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Intervista. Pizi, il coach che cresce giovani cestisti. "Lo sport non è solo corsa: è testa, coordinazione, socialità. Ma ora siamo fermi"

6 Novembre 2020

di Raffaele Vitali

PORTO SANT’ELPIDIO – Vuoto il palazzetto di Porto Sant’Elpidio. fa strano il silenzio in una delle strutture. Ma è così e lo sarà a lungo, almeno un mese. Ma per un campionato regionale o giovanile se ne riparla nel 2021, come annunciato dal presidente della Federazione Italiana Pallacanestro Marche, Davide Paolini. E dire che è sempre più bello il palas, grazie al gestore Maurizio Marini, insieme con Stefano Gattafoni, che ha cambiato tutte le luci, rendendolo più luminoso e efficiente.

Gianluca Pizi, responsabile tecnico del settore giovanile dello Sporting Basket Pse, che succede al basket?

“Sono stati giorni complicati. In cui tutti smentivano tutti. Ma ora sappiamo che siamo fermi”.

Cosa ne pensa?

“Siamo il paese del ‘fatta la regola, trovata l’inganno’. Lo sport come primo valore ha il rispetto delle regole, come seconda l’impegno”.

Cosa intende?

“Cosa è ‘interesse nazionale’. L’Under 15 Eccellenza riguarda l’Italia, ma poi in realtà è di competenza regionale. Insomma, inutile cercare scappatoie giusto fermarsi”.

Questione allenamenti all’aperto, ha senso o è un’altra scorciatoia?
“Tutti sanno che se una squadra va in piattaforma, con quattro giocatori per canestro, possiamo far allenare 16 ragazzi. Il che significa altrettanti genitori e poi ci saranno i gruppi che si intrecciano, impensabile che non si vedano. E quindi, si crea un movimento di persone. Dobbiamo dare un esempio, fermare tutto”.

Lei si occupa di settore giovanile, quanto pesa sui ragazzi il fermarsi?

“Inutile nascondersi. Il primo lockdown è stato così pesante che le nostre squadre ci hanno messo 50 giorni di allenamenti, tutto settembre, abbiamo riaperto il primo fino a metà ottobre, per ritrovare il ritmo. Penso alle due ore tipiche dei settori giovanili che hanno un forte impatto cognitivo. I ragazzini erano disabituati al movimento e all’attenzione cognitiva. E più erano piccoli e più è stato difficile. Abbiamo faticato tantissimo, parlo come Sporting ma vale per tutto il minibasket, a farli riprendere divertendosi”.

Teme di tornare indietro?

“Se parlo di capacità coordinative, penso alla oculo-manuale, sono preoccupato. Se uno non le allena, la perde non solo per il basket. Lo sport non è solo capacità condizionali, corro, salto, forza e rapidità, c’è tutto l’ambito cognitivo che è fondamentale per la crescita dei bambini. Senza poi toccare il discorso socio relazionale. I bambini fanno fatica a comunicare”.

Ha notato durante la ripresa anche un distaccamento tra i ragazzi?

“In realtà la voglia di ricominciare era tantissima, il desiderio di stare con un amico. In ogni allenamento i ragazzi mi hanno chiesto ‘quando comincia il campionato, quando giochiamo contro gli altri. In questo periodo, da responsabile tecnico, ho scelto di non farne di amichevoli né tra gruppi né con altre società per evitare contatti eccessivi. Ma la voglia di partita era tanta. Capite, per mesi ci siamo allenati con il protocollo individuale, ognuno con una palla, senza contatti. Ma lo sport è gioco”.

Il basket italiano da tempo stava perdendo la sua capacità tecnica, il lockdown potrebbe servire almeno ad allenare i fondamentali?

“In una diretta, Lucio Zanca (ex dg Sutor e coach Scavolini, oggi formatore, ndr) ha parlato delle competenze che devono tornare al centro dell’attenzione. E per il basket sono i fondamentali. Per cui sì, il lavoro singolo è una opportunità, ma poi bisogna cambiare il modo di ragionare. Non possiamo pensare di mangiare tutti nelal stessa torta, dobbiamo crearne di nuove, stare al passo con i tempi”.

Le competenze ci sono nel mondo degli allenatori?

“Conoscono moltissimi allenatori con una grande base di promozione. Per noi il lockdown è stato un momento di confronto e formazione. Ovvio che le competenze devono tornare al centro. Come responsabile tecnico ci punto. I nostri istruttori sono in costante formazione”.

Lato economico, quale è l’impatto per una società che vive di settore giovanile?

“Molto alto (sospira, ndr). L’aspetto delle quote versate è importante. Come società abbiamo avuto un calo enorme. La prima rata di solito viene pagata entro il 31 ottobre, fermando tutto, le società non hanno incassato neppure quella. Conti che si appesantiscono per la società e poi per istruttori, preparatori atletici e allenatori”.

Voi usufruite di cassa integrazione?

“Siamo nelle mani del ministro Spadafora. Siamo collaboratori sportivi, nel Dpcm hanno inserito risorse”.

Come vede il futuro?
“Il tempo sarà decisivo. Il primo lockdown è arrivato dopo una situazione di normalità. Ora eravamo appena ripartiti, l’impatto è più pesante. Se restiamo davvero fermi fino a inizio dicembre, ce la possiamo fare. Altrimenti entrano in gioco troppe variabili”.

Quanti siete?

“200 iscritti tra minibasket e settore giovanile. Nel minibasket abbiamo dovuto sdoppiare i numeri per la crescita di iscritti avendo l’obbligo di 16 bambini per campo. Avevamo fatto un lavoro logistico, su tre palestre. Eravamo ripartiti alla grande con tanto impegno e disponibilità della società guidata da Enzo Catini. Che sta garantendo anche gli stipendi di una dozzina di allenatori. Di cui tre a tempo pieno, frutto di una precisa scelta: puntare su giovanile e minibasket, settore in cui se sei bravo non ti fermi mai. Noi abbiamo creduto cinque anni fa nei progetti scuola, investendo non solo in città, ma anche nella zona di Sant’Elpidio. Manifestazioni e incontri con i bambini hanno pagato: la più grande pubblicità è il proprio modo di lavorare”.

Allenamenti web, ci crede?

“Se sei fermo, bisogna vederci una opportunità. È un modo per una società per tenere il rapporto con il ragazzo. È una possibilità, non va tralasciata. Ora siamo in una fase di comprensione, perché non ci sono certezze temporali. Con lo staff facciamo le riunioni su zoom per preparare il lavoro ai ragazzi, a livello atletico e tecnico, da fare in maniera individuale. Purtroppo abbiamo ragazzini con sempre meno possibilità di movimento. Ho spinto per introdurre la preparazione atletica dall’ultimo anno delle elementari e avevamo in programma anche l’inserimento del dietologo. Tutto rinviato, spero per poco”.

Pizi, cosa pensa del basket senza pubblico?

“Cerco la risposta diplomatica. Il basket già ha un problema economico. Il botteghino per alcune società è vitale. Quindi il peso sulle casse è incredibile. E poi, per quanto riguarda tecnici e giocatori, è uno spettacolo che perde di emozione e fascino, coinvolgimento emotivo. Stare nel nostro palazzetto pieno è una cosa, entrare senza non è sport”.

@raffaelevitali

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