FERMO – Prova a spostare il mirino Valentino Fenni. Di fronte a un quadro locale e internazionale complicato, tra export in calo, dazi che avanzano e due guerre, il mondo delle calzature non può solo difendersi. Servono strategie chiare e condivise, in primis con la politica.
“Come se non bastasse, il settore moda si trova a fronteggiare due ulteriori questioni cruciali: la prima è il tema del controllo della filiera di produzione, la seconda è legata al costo del lavoro” sottolinea Valentino Fenni, presidente della sezione calzature di Confindustria Fermo, nonché vicepresidente di Assocalzaturifici.
Il lavoro è un problema. Teorie discordanti, c’è chi dice che c’è, chi dice che il ricambio è reso difficile dalle competenze mancanti, chi parla di cassa integrazione. La certezza è che “stando agli ultimi dati, nella regione Marche un dipendente prende in media 2400 euro in meno a un pari ruolo in Veneto”.
Fenni è chiaro, le ragioni sono diverse. “Al nord le giornate lavorative sono superiori al nord, poi una seconda motivazione è dovuta alla tipologia aziendale delle Marche e del nostro distretto in particolare. Le piccole e medie aziende, quasi tutte a conduzione familiare, hanno dei limiti reali di spesa. Questo significa che la differenza di qualche migliaia di euro deve essere compensata da fattori esterni”.
Quei fattori esterni che richiedono un vero patto con la politica, con chi amministra il territorio. “Nelle Marche dobbiamo puntare sulla sostenibilità umana, quella fatta di rapporti, flessibilità e qualità della vita. A questo vanno aggiunti i servizi che un piccolo territorio come il nostro può garantire: sanità di prossimità, infrastrutture, connessioni, asili e politiche per i giovani, formazione efficace.
È qui che è necessario siglare un vero patto tra imprenditoria e politica, tra amministratori e datori di lavoro. Il tutto per favorire il lavoratore. È impensabile restare competitivi, considerando il carico fiscale che un imprenditore deve sostenere, alzando gli stipendi, seppur con l’ultimo contratto nazionale sia stato fatto anche questo, perché si rischia di finire fuori dal mercato” ribadisce.
Per questo Fenni, a pochi mesi dal voto, lancia una proposta alle forze politiche: “Le Marche sono la terra del vivere bene e delle tradizioni: dobbiamo continuare su questa strada e migliorare. Questa può essere la sfida da vincere insieme e da affrontare con la Regione, che sia a nuova guida o confermata. Gli imprenditori faranno la loro parte perché, cosa che spesso si dimentica, a nessuno piace licenziare, a nessuno piace firmare contratti a tempo, a nessuno piace pagare meno di quanto vorrebbe un dipendente”.
Frase finale che serve da assist per l’ulteriore riflessione che prende spunto dall’attualità, il ‘caso’ Loro Piana. “La vicenda che vede come attrice non protagonista Loro Piana, brand che ha investito anche sul nostro territorio, deve portarci a una serie di riflessioni. La prima riguarda il percorso dal pezzo di pelle al prodotto finito. È impensabile che il brand abbia il controllo di ogni passaggio? Ne discutiamo da anni, una volta verificato il fornitore, non spetterebbe alla casa madre andare oltre”.
Per questo, conclude Fenni, è fondamentale il controllo da pare delle autorità: “A meno che una impresa non scelga scientemente per produrre in paesi stranieri dove si è consapevoli che un dipendente viene sottopagato e lavora in condizioni precarie senza le tutele obbligatorie da noi. Chi lavora in Italia sa cosa serve e quindi non può pensare di pagare un capo 150 euro per poi venderlo a tremila, perché da qualche parte la produzione deve avere avuto un problema”.