FERMO – Un lavoro stressante, pagato meno di quanto dovrebbe: è quello dell’infermiere. “A un anno dall'assunzione, sei infermieri su dieci chiedono di cambiare unità operativa per andare a stare meglio, di questi il 30% conta di abbandonare nei mesi successivi. La professione ha bisogno di radicali cambiamenti” sottolinea Giuseppino Conti, presidente dell'Ordine professioni infermieristiche (Opi) di Ancona.
Un convegno all’interno del consiglio regionale, voluto dal presidente Latini, ha permesso di fare il punto ‘sugli eroi’ tropo spesso dimenticati. “Il tema della professione infermieristica va affrontato radicalmente non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. C'è un problema di dotazioni organiche, di dequalificazione e burnout, ciò genera disaffezione alla professione”.
È un dato che gli infermieri italiani sono tra i meno pagati a livello europeo nonostante le elevate competenze. Bisogna cambiare marcia, considerando anche che l'Italia è il secondo Paese più longevo al mondo dopo il Giappone e questo lascia pensare che nei prossimi decenni ci sarà più bisogno di assistenza a persone che non possono essere gestite in ambito ospedaliero. Questione su cui si sofferma Aldo Savi, sottosegretario alla presidenza della regione Marche: “Nel 2050 il 34,9% degli italiani sarà over 65, l'invecchiamento della popolazione è un tema su cui dobbiamo confrontarci”. Bisogna quindi cambiare.
“C'è bisogno di assistenza sul territorio e domiciliare. Per fare questo necessitiamo di professionisti specializzati, come gli infermieri di famiglia e di comunità. Leggiamo di una carenza di medici di medicina generale soprattutto nelle zone più disagiate e montane, i dati però ci dicono che nelle Marche oggi i medici di medicina generale attivi sono 846 per una popolazione superiore ai 18 anni di poco superiore a 1 milione e 200 unità. Il 32% sono medici non massimalisti. Ma – riprende il presidente Opi - se mancano medici, ci sentiamo di dire che andrebbero attivati gli infermieri di famiglia e comunità, con elevate competenze nel campo delle cure primarie capace di gestire il paziente a domicilio”.
Conti tocca anche il tema delle aggressioni agli infermieri: “Dobbiamo imparare a individuare tempestivamente le azioni di aggressività e a gestirle grazie alla formazione. I posti di polizia sono importanti sì ma secondo noi non sono la soluzione”.
La certezza, ribadita anche dal presindete Latini, è che serve una risposta di prossimità. “Il concetto di sanità con un ospedale al centro è ormai fallito, ora devono essere centrali il territorio e il proprio domicilio. In questa visione il ruolo dell'infermiere di famiglia è fondamentale” conclude Salvi.