di Raffaele Vitali
MILANO – Il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli ha scelto l’ultimo giorno di Micam per incontrare gli imprenditori, e la presidente di Assocalzaturifici Ceolini, quei calzaturieri che hanno davvero bisogno della Regione per reggere le sfide internazionali e restare una fetta del Pil regionale.
Con il governatore il consigliere Andrea Putzu e la dirigente Bussoletti. Acquaroli ha girato per gli stand, con lui anche il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro , ieri in fiera i primi cittadini di Porto Sant’Elpidio, Montegranaro e Porto San Giorgio, e i vertici di Confindustria Fermo, Fenni e Gallucci, di Macerata, con Cignali e Achilli, e il direttore della Cna, Caranfa.
Presidente Acquaroli, cosa le hanno detto gli imprenditori?
“C’è la consapevolezza del momento difficile. Ci sono mercati che hanno rappresentato un punto di riferimento e che oggi sono chiusi o vivono grandi difficoltà. Vale per la Russia ma anche per questi paesi che potremmo definirne l’indotto. Questo preoccupa, perché gli viene richiesto un cambio di modello di riferimento”.
E poi?
“C’è un problema di distribuzione in molti territori. Il grande marchio lo risolve da solo, il medio piccolo fatica e quindi finisce per rinunciare, noi dobbiamo evitarlo”.
Cosa fare?
“Far crescere il marketing, costruire una immagine più solida del distretto. Che è fatto di Pmi. Deve aumentare il peso dell’internazionalizzazione intesa come ricerca di nuovi mercati”.
Marketing e comunicazione nei piani regionali?
“Nel nostro programma c’è il sostegno alle piccole e micro imprese che puntano sulle competenze. Vogliamo far incrociare l’esigenza delle Pmi con la valorizzazione dei laureati o di giovani con competenza specifica e che magari lavorano fuori. I piccoli non hanno risorse per poterseli permettere e su questo dobbiamo noi investire”.
Il Micam cosa dà alle imprese secondo lei?
“La tenuta dei clienti. Diminuiscono gli ordini, ma esserci è stato fondamentale. C’è anche stato chi ha detto che è andata bene, ma è chi ha saputo puntare su marketing e innovazione”.
La sfida è comunicare il distretto?
“Determinante su questo è il rapporto con le categorie e i corpi intermedi, insieme possiamo decidere come brandizzare la regione, il territorio”.
Secondo lei cosa serve?
“Dobbiamo far capire il valore del prodotto, così come fatto sul cibo: far comprendere la manifattura che abbiamo e rende la scarpa unica. Ma vale anche per cappello e borse. Dobbiamo far capire quello che c’è dietro. Non si acquista un prodotto normale, quello che esce dalla manovia comune. Qui c’è l’artigianalità che vale il prezzo”.
Internazionalizzazione?
“Incredibilmente fondamentale. Dovremo implementarla facendo lavorare ancora meglio Atim, Camera di Commercio e Ice. Sempre perseguendo il rapporto stretto tra istituzioni e associazioni di categoria”.
Acquaroli, le hanno chiesto della Zes?
“Non c’è ancora piena cognizione rispetto alle opportunità. Il responsabile della Zes Unica, Giosy Romano, è venuto nelle Marche proprio per spiegare il potenziale. E lo ha fatto partendo da tre numeri relativi a quanto accaduto nel 2024 nel sud Italia: 800 autorizzazioni, 27 miliardi di investimento, 35mila occupati. La forza vera però resta l’autorizzazione unica, 60 giorni”.
Dotazione finanziaria?
“Già c’è, ampliamo quella già operativa”.
Decontribuzione e costo del lavoro?
“Zes del meridione e Zes della regione in transizione non sono identiche. Il risultato però resta enorme. Ci sono criteri che dobbiamo rispettare. Per ogni cosa dobbiamo dialogare con l’Europa e chiedere. Il Governo ha raggiunto un obiettivo incredibile. E considerate che alla Zes si accompagnerà la nuova programmazione europea”.
Secondo lei chi ne usufruisce?
“La Zes è una tipologia che è molto utile alle aziende esistenti. A chi deve fare ampliamenti, a chi deve fare nuovi insediamenti. Può poi anche attrarre. No è qualcosa per la grande azienda, perché avere un’autorizzazione, o un diniego, in tempi certi e brevi cambia la prospettiva per un imprenditore”.
Acquaroli, cosa si porta via dal Micam?
“La necessità di continuare a investire, di dare una prospettiva che sia di competitività ulteriore. Oggi si resiste se le risorse sono investite al meglio nell’internazionalizzazione, nell’accompagno dell’innovazione del ciclo produttivo per poi alzare le competenze per resistere sui mercati. Dobbiamo quindi fare ancora di più. è una promessa: le competenze, che devono essere interne, le agevoleremo con risorse mirate per i più piccoli rendendoli ancora più competitivi, oltre che straordinari artigiani”.