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Tra tacchi e cuoio. La gioia di Umberto: "Finalmente lavoro, anche se con mascherina". Ciccola: "Imprese sicure, ma servono aiuti. Ecco quali"

5 Maggio 2020

di Raffaele Vitali

MONTEGRANARO – Per entrare in azienda e poter vedere come funziona il lavoro in manovia ai tempi del Coronavirus ci sono regole da rispettare. Con il termo scanner un dipendente misura subito la febbre, poi c’è il dispenser di gel igienizzante e ovviamente la mascherina da indossare: “Altrimenti la porta resta chiusa” precisa Enrico Ciccola, titolare della Romit di Montegranaro.

Il 4 maggio era atteso, dai titolari come dai dipendenti: “Non vedevo l’ora di riprendere il mio posto. Il lavoro è fatica? Sì, ma è lavoro, è parte della nostra vita” commenta Umberto. Per lui lavorare significa mascherina sempre indosso e guanti: “Bisogna abituarsi, certo era meglio senza, ma le regole sono chiare. Mi sento tranquillo, non ho incertezza. Chiaro che dopo due mesi un po’ di paura c’è in ognuno di noi, ma questo ci ha reso ancora più uniti e carichi, insieme possiamo lavorare e stare in salute” aggiunge.

Parole importanti per Enrico Ciccola, che poi entra nel merito delle azioni adottate dal suo calzaturificio. E come lui tanti altri alle prese con protocolli e direttive. “In una giornata così bella, quindi di buon auspicio, la voglia di riprendere era tanta”.

Ciccola, come ha garantito l’accesso ai dipendenti?

“Abbiamo fatto quello che ci è stato richiesto. A dire il vero avevamo iniziato prima del fermo completo, quando le aziende potevano ancora produrre. Con i consulenti era stato creato un primo percorso di sicurezza interna”.

Dpi completi?

“Mascherina, igienizzanti, distanziamento. E gli operi le mascherine le usano sempre, anche se stanno a un metro dagli altri. Perché tutti vogliamo salvaguardarci, abbiamo anche distribuito una guida con tutte le regole spiegate in maniera semplicissima da portare a casa per le famiglie”.

Guanti sempre?

“Per certi lavori sarebbero pericolosi, per cui non tutti lo usano, ma nessuno entra senza essersi igienizzato le mani. E poi la fabbrica è stata bonificata. Aggiungiamo la misurazione della febbre all’ingresso, ogni giorno, così da dare ulteriore serenità al dipendente che non deve preoccuparsene a casa”.

Una parte dei dipendenti in smart working?

“Dopo quasi due mesi siamo un po’ arrugginiti. Quindi spero di riportarli tutti dentro. Ma per gli uffici qualcuno continuerà, in modo da garantire distanze”.

Test sierologici previsti?

“Verranno effettuati nel giro di breve tempo, ci siamo accordati con un laboratorio”.

Molti dicono che questa fase fa emergere figure inutili nelle aziende?
“Secondo me è servito a far emergere che gli imprenditori devono imparare a fare ancora più  squadra. Sarei felice di sentire proposte per il futuro, per una vera ripresa. Lo ha cominciato a fare il neo presidente di Confindustria Bonomi, lo aspetto dai vertici della nostra associazione. Dobbiamo parlare di come faccio a mantenere l’occupazione, come far tornare il Pil a crescere. Saranno momenti difficili. E sono preoccupato”.

Quale potrebbe essere una prima mossa per il calzaturiero?

“Fare in modo che l’Italia riesca a tenere la produzione qui. Noi siamo un settore con grande impiego di manodopera. Se non troviamo una strada per migliorare l’organizzazione commerciale nelle varie aziende, mettendo insieme le migliori teste, diventa difficile uscirne. Dobbiamo tornare competitivi sul prezzo, altrimenti saremo in vera difficoltà”.

Il prezzo sarà quindi il protagonista nella ripresa?

“Non penso che sarà solo il prezzo il nodo, temo di più l’assenza di una strategia adeguata. Non dimentichiamo lo studio Eurispes, ritiriamolo fuori e usiamolo per ripartire e focalizzare i nostri business. Le aziende che hanno una occupazione intensiva, rispetto al fatturato, devono avere agevolazioni precise e maggiori, non uguali agli altri, a chi produce all’estero. Vorrei che su questo anche i sindacati alzassero la voce, in modo da avere forza davanti alla politica. Che è colpevole, ma non in questo caso siamo anche noi imprenditori a non avere le idee chiare. E invece in questa fase la strategia di ripresa è fondamentale”.

Tornando alla Romit, ci sono ordini pronti?

“Posso dire che il mercato cinese ha ripreso, ricordiamo che è il primo per il lusso. Le aziende che lavorano per i marchi avranno benefici. Negativo è il mercato negli Usa, dove molte catene sono vicine al concordato. Perciò il loro sistema è diverso, ripartiranno anche se in tempi un po’ più lunghi. La Russia è una speranza al momento ferma, l’Europa è complicata perché temo che guarderà sempre di più al prezzo”.

E allora il made in peserà ancora?

“Va difeso, ma va collegato ai benefici fiscali per chi occupa in Italia”.

Teme molte chiusure in autunno tra le aziende?

“Voglio essere positivo e riprendo un pensiero di La Malfa: ‘nonostante tutto con la nostra offerta unica ci riprenderemo’. Dobbiamo essere fiduciosi, ma facciamo squadra”.

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