatto esperienze che ci dicono di cambiare qualcosa. Penso alle riunioni dei docenti, che sono tante, e si potranno fare a distanza. Elemento che va a preso in considerazione. Inutile far spostare 120 insegnanti due volte a settimana quando abbiamo una piattaforma e un sistema di videoconferenza per poterci sentire anche meglio. I dirigenti hanno il potere, con il collegio docenti, di decidere di attuare Dad”.

Ci sono scuole o materie più adatte a una didattica a distanza?

“Per certi versi il Classico dovrebbe essere l’ideale come scuola. Il problema grosso dove ci sono i laboratori, che attualmente copriamo con dei simulatori, ma non è la stessa cosa. Le scuole umanistiche non hanno ostacoli. Capisco però qualche frangia contraria”.

Si parla dei professori, ma i dirigenti?
“Ne ho incontrati di leader carismatici, che convogliamo su di sé idee e progetti. Il punto era averli aperti al confronto. Poi ce ne sono alcuni che anche stimolati non hanno risposto e hanno fatto muro e i risultati sono stati diversi. La figura del dirigente è ancora oggi quella che incide su determinate questioni. Ma del resto ha tutte le responsabilità in capo”.

Monti, ultima domanda: quali sono i consigli per un bravo insegnante di Dad?

“La prima è capire che deve riprogettare il proprio modo di fare didattica, la presenza è differente. Deve essere bravo aa livello metodologico, non è complicato apprendere l’uso degli strumenti digitali. E poi deve essere un insegnante che dia grosso peso alla relazione, bisogna conoscere gli studenti e capire i loro bisogni potenziando le loro aspirazioni”.

@raffaelevitali

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