FERMO – L’uso del linguaggio non accessorio. Rapporti di genere dentro la società. Lingua di genere e uguaglianza. Ripristino l’importanza dei ruoli maschili e femminili. Muoversi nell’unicità della persona. Tutto questo in tre ore, quelle che ordine degli avvocati di Fermo, consiglio regionale dei giornalisti e commissione pari opportunità di Fermo hanno passato insieme.
Tanto da dire tanto da fare ancora, ma di certo un primo step per cercare, attraverso le parole, quantomeno di non fare danni se non di aiutare lo sviluppo di una coscienza civile incentrata sulla parità. Un incontro voluto da Luciana Mariani, dottoressa e consigliera provinciale, che ha trovato in Donatella Sciarresi, avvocata e responsabile delle Pari opportunità del suo ordine, la prima alleata. Ed è proprio nel termine ‘avvocata’ che si raggiunge il primo risultato.
A chiarire tutto è Federigo Bambi, professore dell’Accademia della Crusca nonché avvocato. “L’uso del temine professionale al femminile può dar fastidio perché non abbiamo l’orecchio abituato. La lingua vive nell’uso. Ci può dar fastidio, perché non siamo soliti sentirlo pronunciare. Il problema quindi è nella mancanza di ascolto”.
La sala della Provincia di Fermo, piena di giornalisti, avvocati e politici, rumoreggia. È un tema delicato, se ne discute spesso, soprattutto in questa piccola provincia in cui fino a pochi mesi fa c’era un prefetto donna e c’è tutt’ora un questore donna. Bene, per loro, chiarisce il linguista Bambi, il cammino è segnato: prefetta e questora. “Mentre suona comune l’infermiera, non lo è proprio il termine questora. Ma è anche così che si raggiunge la parità effettiva. La lingua sotto questo profilo potrebbe svolgere una funzione performativa. Mentre si parla si realizza quello che viene detto” ribadisce Bambi.
La questora Rosa Romano ascolta attenta e alla fine conviene con il docente: “Siamo ancora nel tempo del termine maschile inteso come inclusivo, c’è una resistenza al cambiamento. Bene vengano momenti di confronto e riflessione come questo”.
Non è un compito semplice quello di adeguare il linguaggio, molto spetta al giornalismo. Lo conferma Alessandra Pierini, che dell’Ordine è vicepresidente e che con il collega e consigliere Raffaele Vitali ha voluto questo incontro.
Mentre parla fa scorrere slide con tanti esempi di uso non corretto delle parole, dei titoli, della narrazione che riguardano le donne. “Non dobbiamo mai dimenticare che il linguaggio deve essere rispettoso, corretto ed essenziale. I cambiamenti sono lenti, se pensiamo che femminicidio e omofobia, termini nati nel 2007, sono entrati nelle nostre carte deontologiche solo nel 2017. Ma una cosa deve essere chiara: Dobbiamo evitare narrazioni tossiche. Abbandonare i termini che si usano per necessità di sintesi, come delitto passionale e raptus, che sono ormai inaccettabili”.
Per raggiungere questi obiettivi, bisogna fare squadra. Dal prefetto di Fermo Michele Rocchegiani, che non è voluto mancare, alla consigliera di parità Alessandra Cognigni, dal presidente della Provincia Michele Ortenzi all’avvocata, “che è meglio di avvocatessa” ha spiegato il linguista, Francesca Palma, che è membro del consiglio nazionale forense.
“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio” ricorda in chiusura la Sciarresi. Un piccolo passo, quindi, ma di certo solido verso la strada che porta al “valore positivo delle parole, superando quel lato negativo che anche in maniera inconsapevole utilizziamo quotidianamente. Spesso attriti e situazioni spiacevoli si possono superare con il buon uso delle parole, da oggi lavoreremo insieme per raggiungere questo obiettivo” conclude Luciana Mariani.