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Presidente della Repubblica, la storia insegna: trame, accordi e tanti scrutini. Dal plebiscito per Pertini alla sorpresa Gronchi

26 Gennaio 2022

di Raffaele Vitali

FERMO – Chi lamenta la lentezza della politica nello scegliere il nuovo Presidente della Repubblica, dovrebbe partire dalla storia. Con la quarta votazione e l’abbassamento del quorum a 505, lo stallo potrebbe essere superato, ma l'elezione dei 12 Presidenti dell'Italia repubblicana sono l’emblema di una liturgia sempre uguale. Trame, complotti, veleni, veline, delegittimazioni, dossier, franchi tiratori, disegni politici, compromessi, schede bianche e nomi di fantasia.

E questo fin dal primo presidente, Enrico De Nicola, voluto da Togliatti, eletto conl’’80% dei voti ma alla fine di un tira e molla tra De Gasperi che voleva Orlando e Nenni Croce. Per il liberale Luigi Einaudi, eletto nel '48, un nuovo compromesso. De Gasperi, trionfatore alle elezioni, voleva il repubblicano Carlo Sforza. Ma i democristiani erano spaccati e così, ecco Einaudi.

Nel 1955 uno degli esempi più lampanti dei franchi tiratori. Fanfani, segretario dei democristiani, era sicuro di eleggere Cesare Merzagora e invece il presidente della Camera Giovanni Gronchi, esponente della sinistra Dc, si ritrova a leggere per 659 volte il suo nome.

Non è fortunata la presidenza di Antnio Segni, scelto da Moro. Finirà nel vortice del golpe De Lorenzo e lascerà per colpa di un Ictus. E così nel 1964 ecco Giuseppe Saragat per cui son serviti 21 scrutini.

Per Natale, nel 1971, sotto l’albero gli italiani trovano Giovanni Leone al posto di Fanfani, schiacciato dopo 23 scrutini a vuoto. Leone si dimetterà per lo scandalo delle tangenti Lockheed. E così, siccome toccava alla sinistra, ecco il presidente più amato: Sandro Pertini. Eletto a 82 anni, ma dopo 16 scrutini, mentre il paese ancora sanguinava per l’omicidio moro. Prese però 832 voti su 995 votanti.

Ed ecco l’elezione del 1985 con la mano di Ciriaco De Mita che porta il sardo Francesco Cossiga, il picconatore, al Quirinale. Per lui un’uscita di scena molto mediatica con dimissioni e dichiarazioni roboanti che fanno tremare la politica, anche se alla fine tanti segreti se li porterà nella tomba.

Nel 1992, mentre tutti si aspettano uno tra Andreotti e Fanfani, ecco Oscar Luigi Scalfaro che diventa il presidente nell’anno delle stragi di mafia e vive Mani Pulite. Momento di tranquillità nel 1999 con Carlo Azeglio Ciampi. In questo caso i partiti si muovono per tempo, ognuno fa il suo dovere con Veltroni che tratta con Fini e Casini, D'Alema che fa pace con Berlusconi, e l’ex presidente della Bce passa al primo scrutinio.

Momento storico il siluramento di Romano Prodi, con i famosi 101 franchi tiratori che hanno aperto la strada aa Giorgio Napolitano, eletto senza i voti del centrodestra. Il primo presidente comunista diventa anche quello del bis. Perché nel 2013 viene confermato per far uscire il paese da uno stallo politico pesantissimo.

Poi, nel 2015, quando Amato sembra già eletto, ecco Sergio Mattarella, spinto da Matteo Renzi, che incassa 665 voti e 4 lunghi minuti di applausi. Diventerà il presidente del grande terremoto del centro Italia, della pandemia e delle parole rassicuranti e filo europeiste.

E ora? Si vedrà, con un piccolo pezzetto di Fermano protagonista: al voto ci sono infatti il deputato Mauro Lucentini e il senatore Francesco Verducci.

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