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La moda è in difficoltà, ma si divide. "La politica si vede solo alle sfilate". Capasa: energia e filiera sono le priorità

8 Maggio 2025

di Raffaele Vitali

Non sembra una strategia, ma durante il Luxury Summit del Sole 24 Ore il mondo della moda si è mosso tra il poliziotto buono e quello cattivo, mettendo in mostra l'enensima divisioen interna.

Il ruolo del duro non poteva che andare a Sergio Tamborini. L’ex numero uno dello Smi, oggi alla guida di Confindustria Tessile e Moda, è stato molto chiaro: “La filiera della moda italiana rischia il blackout come in Spagna. Stiamo rischiando una condizione del genere perché se perdiamo pezzi di filiera poi rischiamo di perdere tutta la filiera”.

I numeri sono chiari: “Siamo nel quarto semestre negativo - ha ribadito Tamborini - del sistema manifatturiero del tessile abbigliamento ma in generale della moda, inclusa l'area della pelletteria che è pesantemente sotto pressione”.

Nonostante ciò, le aziende hanno rinnovato il contratto mettendo sul tavolo un miliardo “ed è un grande sacrificio. Lo abbiamo fatto insieme coni sindacati, ma senza la politica”. È stata quindi raggiunta l’intesa per il periodo 2024-2027. “Manca una politica industriale per questo settore, ma anche per aiutare di fronte al caro energia. La politica non ha capito questo settore, forse perché ha parlato troppo a bassa voce per troppo tempo, per una sua debolezza dimensionale, visto che non aveva delle aziende leader che parlavano per il settore intero come la Fiat per l'automotive”.

Tamborini ricorda quello che dalle Marche hanno fatto spesso i vertici dei calzaturieri: “Bisogna rendersi conto che ci sono 600mila persone impiegate in un settore che è la seconda struttura manifatturiera del paese e fa il 60% di esportazioni e 30 miliardi di bilancia commerciale”.

Non basta quindi andare alle sfilate per dire che si segue il mondo della moda. “Se dobbiamo affrontare un tema di politica industriale probabilmente oggi gli unici con cui ci si può relazionare sono i sindacati” ribadisce.

Carlo Capasa, Camera della Moda

Parole dure da cui prende in parte le distanze Carlo Capasa, presidente Camera Nazionale della Moda Italiana, intervenuto a sua volta durante il Luxury Summit del Sole 24 ore.

“Politica industriale? Stiamo lavorando alacremente con il Mimit all'interno del Tavolo della Moda di cui fanno parte tutte le associazioni. Lo stiamo facendo per trovare soluzioni ai problemi contingenti ed in questo senso abbiamo accolto con molta soddisfazione le manovre per le misure anticrisi e per la CIG sotto i 15 addetti approvata ieri dalla Camera e le discussioni sui dazi”.

Insomma, per Capasa la politica c’è. “Nel tavolo della moda stiamo anche lavorando ad un piano di più lungo respiro, per restituire al settore stabilità economica e competitività. I temi importanti, dall'energia alla struttura della filiera, dalla formazione alla ricerca e sviluppo alle regole sulla legalità della filiera e sul fine vita dei prodotti, sono alcuni dei temi - prosegue - su cui Governo e associazioni sono fortemente impegnati”.

Per Capasa è necessario un piano che vada oltre l’Italia, serve l’Europa: “In Europa la moda è definita da 12 categorie, mentre ne servirebbero almeno 60 per definire quanto inquinano nei dettami europei. La nostra filiera - ha concluso - sta facendo sforzi enormi per essere sostenibile: chiediamo una semplificazione, sennò si rischia il 5.0 che non usa nessuno nella moda. Servono regole che consentano alle piccole aziende di operare senza quel carico di regole che le appesantiscono notevolmente”. 

Raffaele Vitali - via Leopardi 10 - 61121 Pesaro (PU) - Cod.Fisc VTLRFL77B02L500Y - Testata giornalistica, aut. Trib.Fermo n.04/2010 del 05/08/2010
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