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Macarri: "Non solo Covid, la gente torni a curarsi. Nel Fermano la sanità ha risposto bene, affronteremo le criticità"

24 Aprile 2020

di Raffaele Vitali

FERMO – Dentro l’ospedale Murri che combatte contro il Coronavirus, c’è anche una parte che ogni giorno porta avanti il suo percorso, quello dell’assistenza ai malati ‘normali’, intervenendo dove e quando necessario. Un esempio è la Gastroenterologia del professor Giampiero Macarri.

Macarri, come sta affrontando in reparto l’era Coronavirus?

“Lavorando, dando risposte. Abbiamo ricevuto tutti, da parte di familiari e pazienti, dei WhatsApp, dei messaggi, delle telefonate per chiedere a noi ‘come state?’. Loro chiedevano a noi come stavamo, un segno di vero affetto e testimonianze”.

Medici e personale sanitario sono diventati un modello, stupito?

“Quando la Lombardia ha chiesto aiuto, in 8mila sono partiti, pur sapendo delle condizioni disagiate e il grosso rischio a cui si sarebbero esposti, sia in termini di rischio medico, e molti hanno dato la loro vita, sia per l’impegno. Cito Papa Francesco, anche se sembra una frase fatta: Speriamo di trarre conseguenze positive per costruire qualcosa di migliore’. in questo penso a una sanità che in tutto il mondo ci invidiano, ma che ha qualche aspetto fragile, ci sono state criticità. Possiamo migliorarle se tutti ci impegniamo”.

Macarri, si parla tanto dei malati Covid, ma che fine hanno fatto gli altri?

“Questo è un momento più commesso perché il carico di lavoro è cambiato, non è aumentato. Assistiamo a un fenomeno nostrano. Invasione di Covid positivi e una riduzione importante delle patologie comuni. Il mondo scientifico si sta interrogando per capire questo fenomeno. La spiegazione più intuitiva, ipotesi più probabile, è che la gente impaurita certe patologie se le gestisce a casa o non le gestisce. Questo ci deve far riflettere su tante cose, ma mette un po’ di preoccupazione perché ci sono persone che potrebbero arrivare in situazioni compromesse. Questa paura c’è”.

Covid Hospital a Civitanova, che ne pensa? Serve davvero agli altri ospedali?

“Lo lasciamo dire agli esperti strategici, agli epidemiologi. Oggi uno pensa non serva, ma in realtà cosa accadrà? Difficile prevedere il futuro e dare un giudizio. Idealmente faceva comodo all’inizio. Però la scelta se usarla o no non è per oggi. Vedremo in futuro”.

Torniamo al Murri, accesso in ospedale sicuro?

“Sdrammatizziamo. Il virus è un nemico invisibile ma il Murri si è organizzato bene. Percorsi separati. A Gastroenterologia, ma vale per tanti, stiamo cercando di fare un’attività ridotta per evitare afflusso, e per questo non entrano i parenti. Chi viene dentro entra con tampone negativo, questo ha preservato l’ospedale. C’è una valutazione all’ingresso: temperatura e anamnesi. Un ospedale protetto, chi ha bisogno venga al Murri”.

Si teme l’ondata di ritorno della normalità?

“Il timore c’è, ci sarà un iper lavoro. Tutti gli esami programmati necessariamente rinviati. Stiamo organizzando le azioni. Abbiamo fatto una riunione per cercare di capire come riaprire in modo attento e sicuro. Le emergenze non si sono mai fermate, ai pazienti che hanno bisogno di un esame rispondiamo, a meno che non si possa attendere ottobre-novembre. Nessuno di noi è tranquillo, ma stiamo facendo un grande lavoro”.

Lei è un primario, parliamo degli infermieri. Come lo vivono questo periodo?

“Quanto stress in questo periodo? Ci sono stati momenti di sconforto tra chi è stato coinvolto in prima persona. Un carico di lavoro talmente elevato che c’era la paura, c’erano momenti in cui ti sentivi non sufficiente. E poi è difficile spiegare cosa significhi lavorare, dare il massimo per delle persone e poi vederle peggiorare o peggio morire. Insieme abbiamo superato con forza questo quadro drammatico. Questo è un virus nuovo ma stiamo cominciando a conoscerlo”.

Come è cambiato il vostro ruolo di medici in questo periodo?

“Un esempio, non c’è più il rapporto con i familiari. E’ venuto meno il contatto fisico che è fondamentale. Questo è il cambiamento epocale per noi medici. Due mesi fa eravamo abituati, era la prassi, a curare le persone di 100 anni. Ho tolto un calcolo a uno di 107. Questo carico massivo di persone anziane difficili da gestire con la stessa attenzione qualità ci ha creato problematiche psicologiche. Ora pian piano con la riduzione è tornato un clima diverso. C’è finalmente qualche posto libero. Si accoglie il paziente non solo nelle condizioni peggiori. Non siamo nella norma ma il contesto è cambiato. Non abbiamo a Fermo mai dovuto scegliere chi curare, ma non potevamo garantire la nostra qualità più alta con numeri così grandi”.

Si parla tanto ora di medicina territoriale, quale è secondo lei la situazione in questo territorio?

“A Fermo si è lavorato bene. Il nostro sistema territoriale è efficiente ed è stato utilizzato. Direi che noi siamo messi meglio di altre zone. Alcune regioni hanno fatto altre scelte. Bisogna equilibrare i sistemi pubblico e privato, se uno è sbilanciato non funziona. Il territorio fa da filtro e crea meno problemi e ondate di pazienti verso l’ospedale. Qui la politica è stata vincente”.

Macarri, ultima domanda: cosa pensa della scelta di Della Valle di destinare le risorse ai parenti dei sanitari morti?

“Sono rimasto stupito, ma è lodevole poter garantire un po’ di serenità. Non restituiamo i nostri colleghi alle famiglie, purtroppo. Ma è un gesto che va apprezzato e so che tanti privati si sono interessati. Questo sopravvivere all’emergenza, la solidarietà e la vicinanza delle persone al nostro mondo. E questo mi ha colpito e non lo dimenticherò”.

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Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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