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Modello Micropress: piccoli, flessibili e idee chiare. Marziali: "Il lockdown ci ha spinto a migliorare, da un libro stampato al packaging per il food"

1 Novembre 2020

di Raffaele Vitali

FERMO - Aveva 18 anni quando ha aperto la ditta. Diciotto anni e una maturità classica da prendere nel giro di pochi mesi. “Troppo forte il richiamo. Dovevo finire il Classico, ma la voglia di impaginare libri era troppo forte” racconta Carlo Marziali, 42enne titolare della Micropress di Fermo.

Di per sé sembrerebbe una storia come tante, di quelle nate in un garage e cresciute con l’impegno. Ma non sarebbe bastato questo per arrivare al 24esimo anno di attività con un trend in crescita nonostante il Covid e i vari lockdown.

Perché? Il segreto è presto svelato: visione e business plan legati a settori di nicchia, ma ben identificati che hanno permesso alla Micropress di abbinare ai libri lo sviluppo della cartotecnica e quindi del packaging per il food, mai come oggi necessario. Il tutto partendo dalla domanda giusta che non è ‘quanto costa’, ma ‘che beneficio hai?’.

Marziali, partiamo dall’inizio. Come si diventa imprenditori?

“Mio padre lavorava in una casa editrice a Roma. Poi, per diversi motivi, ha dovuto smettere ed è tornato. Mi ha aiutato all'avvio. Un mondo che mi affascinava, ma non avevo una idea precisa del business che volevo raggiungere”.

Arriva il diploma e il primo bivio: università o azienda?

“Finite le superiori l’attività cresceva, anche se nel garage di casa, ma non si fermava lo studio: Sociologia a Urbino che ho abbandonato quando mio padre è scomparso. Abbiamo iniziato ad ampliare il lavoro con la stampa offset e abbiamo iniziato a stampare riviste nazionali. Questo fino alla crisi del 2008, che per noi si è concretizzata nel 2012”.

Crisi, difficoltà, riorganizzazione?

“Ci siamo reinventati capendo le lacune e abbiamo puntato sulla stampa digitale. Da uno a mille, quindi riuscire a dare la qualità anche per piccoli ordini. Ho creato una azienda flessibile, puntando su macchinari altamente funzionali. Senza mai abbandonare la passione dei libri, che stampo anche in piccole copie”.

E il packaging, cartone e non carta, come è arrivato?

“E’ partito da una copertina cartonata, da un cofanetto. E questo con una collaborazione avviata con gli scatolifici che questa fetta di mercato non l’avevano mai affrontata. E infatti oggi raccolgo ordini che loro ricevono e che per dimensione non potrebbero fare. Ho una nicchia efficiente che non è prototipizzazione, ma bassa tiratura”.

 Artigianato industrializzato?

“Di livello, tanto che arrivano chiamate da Bruno Editore per alcune loro produzioni ridotte”.

Il core business dell’azienda, al fianco del mondo editoriale, è la cartotecnica?

“Il libro lo stampiamo, ma lo seguiamo. Avendo un market place su Amazon e una digitalizzazione avviata per arrivare al phygital, vogliamo dare un servizio totale dal ghostwriter all’editing fino alla pubblicazione.

Nella cartotecnica lavoriamo sulle piccole tirature. Penso al food e delivery, dai bar alle gelaterie, che hanno bisogno di pochi pezzi personalizzati per far veicolare il loro brand in questa fase complessa. Non è semplice, stiamo studiando soluzioni. La fase del lockdown serale apre nuove porte, la consegna a casa è il futuro. E per questo abbiamo preso un rappresentante di settore per avere feedback diretti dei clienti. E da qui, ascoltando i clienti, nascono scatole mirate per l’esigenza, più piccole di quelle pensate all’inizio”.

Economicamente competitivi?

“Non costiamo come chi te ne vende 5mila. Ma il valore di personalizzare il brand è alto. Sono arrivati ordini, sono di nicchia, non tutti ci investono, ma sono le attività che devono capirlo. Abbiamo avuto le prime consegne per trenta pezzi, ma anche 600. La forza resta quella di ordinare 200 pezzi, ma con tempi di consegna diversificati, in modo da evitare che uno debba comprare e crearsi un piccolo magazzino. Chiaro, il nostro è un packaging che costa di più, ma che accresce il valore del prodotto”.

Marziali, ma chi è che vuole stampare un libro?

“Abbiamo tanti formatori che vogliono realizzarlo, visto che lo considerano un vero biglietto da visita. E poi c’è il mondo dello spettacolo, ci sono gli scrittori per passione”.

24 anni fa lei e suo padre, oggi quale è la sua squadra?

“Ho cinque dipendenti, più dei collaboratori esterni per editing e grafica. Avvalersi di un team variegato è fondamentale”.

Il lockdown quanto ha pesato?

“I due mesi con meno lavoro ci hanno fatto accelerare determinate digitalizzazioni e mirare meglio gli obiettivi. Una fase di vera ricerca. Ad aprile ho usato la cassa integrazione. Aiuti dello Stato? I bandi ci stanno, il problema è intercettarli, per questo ho fatto un accordo con una realtà nazionale di consulenza. Se nel 2013 avessi avuto il consulente di oggi avrei risposto molto meglio al post crisi. Investire in competenze non è un costo ma investimento. Ti aiutano ad allargare la mente”.

La pandemia non la spaventa?

“Come a tutti. Ma vedo una crescita e vedo spazi verdi attorno all’azienda che voglio realizzare. Non una semplice zona industriale, ma una fabbrica palazzo è dove vorrei portare la Micropress. Siamo tornati al fatturato pre crisi, vicino ai 400mila euro. L’obiettivo era mezzo milione, ma le chiusure stanno cambiando gli scenari.”.

Lei ha iniziato giovanissimo, che rapporti ha con la scuola. Ci sono studenti preparati e pronti per lavorare?

“Non è che esci dalla scuola e lavori, vanno formate le persone. Nel 2014 e 2015 ho insegnato agli Artigianelli, ci sono margini per nuovi corsi da operatore cartotecnico e operatore digital. Ci piacerebbe creare collaborazioni, anche alternanza scuola lavoro, penso all’Itet che ha un corso di grafica, oltre che con l’Artistico con cui già dialoghiamo. Però la scuola deve accelerare, le aziende sperimentano e accorciano i tempi. Soprattutto quelle flessibili come la mia dove un team ristretto, ma con capacità di fare rete esterna, è il valore aggiunto”.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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