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L'ultimo volo di Kobe Bryant: cade l'elicottero, muore la leggenda dei Lakers

26 Gennaio 2020

LOS ANGELES - Amava il basket, amava la sua famiglia, amava i Lakers: addio Kobe Bryant. L’ultimo volo del Black Mamba è sui cieli della California, nella sua Los Angeles. Il suo elicottero, quello con cui girava da anni, è precipitato, si è schiantato al suolo e ha preso fuoco. Non si è salvato nessuno. Erano in nove e secondo Tmz, che ha dato per primo la notizia della morte del campione, c’era con lui una delle quattro figlie, Gianna Maria, che stava accompagnando agli allenamenti alla Mamba Academy. Presenza poi purtroppo confermata.

È morto così uno dei più grandi giocatori della Nba, uno che non voleva neppure sentir parlare di sconfitta. Uno che era diventato leggenda da vivo e che ora sarà immortale. Uno che ha fatto innamorare tutti della pallacanestro, ancora di più in Italia dove si sentiva a casa.

Giocatore cresciuto in Italia, il padre ha giocato a Rieti, Pistoia e Reggio Emilia, diventato leggenda con la maglia dei Los Angeles Lakers. Amato in campo e fuori, anche da chi non seguiva il basket, per la sua lettera di addio.

"Caro basket, hai regalato a un bambino di sei anni il suo sogno di essere un Lakers e ti amerò per sempre. Ma non posso amarti ossessivamente ancora molto a lungo. Questa stagione è tutto quello che mi resta da darti. Il mio cuore può ancora prendere dei colpi, la mia mente può ancora gestire la fatica ma il mio corpo sa che è il momento di dire addio. E va bene, sono pronto a lasciarti andare". Queste alcune delle parole che disse, o meglio scrisse, prima di far calare il sipario sulla carriera di un 17 volte All Star, due volte oro olimpico (2008 e 2012) e oltre 33 mila punti segnati, cifra superata da King James il girono prima della sua morte.  

La stella dei Lakers lascia la moglie Vanessa Bryant altre tre figlie: Natalia, Bianca e Capri Bryant. Sconvolto il mondo dello sport e non solo. Dal presidente americano Trump a tutte le stelle Nba che con lui hanno giocato, il web è stato riempito di tweet e post sulla tragedia. "Non può essere vero. Sei il mio eroe" le parole cariche di dolore di Marco Belinelli. "Uno dei giocatori che ha fatto spettacolo, è stao un esempio per i giovani" sottolinea Dino Meneghin. "Un campione generazionale che unisce gli appassionati di cinque continenti" commenta Flavio Tranquillo, che ha raccontato per anni il campione gialloviola.

La carriera

Dopo vent’anni da leader, la morte a 41 a causa di un incidente d'elicottero a Calabasas, contea di Los Angeles. Un predestinato Kobe, che nemmeno 18enne viene selezionato al draft del 1996 come 13esima scelta dagli Charlotte Hornets. Ma quella maglia non la indosserà mai perché' i Los Angeles Lakers sacrificano Vlade Divac pur di averlo e affiancarlo all'altra star appena arrivata da Orlando, Shaquille O'Neal. Piano piano Bryant, maglia numero 8, scala le gerarchie dei gialloviola, fino a diventare la guardia titolare. Ma è nell'estate '99 che la sua carriera vive una svolta decisiva: in California arriva Phil Jackson e sotto la sua guida, come successe a Michael Jordan, il ragazzo di Filadelfia compie il grande salto. Arrivano tre Anelli di fila (2000, 2001 e 2002), poi però qualcosa si rompe, Bryant è costretto ad affrontare un'accusa di stupro mentre il suo rapporto con Shaq si incrina irrimediabilmente tanto che, nel 2004, i Lakers si trovano a un bivio e scelgono di puntare su di lui, mandando a Miami O'Neal.

Seguono anni complicati, di tensione anche con i vertici Lakers, e nemmeno il ritorno di Jackson riesce a migliorare l'umore di un Bryant sempre più solista ma autore di prestazioni che resteranno nella storia. Su tutte quella del 22 gennaio 2006, quando guida i Lakers alla vittoria su Toronto siglando 81 punti, score secondo solo ai 100 firmati da Wilt Chamberlain nel '62, ma non si può nemmeno dimenticare l'esibizione del 2 febbraio 2009 al Madison Square Garden, quando affonda i Knicks con 61 punti, un record nel leggendario palazzetto di New York. È il prologo di un nuovo capitolo in cui Kobe si metterà alle dita altri due Anelli (2009 e 2010), corredati da altri primati (diventerà il miglior marcatore nella storia dei Lakers superando Jerry West), successi personali (due volte Mvp delle Finals) e un cambio di numero, dall'8 al 24, come a simboleggiare l'inizio di una nuova carriera. L'aggancio ai sei titoli di Jordan non arriverà mai perché' il "Black Mamba" comincia a dover fare i conti con un fisico non più indistruttibile. Diventerà il terzo realizzatore di sempre nella storia Nba, dietro i soli Abdul-Jabbar e Karl Malone, prima di annunciare, in una struggente lettera d'amore del novembre 2015, il suo ritiro. 

Morire in volo

Kobe Bryant e la sua fine ricordano quella di un gruppo di sportivi vincenti e mitici la cui parabola si è chiusa in un incidente seguito per anni, a volte decenni, dallo sconforto dei tifosi. In principio, in questo atlante storico del dolore, fu il Grande Torino: una squadra capace di dominare dappertutto che finì il suo percorso, di ritorno da un'amichevole in Portogallo, su un aereo che impattò sulla basilica di Superga a causa delle scarse condizioni di visibilità. Qualche mese dopo, venne Marcel Cerdan, il pugile bello e impossibile che aveva fatto innamorare in un turbinio di gossip e lacrime Edith Piaf, morto in un incidente aereo nel 1949 mentre andava a combattere negli Usa. Nel 1958 sulla pista dell'aeroporto di Monaco un incidente aereo cancellò parte del Manchester United (morirono 23 persone, tra cui 8 giocatori): fra i superstiti Bobby Charlton, che in seguito vinse Mondiali e Pallone d'oro. Sul disastro di cui furono protagonisti i rugbisti argentini dell'Old Christians, il chi aereo si schiantò sulle Ande, sono stati fatti libro e film, mentre l'Alianza Lima, squadra di punta del calcio peruviano, scomparve nel 1987. Nel 2016 ha commosso il mondo la tragedia della Chapecoense, la squadra brasiliana che stava volando in Colombia per la Coppa Sudamericana e non riuscì mai a giocare quella finale. Il bomber argentino Emiliano Sala è andato incontro al destino, inabissandosi nella Manica, poco più di un anno fa, il 21 gennaio 2019, mentre volava, a bordo di un Piper, verso Cardiff per fare le visite mediche con la squadra che l'aveva appena acquistato. A bordo di un elicottero, infine, proprio come Bryant, è morto invece il businessman thailandese Vichai Srivaddhanaprabha, l'uomo che, nel ruolo di presidente, è stato assieme a Claudio Ranieri l'artefice del miracolo Leicester: nell'ottobre del 2018, dopo la partita finito 1-1 contro il West Ham, il suo velivolo si è schiantato nel parcheggio del King Power Stadiu, fra lo sgomento dei giocatori e in particolare del portiere Schemichel che da lontano vide la scena (foto da Ultimouomo.it).

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