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Livini punta sui test sierologici: "Sono l'esame di massa". Ma nessun laboratorio privato fermano ha l'ok della Regione

27 Aprile 2020

FERMO – Che la Fase 2 abbia inizio. “Ma in modo cauto”. Perché la ‘straordinarietà’ è ancora presente. “Abbiamo obblighi, direttive e percorsi obbligati dentro il Murri che è ancora un ospedale misto”. Il mondo del pulito e sporco prosegue: “Sicuramente è la fase più delicata e la affrontiamo con un piano preciso” spiega il direttore Licio Livini. Ci sono 36 pazienti ricoverati, sei in terapia intensiva, gli altri tra malattie infettive e Covid 1. “Un numero gestibile rispetto agli 87 del 3 aprile. Noi vogliamo arrivare sotto i trenta ricoveri”.

Ha tanto d dire Livini e un punto chiave diventa quello dei test sierologici e dei tamponi: “Subito abbiamo ragionato sui tamponi, con tutte le difficoltà per materiale e reagenti. Ne abbiamo fatti 5mila, con una buona collaborazione con il laboratorio dell’istituto zooprofilattico di Fermo”. Al tampone si arriva in modi diversi: quelli richiesti dall’ospedale, quelli a domicilio (407 le persone in vigilanza attiva), quelli in auto, quelli legati agli operatori sanitari, “sono 1300 che controlliamo e ricontrolliamo”. Il tampone per Livini è la metodica più certa, ma ci sono anche i test sierologici, non quelli rapidi ma con prelievo venoso: “Un test validato dalla Regione che mostra la presenza di anticorpi e quindi la positività, cosa che poi comporta la necessità del tampone”.

I test sierologici oggi sono fatti sul personale sanitario, sul personale sanitario del privato convenzionato, su medici e pediatri, sugli specialisti del territorio. “Non abbiamo molte richieste in particolare da imprese, pronte a pagare il servizio. Speriamo di avere una risposta dalla Regione entro domani sui modi e i luoghi”.

Il test rapido invece non è stato ancora riconosciuto: “Dobbiamo velocizzarci, sarebbe di grande aiuto per inquadrare diverse situazioni”. E per migliorare ancora di più il quadro territoriale ed evitare che al Murri poi arrivino solo i pazienti più gravi: “Cosa accaduta all’inizio, per via del percorso rigido e selettivo.  Oggi duecento tamponi al giorno, più o meno significa in un mese fare tamponi praticamente a tutti”.

Livini ci crede nei test sierologici: “Potrebbe diventare l’esame di massa. Il tampone è un passo successivo. Lavorerei sulla sierologia, sarei favorevole a quello rapido, anche se a oggi ci viene detto che non è raccomandabile. Ma io partirei, le certezze arriveranno, questo permetterebbe un lavoro sul territorio più dettagliato. Anche sapendo che non ci sono punti fermi, nei libri di medicina si parla degli anticorpi come specchio della malattia. Per cui mi sforzo di crederci, lo ritengo il più importante degli esami”.

Anche perché le imprese e i Comuni spingono, li vogliono: “Montegranaro, ad esempio, è pronta a fare test sui lavoratori per garantire le aziende usando i laboratori privati. Ma la Regione oggi ci comunica che quelli accreditati per esaminare i test molecolari sono quattro e nessuno in questa provincia, il più vicino è Bios di Cupra Marittima. Pr quanto riguarda i sierologici noi li vorremmo come loro e spero che a breve ci siano sempre più laboratori. Questo permetterebbe di fare esami con metodiche e serietà. Credo che ai nostri manchi solo qualche dettaglio per entrare nel team regionale” conclude il direttore dell’Area Vasta a cui resta un obiettivo: “Vorrei fare test a tutti, potrei così essere nelle condizioni id far ripartire anche le attività territoriali e poter dare risposte a chi ha disabili in casa, a chi gestisce persone autistiche, alle attività consultoria li necessarie”.

Raffaele Vitali

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