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Montepacini, la fattoria che diventa ristorante: km 0 e niente barriere. Una sfida per tutti, clienti inclusi

4 Giugno 2020

FERMO – Sarà un posto speciale. Non diverso, ma unico. Perché, come spesso si dice: ma diverso da chi? Il mondo di Montepacini è quasi pronto. L’elemento più atteso è stato arrivato, ovvero la cucina. Che non è un dettaglio, perché se vuoi aprire un ristorante, devi avere i mezzi.

La struttura è stata al centro di importanti lavori finanziati dal Comune di Fermo che ha creduto fortemente nel progetto visionario di Marco Marchetti e company. Quella che da sempre è una fattoria sociale, avrà ora il suo completamento, creando così un ristorante a filiera praticamente chiusa, con i prodotti dell’orto e dell’aia che finiranno direttamente dentro le padelle e poi nei piatti dei clienti.

Il piano terra della casa colonica sarà il regno degli ospiti della cooperativa e dei prodotti biologici, freschi e certificati, coltivati da oltre un anno. “Ogni ragazzo con disabilità sarà attore assoluto di questa realtà”. Quello che spesso si vede nei film diventa reale a Fermo.

Al fianco dei ragazzi ci sarà l’istituto alberghiero Carlo Urbani di Porto Sant’Elpidio, creando un connubio tra normo dotati e diversamente abili capace di abbattere ogni barriera, oltre che fisica culturale. “Un progetto che ha avuto la sua genesi nel 2012 e che – ricorda il sindaco Paolo Calcinaro, che ha visitato la strtuttura come il collega di Ponzano che pochi giorni fa ha donato mascherine per far lavorare tutti in sicurezza - scommettendo sulla partecipazione di genitori e volontari sostenuti dalla convinzione che le persone disabili da “oggetto di cura e di assistenza” potessero diventare soggetti che si prendono cura dell’orto e degli animali e che il contesto agricolo rappresentasse una risorsa fondamentale per favorirne l’autonomia, arriva a compimento”.

La fattoria opera su terreni pubblici e durante l’emergenza Covid non si è mai fermata, grazie anche al supporto di molti chef che si sono messi a disposizione per realizzare menu da asporto e cene solidali. All’interno del comprensorio, tra poche settimane, si intrecceranno il punto vendita dei prodotti coltivati, la fattoria didattica, il ristorante, gli spazi per il ‘dopo di noi’: insieme per un turismo sociale e una società più civile.

Un grande progetto che però deve rendere tutti più responsabili: perché se non ci saranno i clienti, l'obiettivo non sarà stato raggiunto. Nessuno dei protagonisti è interessato alla bandierina, vogliono lavorare e guadagnarsi da vivere facendo quello che amano: cucinare e servire ai tavoli. Ai fermani e ai turisti il compito, appena si apriranno le porte, di fare i clienti.

Raffaele Vitali

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