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In attesa del vaccino, Fermo punta sugli anticorpi del plasma. "Test sierologici fast? Solo se con il tampone"

18 Maggio 2020

di Raffaele Vitali

La patologia da Covid 19 non ha a tutt’ora terapie riconosciute come efficaci. “In ogni malattia infettiva, quello che conta per la sopravvivenza è lo sviluppo di anticorpi” spiega Giorgio Amadio, primario di Malattie infettive.

“Gli anticorpi o si sviluppano da soli, ad esempio sugli asintomatici, o li induciamo artificialmente con il vaccino, o, e lo si fa dal 1800, inoculiamo anticorpi già fatti, una immunità passiva. Non avendo terapie e vaccini o trattiamo con quello che abbiamo al momento o inseriamo anticorpi specifici da soggetti che hanno superato la malattia”.

Quello che è emerso studiando il Covid 19 è che la carica virale più forte è nella prima settimana di infezione, poi si sviluppano gli anticorpi che vengono prodotti dopo 10-14 giorni. “In questo lasso di tempo la malattia può fare quello che vuole. Un soggetto forte può superarla, per altri diventa fatale. Intervenendo in quella prima settimana, con gli anticorpi contenuti nel plasma possiamo avere benefici”. Da qui lo studio nazionale di cui fermo è diventata parte con Pesaro e Ancona.

“Siamo coinvolti nella sperimentazione con una punta di orgoglio” ribadisce Licio Livini, direttore Asur 4. “Siamo dentro lo Tsunami, come è chiamato questo percorso che usa la trasfusione del plasma da pazienti convalescenti su chi è colpito da polmonite a coronavirus. Lo studio farà capire se viene eliminato il virus, se riduce la mortalità e altri obiettivi secondari oltre a impedire la rianimazione”.

Con Amadio operano la primaria del Trasfusionale, Giuseppina Siracusa, e quello della Patologia clinica, ovvero il laboratorio analisi, Salvatore Licitra. “Da oggi partono le visite per valutare i requisiti, poi ci saranno i vari esami per dire ‘può o non può’ donare. Tutti i servizi trasfusionali fanno la prima selezione, poi si arriverà nei tre centri di reclutamento di Pesaro, Ancona e Fermo. Il prodotto sarà inattivato ai virus per garantire la massima sicurezza nel paziente, poi congelato e messo a disposizione del dottor Amadio o di altre sedi a necessità”.

Per ogni paziente servono 600ml di plasma, diviso in tre sub unità. “L’obiettivo è creare una banca per immuni, in modo di avere una risposta per l’eventuale ripresa dell’epidemia, sperando che non ritorni pandemia” sottolinea Siracusa.

L’iter si apre tra le mani del laboratorio analisi, come spiega Licitra “siamo noi che analizziamo e lavoriamo sui dosaggi. Sperando che ora tutto sia meno complicato, visto che abbiamo vissuto un periodo difficile. Voler fare i tamponi, ma non averli, avere i tamponi, ma avendo pochi reagenti. Eppure, ne abbiamo fatti 8mila in due mesi. Oggi siamo in grado di rispondere alle richieste senza problemi. E speriamo sia così anche per il plasma”.

Plasma che sarà la ricetta del futuro, in attesa del vaccino, mentre il presente si chiama test sierologico. Di che tipo? qui i primari non hanno dubbi: “Sul test fast sono perplesso. Sono fiorite una marea di ditte per questi test. Li abbiamo provati e fatto i confronti con tamponi e sierologia classica, non sempre corrispondono. È il ‘certe volte no’ che mi rende complesso il giudizio. E poi temo che venga fatto non da laboratoristi. Preferisco la sierologia classica, ma questo non esclude che in certe situazioni possano essere affidabili” spiega Licitra.

E aggiunge Amadio: “I test sierologici sono complementari al tampone. Se uno vuole sapere se un soggetto è infetto lo dice il tampone. Da qui a pensare che con le metodiche attuali posso dire ‘stai tranquillo l’hai avuto’ questo no, il tampone serve sempre. Anche se sono importanti per capire quante centinaia o milioni idi italiani l’hanno avuto, per capire la diffusione”.

Con numeri sempre più favorevoli, sono solo 11 i ricoverati al Murri, si può ragionare sulle azioni preventive e sulle terapie con più serenità: “Abbiamo al momento una ventina di persone, anche operatori dell’ospedale, già donatori che recupereremo per il plasma” riprende la Siracusa. Anche se al momento non ci sono pazienti che necessitano di questa cura nel Fermano, “ma proprio per questo creeremo una banca del plasma che potrà durare anche un anno”.

“Siamo in una fase di progressivo ottimismo, sostenuto dai numeri favorevoli che registriamo, una fase di calma apparente che ci permette di riflettere e cercare di imparare qualcosa dagli ultimi due mesi” conclude il direttore Licio Livini.

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