FERMO/MONTEGRANARO – “Quando mi hanno chiamato da L’Abbraccio e mi hanno spiegato quello di cui si occupano, non ho potuto che dire di sì. Non era in programma una nuova presentazione del libro, ma non ho esitato”. Il libro è “Cenere. Appunti da un lutto”, l’autore è Mario Natangelo, vignettista del Fatto Quotidiano che tra disegni e parole racconta, e rielabora, il dolore per la perdita della madre. Non è un libro che consola o dà risposte, ma che permette di sentirsi meno soli.
Appuntamento oggi alle 18 all’auditorium San Filippo di Fermo per non perdere il dialogo tra lo scrittore e la dottoressa Francesca Giorgi. Il tutto con l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini e supportare o all’associazione L’Abbraccio, che da anni si occupa con delicatezza e impegno di accompagnamento e cultura delle cure palliative. Con loro anche Barbara Esperide, psicologa che supporta il reparto di Oncologia del Murri.
“A volte la satira inciampa nella vita.E quando succede, le mani che prima disegnavano il mondo per farci ridere cominciano a disegnarlo per non perdersi” spiega Natangelo che torna nelle Marche dopo la prima volta ad Ascoli Piceno “nella splendida libreria Rinascita”.
Natangelo, come è nato l’abbinamento con L’Abbraccio?
“Mi ha convinto proprio questo incontro a riprendere la presentazione del libro, che avevo sospeso. Maria Vittoria mi ha raccontato l’associazione, sono colpito e sono curioso di andare e incontrare i volontari. Voglio vedere cosa riesco a prendere. A ogni incontro mi sono riportato a casa qualcosa”.
Raccontare il momento intimo e di dolore, quanto è complesso?
“Alla prima presentazione ero terrorizzato. Non sono uno da ‘pubblico’. Di mio sono introverso, lavoro sul foglio. Poi, dopo il primo incontro, era il 23 marzo del 2024 alla Feltrinelli di Roma, mi sono sbloccato. Con me c’era Pif. Sono arrivato un minuto prima dell’inizio, mi stavo auto sabotando. È stato un fenomeno lui a guidarmi, mi ha fatto capire in che modo potevo riuscire a parlare di qualcosa che mi sembrava impossibile”.
Risultato?
“Ho scoperto che la condivisione è talmente bella e potente che ti guarisce, ti fa ridere. Noi ridiamo a questi incontri, anche se parliamo di qualcosa di drammatico. C’è sempre il momento in cui mi commuovo, è molto difficile. Mi terrorizzava, poi è diventato qualcosa di cui avevo bisogno. È un libro terapia, fa volare il tempo. Anche se faticoso, mi ha permesso di portare a casa una quantità di energie positive incredibili”.
Come è stato il passaggio dal segno alla parola orale?
“Mi hanno chiesto anche di fare dei reading, di andare oltre le pagine. Ci sto riflettendo. Di certo ho scoperto delle note in più del mio libro durante le presentazioni. Oggi ho un set di battute che so che se la dico le persone ridono. Quindi è diventato davvero uno spettacolo teatrale”.
L‘abbraccio punta sulla risata, sugli animali, sulla relazione. Un vero incontro il vostro?
“Dico di no a tanti, ma Maria Vittoria (una delle consigliere, ndr) mi ha colpito perché mi ha avvicinato a qualcosa che è legato al mio vissuto. Gli ultimi giorni di mamma abbiamo avuto a che fare con il dolore, le cure palliative, le scelte difficili”.
Natangelo, parlando del suo lavoro. Chi è il fumettista e come vive?
“Io mi ci sono trovato. Studiavo Lege mi sono lanciato con il Fatto Quotidiano e ho disegnato le prime vignette. Però è un mestiere impossibile e faticoso. Un libro a fumetti è qualcosa di difficile, il mercato non lo accetta, anche se di un grande editore. Entri in meccanismi fallimentari dell’editoria, ma anche del giornalismo”.
E quindi?
“C’è la community, le persone che ti seguono online e sono disposte a sostenersi contro gli ostacoli, che si chiamano anche censura. Ho una nicchia che ho costruito negli anni e che mi ritrovo nel lavoro di ogni giorno. Il lavoro del fumettista oggi è una chimera, non dipende più dal merito, ma da logiche che ancora non comprendo e sto indagando”.
Raffaele Vitali