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Pitti Uomo, la moda vuole la scarpa made in Montegranaro. "Lavorazione a mano decisiva"

9 Gennaio 2020

Shoto e Alexander Hotto, piacciono le collezioni tra i padiglioni di Firenze.

FIRENZE – C’è tanta Montegranaro a Firenze, dentro i padiglioni glamour del Pitti Uomo. C’è perché ormai anche la scarpa non può più fare a meno del pantalone, della maglia, della giacca, del total look. Quello che mostrano gli uomini iper eleganti, al limite dell’eccentrico, che varcano i cancelli della Fortezza da Basso con l’obiettivo di farsi fotografare, ma anche di farsi colpire dalle nuove collezioni presentate. “I negozi di scarpe puri nel mondo sono sempre di meno, per cui le boutique sono un compagno di viaggio fondamentale. Questa non è una fiera, chiariamolo subito, qui entra gente esperta che guarda, tocca, capisce e poi prende appuntamento con gli agenti per gli ordini” spiegano gli imprenditori.

Stefano Medori con dei clienti

Esserci è fondamentale. “Pitti e Micam restano i due pilastri, non posso farne a meno” sottolinea Stefano Medori che guida Shoto, un calzaturificio che produce 80 paia giornaliere con i suoi 15 dipendenti. “Fascia alta, totalmente artigianale con colorazione a mano e, per parlare di sostenibilità che va tanto di moda, pelle a concia vegetale, fondi anche in lattice”. Ma Medori è chiaro: “Più della ‘sostenibilità’ al cliente interessa l’artigianalità. Che poi è il motivo per cui viene comprato e richiesto il made in Italy, che è fondamentale e necessario. Per cui non si fermino le battaglie per ottenere il riconoscimento”.

Giampietro Melchiorri con un pezzo della nuova collezione

Un tema ripreso anche da Giampietro Melchiorri, al Pitti con la collezione Alexander Hotto: “Bisogna fare attenzione quando si parla di eco sostenibili: “L’ecosostenibilità è un concetto da declinare in maniera filtrata. Un’azienda che lavora a mano può inserirla, ma in maniera ragionata altrimenti salta tutto, anche perché i costi lievitano. Ancora – prosegue – nel campo degli accessori la sostenibilità è marginale, anche se in crescita”. Anche perché c’è una fascia di mercato che on può farne a meno: “Penso agli under 25 per cui sapere quanto è eco una scarpa diventa fondamentale. Ma è difficile, soprattutto per il piccolo, creare una produzione completamente eco. E quindi siamo un passo indietro rispetto alla richiesta mediatica globale. ma questo vale per ogni mercato, anche per le automobili, dove l’elettrico ancora costa molto di più del normale”.

Poi ci sono tutte le altre caratteristiche, come la leggerezza “che non può fare a meno della comodità e del dettaglio, come ad esempio questo tipo di lavorazione, la San Crispino, che colpisce il buyer perché è un dettaglio che caratterizza”.

Tra gli stand si notano forme sempre più grandi “e quindi si alzano anche i modelli, con il ritorno dell’anfibio proprio per reggere la forma di base più alta che richiede equilibri nel disegno”. Quello che è interessante, girando tra i padiglioni, è che è pieno di buyer italiani, di negozianti, di agenti. “I clienti esteri ci sono, ma non sono la priorità. Anche se la tramvia ha reso molto più accessibile la Fortezza e i numeri sono destinati a crescere. a riprova del ruolo che gioca la logistica e Firenze ha investito sul Pitti”.

Diversamente dal Micam, sempre più affidato agli stranieri, c’è anche lo stivale che compra. “Sono dieci anni che vendiamo le scarpe di Shoto. Le abbiamo scoperte per caso. Poi – raccontano i titolari del negozio Orlandini di Firenze, una colonna della moda che dalle Marche importa anche Lardini e Premiata – non ne abbiamo più fatto a meno. Certo, costano un po’ di più ma la qualità è tale che il cliente non esita. Nelle scarpe di Montegranaro c’è una vera alternativa alle sneakers”.

Manualità in mezzo al mondo del 4.0. Montegranaro ha ancora speranza: “Il cliente di livello non vuole il robot, vuole il dettaglio, vuole il profumo del lavoro. Ricordiamocelo e andiamo avanti, innovando ma senza mai snaturarci” conclude Melchiorri.

1.segue

Raffaele Vitali

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