SANT'ELPIDIO A MARE - Due opifici cinesi nelle Marche in cui vengono prodotte le tomaie e un laboratorio che fornisce i grembiuli da lavoro (in Lombardia) sono alla base dell’accusa di aver agevolato uno ‘sfruttamento lavorativo’ che la procura di Milano, tramite il pm Paolo Storari, ha avanzato verso Tod’s Spa.
I dipendenti di due opifici, che sono subfornitori di Tod’s, sarebbero stati pagati meno di 5 euro l’ora. Il 19 novembre è fissata l’udienza in Corte di Cassazione in cui si deciderà se il caso è di competenza dei giudici lombardi o di quelli marchigiani dove la Tod’s ha sede.
In merito a quanto viene sollevato dalla procura milanese, l’azienda di Della Valle chiarisce: "Ribadiamo di rispettare tutta la normativa vigente, ivi compresa quella che regola il mondo del lavoro, e che i propri ispettori eseguono controlli costanti nei confronti dei laboratori che utilizziamo".
Aggiunge poi la società: "Tali laboratori, che sono visitati regolarmente dai nostri responsabili, sottoscrivono, prima di cominciare a operare con il Gruppo, accordi che tutelano la qualità dell'ambiente di lavoro e le condizioni dei dipendenti che vi operano, nonché, ovviamente, il rispetto dei contratti nazionali di lavoro. I nsotri stabilimenti sono considerati un'eccellenza mondiale in fatto di tutela ambientale e servizi sociali atti a migliorare la vita quotidiana di chi ci lavora. Per noi, la qualità dei prodotti e la qualità della vita lavorativa dei nostri dipendenti sono elementi imprescindibili".
Per l’azienda della famiglia Della Valle, come ha anticipato l’agenzia di stampa Reuters, è stata chiesta la misura di prevenzione dell'amministrazione giudiziaria. Sotto accusa il mancato controllo della filiera produttiva, così come avvenuto in passato per altri brand della moda da Alviero Martini a Dior, da Valentino e Loro Piana fino ad Armani Operations.
Sarà la Corte Cassazione, dunque, nell’udienza del 19 novembre a definire la competenza territoriale dell’indagine: se della Procura di Milano, che oggi procede, o della Procura di Ancona, essendo il quartier generale della Tod’s nelle Marche a Sant’Elpidio a Mare.
"Nei prossimi giorni prenderemo visione delle carte dei procedimenti in essere e forniremo tempestivamente tutti i necessari chiarimenti atti a dimostrare la nostra totale estraneità. C’è molta amarezza nel pensare che, se fossimo stati interpellati al momento opportuno - quindi molti mesi fa -, avremmo potuto dare tutti i chiarimenti del caso e avremmo potuto spiegare con chiarezza la nostra organizzazione produttiva, che è sempre stata disciplinata rispettando regole e leggi" ribadisce Tod's.
Il pm milanese ha presentato ricorso in Cassazione specificando che “il commissariamento è necessario dopo gli accertamenti che fotografano un fenomeno dove due mondi, solo apparentemente distanti, quello del lusso da una parte e quello di laboratori cinesi dall'altra, entrano in connessione per un unico obiettivo: abbattimento dei costi e massimizzazione dei profitti attraverso elusione di norme penali giuslavoristiche”.
Il fine del commissariamento per la Procura è quello di “affiancare il management per rimuovere quelle situazioni tossiche di sfruttamento del lavoro nelle catene di produzione”. Nei casi precedenti sono durati meno di un anno, dopo che le società si sono rimesse in regola controllando la filiera.
Come negli altri procedimenti mossi verso grandi case della moda, la società Tod's non è indagata, ma sono indagati per caporalato i titolari degli opifici che avrebbero sfruttato i lavoratori. I casi che hanno portato l’attenzione della magistratura sulla Tod’s sono differenti: il primo è relativo alla “produzione delle divise per i commessi dei negozi del brand”.
Il secondo riguarderebbe “casi di agevolazione colposa” che potrebbero giustificare l'applicazione della misura richiesta dal pm in relazione ai fatti riscontrati presso un opificio cinese di Monte San Giusto e uno di Torre San Patrizio, rispettivamente fornitore e subfornitore di Tod’s di tomaie.
Due casi differenti, come spiegano i Pm, visto che in uno “si parla di prodotti destinati alla vendita (scarpe, dove Tod's dovrebbe effettuare un penetrante controllo) e prodotti ad uso interno (divise, dove Tod's non dovrebbe controllare nulla)”.
Il ministro Adolfo Urso, in merito alla vicenda Tod’s che segue quella di altri brand, torna sul cambio di normative in atto: “Abbiamo già presentato un'ipotesi normativa che, noi ci auguriamo, dovrà essere approvata nel più breve tempo possibile in Parlamento, che prevede che ogni brand, come quelli che sono stati colpiti da queste azioni giudiziarie, possano certificare in via preventiva da un'autorità terza la piena sostenibilità delle imprese, della loro filiera produttiva, sia sul piano ambientale sia sul piano lavorativo, cioè la piena sostenibilità della filiera per quanto riguarda la legalità”.
L’obiettivo è quello di tutelare il made in Italy: “Ci auguriamo il Parlamento approvi prima possibile, sarà possibile mettere in sicurezza la filiera produttiva italiana della moda e dell'abbigliamento, che è un orgoglio del Made in Italy e salvaguardarne la reputazione del mondo. Riteniamo che il Made in Italy sia, e ci confortano i dati dei consumi mondiali, il marchio di eccellenza e di legalità, il bello, buono e ben fatto oggi deve essere anche sempre più sostenibile sul piano ambientale, sul piano sociale, quindi sul piano della legalità. Con questa norma noi metteremo in sicurezza i brand della moda italiana, i brand internazionali che producono nel nostro Paese, le nostre piccole e mini imprese, le imprese artigianali”.
r.vit.